- Questo è un altro segnale preciso che Stati Uniti d’America e Occidente sono in crisi. I vertici dell’Arabia Saudita rafforzano i legami con la Cina
- Non si esclude che anche il Sudamerica rompa con il dollaro americano per allearsi con la Cina
Questo è un altro segnale preciso che Stati Uniti d’America e Occidente sono in crisi. I vertici dell’Arabia Saudita rafforzano i legami con la Cina
L’Arabia Saudita sempre più lontana dagli Stati Uniti d’America e, in generale, dal cosiddetto Occidente industrializzato. Che succede? E’ noto che, già da tempo, i Paesi dell’OPEC – l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio – non vanno più d’amore e d’accordo con gli Stati Uniti d’America. Bloomberg, una multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo, ha diffuso una notizia piuttosto pesante per l’area del dollaro. Secondo Bloomberg l’Arabia Saudita sarebbe pronta a commercializzare petrolio non soltanto in dollari americani ma anche accettando altre valute. “Non ci sono problemi a discutere di come regolare i nostri accordi commerciali, sia che si tratti del dollaro USA, sia che si tratti dell’euro, sia che si tratti del riyal saudita”, ha dichiarato martedì Mohammed Al-Jadaan a Bloomberg TV in un’intervista a Davos, come riporta scenarieconomici.it. Al-Jadaan ha confermato l’obiettivo del Regno di rafforzare le relazioni con i partner commerciali più importanti, in particolare con la Cina: “Abbiamo una relazione molto strategica con la Cina e godiamo della stessa relazione strategica con altre nazioni, compresi gli Stati Uniti, e vogliamo svilupparla con l’Europa e altri Paesi che sono disposti e in grado di lavorare con noi. Quest’intervista – conclude scenarieconomici.it – viene a confermare come l’Arabia Saudita stia progressivamente mettendo da parte il dollaro come strumento di regolamentazione del mercato del petrolio e su questa strada viene ovviamente seguita dagli altri Paesi del Golfo. Una situazione che può mettere in grossa difficoltà il biglietto verde, ma è quasi ovvio, nel momento in cui gli USA non sono più un mercato per il petrolio saudita. Ovviamente il primo Paese ad avvantaggiarsi di questa tendenza sarà la Cina che progressivamente potrà utilizzare lo Yuan nel pagamento delle proprie forniture petrolifere, stringendo sempre più gli amichevoli legami fra Pechino e Riad rafforzati dalla recente visita di Xi Jinping nel Regno, estremamente proficua”.
Non si esclude che anche il Sudamerica rompa con il dollaro americano per allearsi con la Cina
“Si radicalizza il divario tra le nazioni BRICS, guidate da Russia e Cina, e l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti – leggiamo su un canale Telegram -. Le vicende delle ultime ore hanno segnato un altro importante tassello lungo il percorso iniziato da tempo e promosso da Russia e Cina prima, ora anche dall’Arabia Saudita, di detronizzazione del dollaro USA come valuta di riserva globale. Un passo cruciale per riuscire a detronizzare il dollaro USA è l’eliminazione del suo utilizzo per l’acquisto e la vendita di petrolio, un sistema in vigore dagli anni ’70, quando gli Stati Uniti hanno promesso sicurezza al Regno Saudita in cambio della costituzione del sistema del petrodollaro, che contribuisce in modo fondamentale a sostenere la forza del dollaro come valuta di riserva globale”. Per la cronaca, il BRICS associa Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. In realtà, il BRICS è in evoluzione. Come scriviamo da tempo, ancora non si è capito cosa farà il nuovo presidente del Brasile, Lula, che è ‘comunista’ ma sembra sostenuto dagli Stati Uniti d’America. E’ stato l’ex presidente Bolsonaro a spostare il Brasile dall’alleanza con l’Occidente all’alleanza con la Cina; e questo è forse il motivo per il quale è stato defenestrato, con molta probabilità da elezioni presidenziali ‘aggiustate’ in suo sfavore. Del resto, le proteste popolari in Brasile dimostrano che la vittoria di Lula non è stata chiara ed è contestate. Detto questo, ancora non si è capito se il Brasile di Lula resterà nel BRICS o se passerà con gli Stati Uniti d’America e l’Occidente. Anche in Perù – dove è stato deposto il presidente socialista Petro Castillo, non esattamente amico degli Statuii Uniti, sono in corso proteste popolari. La sensazione è che gli americani e, in generale, gli occidentali saranno costretti a fare i conti con un Sudamerica sempre più vicino alla Cina.
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