“Forse non erano Don Sebastiano, Donna Vincenza, Gonaria, Pedduzza, Giggia, Baliodda, Dirripezza, tutti gli altri che mi hanno scongiurato di liberarli dalla loro vita; sono io che li ho evocati per liberarmi dalla mia senza misurare il rischio al quale mi esponevo, di rendermi eterno. Oggi, poi, di là dai vetri di questa stanza remota dove mi sono rifugiato, nevica: una neve leggera che si posa sulle vie e sugli alberi come il tempo sopra di noi. Fra breve tutto sarà uguale. Nel cimitero di Nuoro non si distinguerà il vecchio dal nuovo: ‘essi’ avranno un’effimera pace sotto il manto bianco. Sono stato una volta piccolo anch’io, e il ricordo mi assale di quando seguivo il turbinare dei fiocchi col naso schiacciato contro la finestra. C’erano tutti, allora, nella stanza ravvivata dal caminetto, ed eravamo tutti felici poiché non ci conoscevamo. Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che raccolga, ti risusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in giudizio finale. È quello che ho fatto io in questi anni, che vorrei non aver fatto e continuerò a fare perché ormai non si tratta dell’altrui destino ma del mio”.
“A pensarci bene, Dio è fatto per il singolo individuo che ripone in lui la speranza, non per l’intera umanità, con le sue leggi, le sue organizzazioni, la sua forza. L’umanità è il demonio che Dio non riesce a distruggere”.
“Tu stai al mondo solo perché c’è posto”
Tratto da Il Giorno dei giudizio di Salvatore Satta
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