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Polemiche sulle accise sui carburanti con l’incognita dei Btp. Probabile liquidazione dell’AST in Sicilia?/ MATTINALE 904

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  • Lo scivolone del capo del Governo Giorgia Meloni su benzina e gasolio
  • E’ inutile girarci attorno: il taglio degli sconti fiscali sui carburanti, soprattutto in questo momento storico, è un gravissimo errore di ‘sintassi’ economica che crea inflazione e ulteriori difficoltà ad imprese e famiglie
  • Finanziare lo Stato italiano utilizzando il risparmio privato degl’italiani, magari con il ricorso ai Conti di risparmio presso il Tesoro? 
  • Regione siciliana: c’è il rischio che la ‘spalmatura’ degli 800 milioni di euro di ‘buco’ in dieci anni finisca male
  • Nomine dei vertici di enti e società regionali: si va verso lo smantellamento definitivo della gloriosa Azienda Siciliana Trasporti (AST)?

Lo scivolone del capo del Governo Giorgia Meloni su benzina e gasolio

Va in queste ore sulla rete un video del 2019 nel quale Giorgia Meloni, oggi presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, chiedeva l’abolizione delle accise sui carburanti. Il video crea difficoltà al capo del Governo, perché le opposizioni l’accusano di incoerenza: promettere una cosa in campagna elettorale per poi fare l’opposto. La polemica ci sta tutta, perché l’attuale esecutivo ha deciso di tagliare gli sconti fiscali sui carburanti, facendo schizzare all’insù il prezzo di benzina e gasolio. La premier si difende dicendo che nel 2019 le condizioni economiche non erano quelle di oggi. Nel video di ieri della ormai consueta ‘Agenda di Giorgia’, la presidente del Consiglio si difende così: “Gira da più parti un video del 2019 nel quale io facendo benzina con la mia auto parlavo della necessità di tagliare le accise sulla benzina e naturalmente non avendo il governo deciso di cambiare la norma del precedente governo che prevedeva che il taglio delle accise sarebbe terminato alla fine di quest’anno si è detto ‘la Meloni è incoerente’ perché in campagna elettorale vi promette alcune cose e poi al governo ne fa altre. Ora siccome io sono una persona abbastanza seria non è un caso che quel video sia del 2019 e non di quest’ultima campagna elettorale”. Il problema, come fa notare Il Fatto Quotidiano, è che al punto 17 del programma di Fratelli d’Italia si legge che tra gli obiettivi del partito c’è anche la “sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise” (qui l’articolo de Il Fatto Quotidiano).

 

E’ inutile girarci attorno: il taglio degli sconti fiscali sui carburanti, soprattutto in questo momento storico, è un gravissimo errore di ‘sintassi’ economica che crea inflazione e ulteriori difficoltà ad imprese e famiglie

A nostro modesto avviso il Governo Meloni ha sbagliato a tagliare gli sconti fiscali sui carburanti. Per almeno due buoni motivi. Il primo motivo è che ha prestato il fianco alle opposizioni, che stanno mettendo in luce l’oggettiva incoerenza del capo del Governo e di Fratelli d’Italia. Il secondo motivo è più grave. Come scriviamo già da giorni, in Italia il 90% delle merci ‘viaggia’ sui mezzi gommati; ciò significa che un aumento del prezzo della benzina e del gasolio provoca automaticamente un aumento dei prezzi delle merci che ‘viaggiano’ sui mezzi gommati. In parole più semplici, il taglio degli sconti sui carburanti, soprattutto in questa fase storica, fa aumentare il livello generale dei prezzi, cioè l’inflazione. Il Governo Meloni è in grande difficoltà perché, a differenza dei Governi che l’hanno preceduta, ha scelto di non indebitare ulteriormente l’Italia. Questo ha comportato inevitabili sacrifici. L’errore commesso dal Governo è quello di aver inserito il taglio degli sconti fiscali tra i provvedimenti tesi a ridurre le spese dello Stato. Obiettivo – lo ribadiamo – sbagliato, perché ha fatto schizzare all’insù l’inflazione e perché neanche tornando indietro su tale provvedimento chi ha alzato i prezzi li riabbasserà. Per trovare risorse poteva tagliare altrove. Né convince la scusa addotta la presidente del Consiglio per giustificare il taglio degli sconti fiscali ai carburanti, e cioè che preferisce erogare queste somme a chi ne ha più bisogno, perché tra gli automobilisti ci sono anche persone “che hanno bisogno” e che il Governo sta penalizzando. Insomma, la toppa della presidente Meloni si sta rivelando peggiore del buco che si cerca di nascondere. Sarebbe stato molto più corretto ammettere di essere stata incoerente.

 

Finanziare lo Stato italiano utilizzando il risparmio privato degl’italiani, magari con il ricorso ai Conti di risparmio presso il Tesoro? 

Quello che colpisce, in questa storia, è l’atteggiamento dell’Italia nel suo insieme. Il Governo ha fatto approvare dal Parlamento una manovra a debito zero perché, dopo l’aumento dei tassi di interesse disposti dalla Banca Centrale Europea (BCE), ci sono problemi enormi nel reperire la liquidità necessaria per andare avanti. E la situazione potrebbe peggiorare. In queste ore la FED, la Banca Centrale americana, è chiamata a decidere se effettuare o meno un nuovo rialzo dei tassi di interesse. Tutto dipende dai dati che verranno fuori tra oggi e domani. Se negli Stati Uniti i precedenti aumenti dei tassi di interesse avranno ‘raffreddato’ l’inflazione, la FED non aumenterà ancora i tassi di interesse; ma se l’inflazione statunitense sarà ancora alta, la FED aumenterà ancora i tassi e, a ruota, la BCE sarà costretta ad aumentare i tassi. Se ciò avverrà, ebbene, la situazione, per i Btp italiani diventerà critica. E poiché i Btp sono l’unico mezzo seguito fino ad oggi per finanziare lo Stato, l’Italia si ritroverà ad avere problemi enormi di liquidità. Ebbene, rispetto a tali fatti – che non dipendono dall’Italia ma dall’andamento dell’economia internazionale – non c’è alcuna riflessione da parte della politica italiana. Invece di interrogarsi sulla follia di un’Unione europea che ha stabilito che la cosiddetta ‘monetazione’ dipenda dal mercato dei titoli di Stato, i partiti si dividono e si rinfacciano le rispettive incoerenze. Invece di avvertire la popolazione che il pagamento della sanità pubblica, dei professori di Liceo e, in generale, di tutta la spesa pubblica dipende, oggi, dalla volatilità dei Btp assistiamo a polemiche politiche sterili. Il tutto mentre comincia a venite fuori la possibilità di utilizzare il risparmio privato degl’italiani – circa 5-6 mila miliardi di euro – per finanziare lo Stato. Si tratterebbe dei Conti di risparmio presso il Tesoro, che potrebbero avere un senso, a precise condizioni, a cominciare dall’uscita dell’Italia dall’Unione europea dell’euro.

 

Regione siciliana: c’è il rischio che la ‘spalmatura’ degli 800 milioni di euro di ‘buco’ in dieci anni finisca male

Non va meglio in Sicilia, dove non si capisce da dove dovrebbero arrivare i soldi per andare avanti. La Regione siciliana ha programmato due mesi di esercizio provvisorio in attesa di capire che cosa succederà. La Corte dei Conti ha chiesto alla Regione di ripianare subito un debito di circa 800 milioni. Si potrebbe discutere sulla natura folle di questo debito che è uno dei tanti frutti bacati degli scippi finanziari dello Stato alla Regione. Ma questo è un argomento tabù per i governanti siciliani, che ritengono ‘corretto’ che lo Stato derubi la Regione. Così sono spariti circa 9 miliardi di euro che lo Stato, dal 2007 ad oggi, ha scippato al Fondo sanitario regionale grazie a un ‘codicillo’ inserito nella legge Finanziaria 2007 nel passaggio dalla Camera dei deputati al Senato. Anche la storia degli 800 milioni circa da ripianare non è finita. Vero è che c’è una norma nazionale che consente alla Regione di ‘spalmare’ questi 800 milioni di euro in dieci anni; ma c’è anche un ricorso della Corte dei Conti per la Sicilia che ha chiamato in causa la Corte Costituzionale. E siccome – questo è un nostro modesto giudizio – sul piano formale ha ragione la Corte dei Conti – non escludiamo che, tra qualche mese, la Consulta dia ragione alla Magistratura contabile provocando un ‘buco’ di 800 milioni nel Bilancio regionale. In una Sicilia dove sono stati ‘bruciati’ decine di miliardi di euro per opere ferroviarie e stradali mai completate nonostante le somme spese non dovrebbe essere un problema trovare 800 milioni di euro; invece è un problema, perché lo Stato – per lo più con i fondi dell’Unione europea e in parte anche con i propri fondi – largheggia nei grandi appalti (che nel Sud e in Sicilia, detto per inciso, favoriscono le grandi imprese del Nord Italia), mentre lascia senza soldi Regioni e Comuni. Anche questa, insieme con i titoli di Stato per finanziare le attività dello Stato, è una delle follie ultra-liberiste del nostro tempo.

 

Nomine dei vertici di enti e società regionali: si va verso lo smantellamento definitivo della gloriosa Azienda Siciliana Trasporti (AST)?

In tutto questo ‘bordello’ amministrativo e finanziario il Governo siciliano ha provveduto ad effettuare le nomine negli enti e nelle società che fanno capo alla stessa Regione. Alla Sas – una società nata all’insegna del clientelismo più sfacciato che vive grazie al denaro pubblico – il nuovo presidente è Mauro Pantò, con Rosalia Cardinale (confermata) e Alfredo Vinciguerra nel consiglio di amministrazione. All’Irfis il nuovo presidente è l’imprenditore Tommaso Dragotto, con Giuseppe Guglielmino e Vincenza Barberi nel consiglio di amministrazione. Per Sicilia Digitale il Governo di Renato Schifani ha nominato il nuovo amministratore unico, che è Riccardo Di Stefano. Alla Seus – la società che si occupa del trasporto pubblico dei malati per conto del servizio di emergenza territoriale (ex 118 oggi 112) – il nuovo presidente è Gabriele Castro, con Maria Stella Marino e Pietro Marchetta (confermato) nel consiglio di amministrazione. Per l’AST, l’Azienda Siciliana Trasporti c’è la conferma dei vecchio consiglio di amministrazione che, a nostro modesto avviso, potrebbe portare alla liquidazione della società (scenario che abbiamo anticipato qualche giorno addietro).

Foto tratta da Il Riformista 

 

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