“Queste fanciulle hanno dai 16 ai 25 anni. Partono in gruppi di cinque, otto o dieci per battello e si dicono domestiche o kellnerinen. Negano se alcuno le interroga sul loro conto di essere vittime d’inganni e sono scortate da persona più anziana, che è quasi sempre un uomo. Costui si fa passare in molti casi per marito di una delle fanciulle e per parente delle altre. I commessi viaggiatori delle case malfamate dell’America del Sud che hanno Genova per punto d’imbarco non arrivano alla dozzina: per non essere troppo facilmente riconosciuti dall’equipaggio e dalla polizia, questi commessi viaggiatori si servono sovente di un proprio dipendente che accompagna il carico. A Genova vi sono due alberghi, scrive certo signor Armando alla Arbeiter-Zeitung, dove «un carico di merce umana è tenuto in pronto per essere spedito al primo avviso» […]. Ma l’Italia non fa soltanto sciaguratamente il commercio di transito, chè essa è pure esportatrice di abbondante mercanzia nazionale! La tratta delle italiane era già stata avvertita or sono ventun’anni da un compianto compaesano di chi scrive, morto da prode nell’ultima guerra ellenica. Nel suo giornale II Dovere, il Fratti fin dal 1881 denunciava un losco ufficio di emigrazione napoletano, con sede nella via del Paradiso alla Salute, che faceva la tratta regolare di ragazze per l’Egitto. Nella corrispondenza sequestrata in quell’ufficio furono trovate varie lettere di trafficanti del Cairo e di Alessandria, che chiedevano fanciulle bionde e di esile corporatura. Alle fanciulle reclutate si davano falsi passaporti: da Napoli erano inviate a Messina e di là in Egitto. Ma l’esistenza di questa laida speculazione fu più ampiamente dimostrata dai vari fatti pubblicati dalla stampa italiana nel 1886 quando vi fu come un barlume di riscossa, ahimè! troppo presto svanito.
Oggidì per lasciare in disparte la storia del passato ed occuparci solo del presente, noi possiamo affermare, colla scorta dei rapporti di polizia e di quelli consolari, nonché colle testimonianze di privati, che il male è assai sviluppato così nel Nord come nel Sud della penisola. Ma le due parti forniscono diversi mercati, perché mentre le fanciulle dell’Italia settentrionale sono inviate per via di terra negli altri paesi europei e, se destinate all’America, sono imbarcate in porti esteri, le donne fornite dalla bassa Italia sono dirette invece in massima parte verso l’Africa e prendono imbarco in porti italiani. La Sicilia invia i suoi prodotti a Tunisi e le provincie napoletane, segnatamente quella di Benevento, provvedono l’Egitto. Il pretesto è sempre quello di un buon posto di modista, di stiratrice e specialmente di serva… e in quest’ultimo caso, il lenone non mentisce pur sapendo di mentire! L’emigrazione dell’Italia del Sud è la più numerosa, la più palese e la più antica: come abbia potuto quel sozzo commercio fiorire per tanti anni non sapremmo spiegarlo. Vi è poi chi crede — e il barone di Castelnuovo, che ha vissuto lunghi anni in Tunisi, è di questo avviso — che si tratti di azione combinata, di comune intesa, colla mafia e colla camorra; ma l’ipotesi, benché ingegnosa, non è suffragata finora da prova alcuna.
Seguendo questa nostra infelice emigrazione nelle sue varie direzioni, possiamo intanto accompagnare, mentre parliamo dell’Africa, le donne del Mezzogiorno dirette verso quel continente. I punti estremi della corrente sono: Napoli, Messina, Catania in Italia; Tunisi, Alessandria, Porto Said in Africa… Ma non tutta l’emigrazione femminile della bassa Italia si riserva in Africa. La pletora di donne italiane in Egitto ha obbligato gli speculatori a dirigere le mercanzie verso altri lidi. E insieme ai nuovi sbarchi, il progresso del XX secolo ha saputo trovare pure nuove infami maniere di reclutamento. Sino a pochi anni or sono gli organettai, oltre la tratta regolare dei fanciulli, trasportavano pure all’estero qualche fanciulla, che danzasse occasionalmente al suon dell’organetto ed accudisse alle faccende domestiche. Il padrone non attendeva che il frutto fosse maturo e la povera vittima, dopo che egli ne aveva indegnamente abusato, era venduta al migliore offerente! Combattuta la tratta degli organettai, il nuovo mestiere che servì a mascherare i lenocini di questi impresari di carne umana fu quello di modello. Oggi l’astuzia diabolica ha saputo trovare qualche cosa di meglio: la santità del matrimonio messa a servizio della tratta. In parecchi paesi di Terra di Lavoro, e qui citiamo quanto scrive uno dei più autorevoli nostri giornali, si sono scoperti individui i quali sposavano le più belle contadine del luogo, per poi condurle a Londra, ove tutto era preparato per speculare sulla loro immacolatezza!”
Tratto da La tratta delle ragazze meridionali nell’Italia unita
Fonte: R. Paulucci de’ Calboli in «La Nuova Antologia», 1° aprile 1902, pp. 421-425
Foto tratta da Il Giornale