Mattinale

Il ‘caso Cospito’ strumentalizzato dal binomio ‘Stato parallelo-mafia’ che teme Fratelli d’Italia a Palazzo Chigi/ MATTINALE 927

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  • Mettere sullo stesso piano gli anarchici che fanno gli anarchici e i mafiosi che fanno i mafiosi prevedendo la stessa misura punitiva è stato un errore che sta dando la stura all’attuale strumentalizzazione
  • La mafia era già presente e attiva nel 1838. L’equivoco dell’Unità d’Italia nel Sud, la guerra alla mafia del Prefetto Mori
  • Con molta probabilità, lo ‘Stato parallelo’ con Fratelli d’Italia a Palazzo Chigi avverte la presenza di un ‘nemico antico’, una sorta di fiato sul collo e vorrebbe ‘allentare’ la presa, magari eliminando 41 bis e ergastolo ostativo

Mettere sullo stesso piano gli anarchici che fanno gli anarchici e i mafiosi che fanno i mafiosi prevedendo la stessa misura punitiva è stato un errore che sta dando la stura all’attuale strumentalizzazione

Nutriamo da sempre grande simpatia per gli anarchici. Michail Aleksandrovič Bakunin, Francesco Saverio Merlino, Errico Malatesta, Paolo Schicchi e il primo Andrea Costa sono personaggi che hanno fatto la storia della libertà di pensiero e di vita. Detto questo, nella vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito ci sono alcune cose che non ci convincono. Per carità: giustissimo che Cospito e, in generale, gli anarchici siano contro il 41 bis o carcere duro e contro l’ergastolo ostativo. Ci mancherebbe! Ma un conto è il carcere duro per colpire gli anarchici – che è un’assurdità! – altra e ben diversa cosa è il carcere duro per i reati di mafia. Mettere sullo stesso piano gli anarchici che fanno gli anarchici e i mafiosi che fanno i mafiosi prevedendo la stessa misura punitiva è stato un errore. Sia chiaro: il 41 bis e il carcere ostativo sono cose terribili ma le stragi compiute dallo ‘Stato italiano parallelo’ insieme con la mafia non sono meno terribili. Anche noi, a primo acchito, siamo fermamente contrari al 41 bis e all’ergastolo ostativo. Ma in Italia, per una serie di problemi storici di ordine economico e sociale, è come se lo Stato si fosse sdoppiato. Non è una storia recente, visto che si va avanti così da oltre due secoli. Comincia tutto nei primi dell’800 del secolo passato, quando gli inglesi – interessati a controllare alcune produzioni del Sud Italia e, segnatamente della Sicilia on le miniere di zolfo – creano delle società criminali paramasosniche per minare il cuore del Regno delle Due Sicilie. Cos’è avvenuto lo ha illustrato molto bene Federico Dezzani: “Mafia camorra e ‘ndrangheta società paramassoniche inoculate dagli inglesi per minare il Regno delle due Sicilie e poi l’Italia“. Il Meridione d’Italia è stato ‘infettato’ dagli inglesi per meri interessi economici.

 

La mafia era già presente e attiva nel 1838. L’equivoco dell’Unità d’Italia nel Sud, la guerra alla mafia del Prefetto Mori

Nel 1838 il procuratore del Regno presso il Tribunale di Trapani, Pietro Calà Ulloa, denunciava la presenza di un’organizzazione che si sostituiva allo Stato. Il Regno borbonico ha provato a combattere questa forma di delinquenza organizzata: ci ha provato in Sicilia, in Calabria e in Campania. Ma non è riuscito mai a venirne a capo, perché questi criminali godevano dell’appoggio – economico e non solo economico – degli inglesi. Infatti, gli stessi inglesi e alcuni banchieri europei, nel 1860, hanno utilizzato la criminalità organizzata del Sud Italia per consentire a Garibaldi di sbarcare in Sicilia e risalire fino in Campania. Garibaldi, durante l’impresa dei mille, non ha vinto alcuna battaglia, perché gli inglesi e i banchieri hanno sistematicamente corrotto gli alti ufficiali del Regno delle Due Sicilie. Gli inglesi perseguivano un obiettivo che hanno raggiunto: eliminare un concorrente – il Regno delle Due Sicilie – che avrebbe tolto loro una parte del grande affare dei commerci in vista dell’apertura del Canale di Suez che allora era in fase di programmazione e che sarebbe stato inaugurato nel 1869. Questi sono fatti storici che studiosi come Carlo Alianello, Nicola Zitara, Giuseppe Scianò fino a Pino Aprile – per citarne solo alcuni- hanno raccontato con dovizia di dati, di testimonianze e di documenti. Negarli, ancora oggi, fa solo sorridere. E’ importante ricordare che con l’Unità d’Italia la criminalità organizzata meridionale – mafia siciliana in testa – che con i Regno delle Due Sicilie era stata fuori dallo Stato entra nei gangli dello Stato italiano. Cosa, questa, descritta da Giuseppe Rizzotto e dallo scrittore Leonardo Sciascia. E da allora che in Italia ci sono due Stati, il primo è lo Stato ufficiale che si richiama alla Costituzione, il secondo è uno ‘Stato parallelo-criminale’. Il regime fascista ha provato a debellare le criminalità organizzate nel Sud. Mussolini, se avesse potuto farlo, avrebbe fatto costruire dieci ponti sullo Stretto di Messina, perché pensava che l’insularità geografica conferiva ai siciliani un’insularità d’animo che li allontanava dall’Italia. Mussolini detestava i mafiosi e li ha combattuti fin dove ha potuto. Ha inviato in Sicilia il Prefetto Cesare Mori – conosciuto come il Prefetto di ferro – che ha arrestato centinaia di mafiosi, costringendo altri mafiosi alla fuga presso le Americhe. Ma si è dovuto fermare quando ha constatato che la cosiddetta borghesia mafiosa si era incuneata anche ai vertici del regime fascista siciliano. Anche Mussolini, alla fine, si scontrò con lo ‘Stato parallelo’ e si è dovuto fermare suo malgrado.

 

Con molta probabilità, lo ‘Stato parallelo’ con Fratelli d’Italia a Palazzo Chigi avverte la presenza di un ‘nemico antico’, una sorta di fiato sul collo e vorrebbe ‘allentare’ la presa, magari eliminando 41 bis e ergastolo ostativo

Il vero patatrac lo hanno combinato gli americani nel 1943, che si sono serviti della mafia siciliana per lo sbarco in Sicilia. La particolare ‘missione’ è stata affidata a Luchy Luciano, un noto boss mafioso siciliano di Lercara Friddi che era stato costretto ad emigrare negli Stati Uniti dove era stato arrestato e condannato. Luciano venne liberato dal Governo americano e mandato in Sicilia per organizzare lo sbarco e la stessa amministrazione dell’Isola in accordo con gli statunitensi. I primi Sindaci nominati dagli americani dopo lo sbarco in Sicilia erano mafiosi. Gli interpreti che consentivano ai vertici militari americani di dialogare con la popolazione siciliana erano mafiosi. Tra questi c’era anche un giovanissimo Vito Ciancimino. Anche questi sono fatti storici provati. Negarli non serve. Gli americani, con l’armistizio di Cassibile – che in realtà fu una resa senza condizioni dell’Italia – hanno preso il controllo effettivo dell’Italia e, in particolare, della Sicilia. Gladio, organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind, in Sicilia aveva rapporti con la mafia siciliana. Tanti fatti di sangue avvenuti in Sicilia – ma anche nel resto d’Italia – vanno inquadrati sotto questo segno. Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, con l’avvento dei Corleonesi al vertice della mafia siciliana, lo scenario si complica e lo ‘Stato parallelo’ interviene più volte con delitti e stragi. Con la fine della Prima Repubblica lo ‘Stato parallelo’ è costretto a trovare altri interlocutori politici. Non vogliamo entrare nelle polemiche sui rapporti tra mafia e Forza Italia, soprattutto dopo la condanna dell’ex senatore azzurro Antonio D’Alì Staiti. I rapporti con la politica ci sono. Ma non ci sono rapporti – se non magari a titolo personale – tra lo ‘Stato parallelo’ e Fratelli d’Italia. E’ un fatto di ‘genetica politica’. Noi critichiamo spesso il Governo di Giorgia Meloni. Ma sarebbe intellettualmente disonesto non riconoscere che negli anni della Prima Repubblica l’unico partito politico ‘sparato’ contro i mafiosi era il Movimento Sociale Italiano. Chi ha letto gli atti delle prime Commissioni Antimafia e conosce il ruolo svolto dal parlamentare nazionale missino Giuseppe Niccolai sa di cosa stiamo parlando. Con molta probabilità, lo ‘Stato parallelo’ con Fratelli d’Italia a Palazzo Chigi avverte la presenza di un ‘nemico’ antico, una sorta di fiato sul collo e vorrebbe ‘allentare’ la presa, magari eliminando 41 bis e ergastolo ostativo. Perché gli anarchici – che a nostro avviso sono persone per bene, anche se certe forme di protesta non le condividiamo – si siano andati a ‘infilare’ in questa storia, con il rischio di farsi strumentalizzare, non l’abbiamo capito. Farebbero meglio a tirarsi fuori da questa vicenda, anche perché cominciano a venire fuori certe commistioni assai improprie – anche parlamentari – con il binomio politica-criminalità organizzata tutt’altro che raccomandabili.

Foto tratta da perUnaltracittà        

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