Dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio arriva una sentenza storica che mette ordine nel mondo delle etichette della pasta. la notizia la leggiamo in un articolo dell’ANSA dal titolo molto esplicito: “Tar, ok al decreto sull’etichetta del grano/pasta”. Sottotitolo: “Con due sentenze respinti ricorsi di decine di produttori”. I Giudici amministrativi hanno stabilito che non vi è alcuna illegittimità nel decreto con il quale, nel 2017, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e forestali e il Ministero dello Sviluppo Economico “hanno imposto ai produttori di pasta – leggiamo sull’ANSA – l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di coltivazione del grano e il Paese di molitura; e tutto ciò, al fine di garantire ai consumatori un’informazione completa e trasparente, funzionale a consentire una scelta libera e consapevole nell’acquisto dei prodotti agro-alimentari”.
Con due sentenze il TAR Lazio ha respinto i ricorsi delle aziende F.lli De Cecco di Filippo Fara San Martino, Barilla G. e R. Fratelli, De Matteis Agroalimentare, La Molisana, F. Sponsored By Divella, Rummo, Pastificio Lucio Garofalo, Pastificio Battagello, Pasta Berruto, Colussi, Pastificio Rigo, Pasta Zara, Pastificio Felicetti, Pastificio Granarolo (il primo) nonché Molitoria Umbra, Semoliere Giuseppe Sacco & Figli, Molino Grassi, Molino Casillo, Candeal Commercio, Deis De Sortis Industrie Semoliere, Industria Molitoria Mininni, Moderne Semolerie Italiane, Industria Agroalimentare De Vita, Grandi Molini Italiani, Semolificio Loiudice e Molino S. Paolo di Paolo Gallo & C. I Giudici del TAR Lazio, nel respingere i ricorsi, spiegano che “è sufficiente rilevare come la mancata adozione da parte della Commissione europea degli atti esecutivi” del Regolamento di riferimento “non preclude allo Stato membro di dettare, nelle more, una disciplina nazionale corredata – come nel caso – dalla clausola di cedevolezza, di etichettatura dell’origine della materia prima per le paste di semola di grano duro, al fine di garantire una maggiore sicurezza e trasparenza verso i consumatori”. Per i Giudici amministrativi, l’obiettivo primario del decreto è “rendere al consumatore informazioni chiare e trasparenti sull’origine dei prodotti alimentari, al fine di valorizzare la sua libera e consapevole scelta, coerentemente a quanto stabilito dal Regolamento UE n. 1169 del 2011”. Sempre secondo il TAR Lazio è destituita di fondamento la dedotta violazione del Regolamento per il fatto che il decreto contestato ha prescritto d’indicare il Paese di origine dell’ingrediente primario, ma non anche l’indicazione del Paese di origine dell’alimento. “Al riguardo è sufficiente osservare – scrivono i Giudici amministrativi – come l’obbligo di indicazione in etichetta del paese di coltivazione del grano e del Paese di molitura, non esclude l’indicazione del Paese di origine dell’alimento, trattandosi di obbligo aggiuntivo e non sostitutivo rispetto alle prescrizioni in materia di etichettatura”.
Foto tratta da Quotidianpost
Visualizza commenti