Mattinale

Mafia massoneria e uomini dello Stato attorno alla figura di Matteo Messina Denaro proprio come ai tempi di Salvatore Giuliano/ MATTINALE 922

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  • Tre articoli da leggere
  • Il testimone che ha parlato con il vice presidente della Commissione Antimafia siciliana, Ismaele La Vardera
  • Matteo Messina Denaro massone
  • Castelvetrano ovvero le tante logge massoniche 
  • I parallellismi

Tre articoli da leggere

In queste ore vanno tre articoli che meritano di essere letti, perché ci portano a riflettere non soltanto sul ruolo della mafia ma anche sul ruolo dello Stato. Il primo articolo è una notizia che viene riportata da tanti giornali. Noi abbiamo scelto l’articolo pubblicato dal quotidiano on line La Sicilia, perché ci sembra il più completo. Racconta della presenza del boss Matteo Messina Denaro in una villa del Palermitano alla presenza di personaggi noti, tra i quali anche uomini dello Stato a un noto esponente politico. La seconda notizia la leggiamo su Blog Sicilia, nel quale si racconta che Matteo Messina Denaro è un massone. Il terzo articolo lo troviamo su giornale on line su Castelvetrano news dal titolo che dice tutto: “Castelvetrano capitale della massoneria. Ecco tutti i nomi degli iscritti e gli intrecci”. Sono tre articoli che meritano di essere letti per provare a capire non soltanto gli intrecci tra mafia, massoneria, politica e uomini dello Stato ma anche per riflettere sul potere in Italia in tutte le sue sfaccettature.

 

Il testimone che ha parlato con il vice presidente della Commissione Antimafia siciliana, Ismaele La Vardera

Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro stanno cominciando a venire fuori personaggi che dicono di avere incontrato qua e là il boss ma non immaginavano che si trattasse di lui. Solo oggi, dopo il suo arresto, dicono di essersi intrattenuti con lui, precisando che quando avrebbero parlato con il capo mafia si presentava con un altro nome. Uno di questi testimoni ha parlato con Ismaele La Vardera, siciliano, ex Iena, oggi parlamentare regionale nel movimento di Cateno De Luca e vice presidente della Commissione Antimafia del Parlamento siciliano. La Vardera è stato intervistato dai suoi ex colleghi de Le Iene e la sua intervista andrà in onda stasera in prima serata su Italia 1. Siamo, come si può notare, alla spettacolarizzazione della lotta alla mafia. Se è una strategia che servirà agli inquirenti che cercare di fare luce su uno dei protagonisti della mafia degli ultimi trent’anni, che ben venga. La Vardera riferisce all’inviato Filippo Roma ciò che il testimone gli ha raccontato. Non è una mossa sbagliata, quella del vice presidente dell’Antimafia regionale: in questi casi è meglio non tenersi per sé ciò che si è appreso. Regola che vale in generale ma che vale ancora di più in Italia dove il confine tra Stato e anti-Stato, dall’impresa dei Mille ad oggi, non è mai stato chiaro. Non citiamo a caso l’impresa dei Mille, perché la sensazione, soprattutto in Sicilia, di avere a che fare con personaggi sfuggenti, strani e inquietanti è rimasta tale e quale dal 1860 ad oggi. Nel 1860, a Salemi – che alcuni hanno definito la prima capitale d’Italia ma che, in realtà, è stata, a tutti gli effetti, la prima capitale della mafia – gli uomini vicini a Garibaldi si chiedevano chi fossero certi personaggi che, a cavallo e armati, accompagnavano i baroni siciliani che avevano abbracciato la causa garibaldina. Cento anni dopo e magari fino ai nostri giorni ci sono state persone che si sono chieste chi fossero certi personaggi ossequiati e distinti incontrati nelle cliniche private, negli studi di grandi avvocati o, come pare sia avvenuto con Matteo Messina Denaro, durante le feste. La storia si ripete con piccole variazioni. Ecco un passaggio dell’articolo de La Sicilia molto indicativo: “Ma che vuol dire che ha visto uomini che rappresenterebbero la legge insieme al boss Messina Denaro?”, domanda Filippo Roma a La Vardera. “Questa persona  – risponde La Vardera – mi riferisce che ha partecipato più volte a delle feste private; quindi, non si poteva entrare facilmente. Il dove non posso dirtelo perché, inevitabilmente può fare risalire a questa persona. L’obiettivo – chiarisce il vicepresidente dell’Antimafia – è restituire ai magistrati tutto quello che so, senza filtri e a voi, semplicemente, frammenti di racconto, per il semplice fatto che questa storia più persone la sappiamo meglio è, a tutela di tutti” (qui trovate per esteso l’articolo de La Sicilia). Non possiamo non segnalare il titolo dell’articolo de La Sicilia molto efficace che dà subito la notizia e la misura di quello che poi il lettore verificherà leggendo: “Matteo Messina Denaro, a “Le Iene” uno dei testimoni: «Ero ai festini con il padrino. E c’erano anche forze dell’ordine».

 

Matteo Messina Denaro massone

Il secondo articolo che merita di essere letto lo ha scritto su Blog Sicilia Piero Messina. Anche in questo caso il titolo è molto efficace: “‘Matteo Messina Denaro è massone, appartiene a una Superloggia’ parola del Gran Maestro del Grande Oriente Democratico”. Altrettanto efficace il cosiddetto ‘attacco’ dell’articolo: “‘Matteo Messina Denaro è stato affiliato in un preciso contesto massonico, in una precisa Super Loggia. Da questa è stato protetto e da questa è stato sacrificato’. La parole di Gioele Magaldi, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico, faranno certamente discutere. Magaldi, storico e saggista, ha analizzato la vicenda del boss di Castelvetrano in una puntata del canale youtube Bordernigths. In un suo recente saggio dal titolo ‘Massoni’, il grande maestro e fondatore del movimento roosveltiano aveva raccontato l’esistenza di circuiti sovranazionali massonici, le cosiddette Ur-Lodges”. Nell’articolo si parla delle reti massoniche che avrebbero protetto Matteo Messina Denaro, reti massoniche che non riconducono al Grande Oriente d’Italia. Nella sua analisi, scrive Piero Messina, il saggista sostiene l’esistenza di “filiere massoniche sovranazionali che hanno dei terminali anche nelle massonerie ordinarie. Esiste una filiera che porta dalle Super Logge sino alla cosche mafiose ed a alcune logge massoniche o ad alcuni singoli massoni che stanno sul territorio. La mafia è il terminale dei poteri massonici sovranazionali”. Anche in questo caso, l’articolo è da leggere con attenzione (qui l’articolo di Blog Sicilia).

 

Castelvetrano ovvero le tante logge massoniche 

Il terzo articolo lo trovate su Castelvetrano news. E riprende un’inchiesta pubblicata da Egidio Morici su Tp24. Anche il questo terzo articolo il titolo è efficace: “Castelvetrano capitale della massoneria. Ecco tutti i nomi degli iscritti e gli intrecci”. In questo articolo si parla di un’inchiesta portata avanti dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani, Marcello Viola, “sull’influenza e il condizionamento della massoneria (o meglio, di una sua parte) nel territorio”. Non c’è da stupirsi. Chi scrive, alla fine degli anni ’80 del secolo passato, nel quadro dell’attività di cronista politico del quotidiano L’Ora di Palermo, fu quasi costretto ad occuparsi della loggia massonica ‘coperta’ Iside 2, perché dentro tale loggia c’erano anche uomini politici insieme con noti nomi della mafia trapanese. Mafia e massoneria che si mescolavano alle cronache dell’Assemblea regionale siciliana. Trapani è una provincia molto importante per la presenza della mafia e della massoneria: mafia e massoneria che, insieme, nel 1860, con l’appoggio degli inglesi, hanno sostenuto Garibaldi corrompendo, a tappeto, gli altri ufficiali dell’esercito borbonico. Chi ha letto su I Nuovi Vespri il libro del compianto Giuseppe Scianò sui Mille in Sicilia (… e nel mese di Maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia) sa che Garibaldi, in Sicilia, durante la sua impresa, non vinse una sola battaglia sul campo, a cominciare dalla ‘vittoria di Calatafimi’, che è un falso storico, perché nella battaglia di Calatafimi Garibaldi e i garibaldini, pur essendo numericamente superiori, stavano soccombendo e si sono salvati perché i generali felloni borbonici intimarono alle truppe Duosociliane di ritirarsi. Allora gli inglesi furono fondamentali per fare vincere Garibaldi. Attenzione agli anglosassoni e al ruolo che hanno esercitato in Italia anche dopo il 1860: da leggere, sotto questo profilo, l’articolo del blog di Federico Dezzani sulla storia e l’evoluzione di mafia, camorra e ‘ndrangheta: “Mafia, camorra e ‘ndgrangheta sono società segrete paramassoniche, inoculate dagli inglesi all’inizio dell’Ottocento per destabilizzare il Regno delle Due Sicilie e trasmesse all’Italia post-unitaria per minare lo Stato e castrarne la politica mediterranea…” (qui per esteso un nostro articolo che riprende l’analisi di Federico Dezzani).

 

I parallellismi

Che dire, alla fine? Solo un ricordo che ci riporta agli anni della prima Commissione nazionale Antimafia. E ci riporta proprio lungo l’asse tra Palermo e Castelvetrano, dove la mattina del 5 Luglio del 1950, nel cortile Di Maria, venne trovato il cadavere di un uomo riconosciuto come il bandito Salvatore Giuliano. A parte che non tutti erano e sono ancora convinti che quello fosse il cadavere di Salvatore Giuliano (ma questa è un’altra storia che, se siete interessati, potete leggere qui), un mezzo parallellismo tra quanto successe allora e quanto sta succedendo oggi forse ci potrebbe essere. Quando Giuliano venne ucciso – o quando lasciò la Sicilia, a seconda dei punti di vista – si disse che aveva lasciato un memoriale. In questo memoriale si parlava della vita di Giuliano e, tra le altre cose, di un noto politico dell’epoca che lo stesso Giuliano aveva incontrato a ponte di Sagana, vicino Montelepre dove sembra veniva invitato a recarsi a Portella della Ginestra la mattina dell’1 Maggio del 1947 per compiere la strage secondo alcuni (tesi scontata e di comodo), per coprire un’operazione stragista operata da mafiosi e americani secondo altri (tesi monto più veritiera); nel memoriale si parlava anche di uomini dello Stato, alti prelati, uomini politici e professionisti che il bandito incontrava spesso e di altre storie. Si disse, all’epoca, che questo memoriale fosse finito nelle mani di un noto avvocato. Sembra che allora spuntarono fuori vari memoriali di Giuliano che piano piano venivano pubblicati qua e là. Alcuni osservatori li consideravano veri, altri falsi. Alla fine non si capì più nulla, a parte il dubbio che il vero memoriale – ammesso che sia esistito – non sia mai venuto fuori. Forse la verità su questa storia è sepolta negli archivi del Viminale mai resi noti. Chissà perché.

Foto tratta da Secolo d’Italia 

 

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