Ieri abbiamo provato a dimostrare che chi ha consigliato all’attuale presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, di eliminare gli sconti fiscali sui carburanti l’ha fatto per affossare il suo Governo. Oggi torniamo sull’argomento provando a raccontare quello che sta succedendo nel settore agro-alimentare italiano, precisando che quasi il 90% dei prodotti alimentari che troviamo nei centri commerciali e nei medi e piccoli supermercati ‘viaggia’ sul gommato. E provando anche a illustrare cosa potrebbe fare la Sicilia autonomamente. Come abbiamo scritto ieri sera, quando aumenta il costo dei carburanti, inevitabilmente aumentano i prezzi dei prodotti alimentari. E questo mette in difficoltà le famiglie, perché l’inflazione che si crea – ulteriore inflazione che si aggiunge a quella che già c’era – riduce il potere d’acquisto delle stesse famiglie. Attenzione: la scelta del Governo di Giorgia Meloni di non creare ulteriore debito pubblico è giusta: infatti, non è colpa dell’attuale Governo se per pagare lo stipendio ai medici e ai professori di Liceo un Paese europeo è costretto ad acquistare denaro a credito. Questa follia liberista – che purtroppo sfugge ai più – è merito dei ‘geniali’ politici italiani degli anni ’90 del secolo passato che hanno infognato l’Italia nell’euro, moneta scientificamente truffaldina. Quello che noi contestiamo al Governo Meloni è di avere optato per l’eliminazione degli sconti fiscali sui carburanti per risparmiare. Questa mossa sta provocando un disastro economico e sociale. Vediamo il perché.
I cittadini italiani, nel 2022, a causa dell’inflazione – che è molto più alta del 10-12% – hanno speso 13 miliardi di euro in più per l’acquisto di prodotti alimentari, cibi e bevande. Se c’è una cosa che andava evitata è la creazione di condizioni per fare lievitare ulteriormente i prezzi di cibi e bevande. Per questo scriviamo che chi ha consigliato al Governo di eliminare lo sconto fiscale sui carburanti vuole affossare lo stesso Governo. L’aumento del prezzo dei carburanti provoca varie distorsioni. Ne segnaliamo due. I commercianti – che sono il tramite tra agricoltori e consumatori – con la scusa dell’aumento dei costi chiederanno agli agricoltori di accontentarsi di un po’ di meno; contemporaneamente venderanno la propria merce ad un prezzo più elevato. Questa doppia mossa dovrebbe compensare (e secondo qualcuno anche remunerare almeno un po’) l’aumento del prezzo dei carburanti per i commercianti. A farne le spese, alla fine, sono gli agricoltori e i consumatori. Solo che gli agricoltori italiani sono già in crisi a causa del folle aumento dei costi di produzione: aumento del costo delle sementi, aumento del costo dei fertilizzanti, aumento dei costi energetici e via continuando. “I dati Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) – leggiamo su ITALIA FRUIT NEWS – raccontano una situazione drammatica non solo per i consumatori finali: un’azienda agricola su 10 (13%) rischia la cessazione dell’attività e il 34% si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo”. delle famiglia abbiamo già detto: sono tutte in grande affanno, dovendo fronteggiare l’aumento delle bollette di luce e gas e un’inflazione che, lo ribadiamo, è bel al di là del 10-12%.
Aumentando il costo dei carburanti il Governo Meloni ha combinato un grande pasticcio. Al contrario, proprio per lo scenario inflazionista che la guerra in Ucraina sta provocando, il Governo avrebbe dovuto adottare provvedimenti per aumentare lo sconto fiscale sui carburanti, togliendo fondi da altri settori, magari dirottando una parte dei fondi del Pnrr per abbassare i prezzi dei carburanti. Che è ciò che chiede oggi la Coldiretti: “Aggiungere risorse al bando sulla logistica agroalimentare del Pnrr andando a sostenere tutti i progetti presentati, progetti che arrivano a circa 1,5 miliardi di euro di investimenti tra risorse private e pubbliche. La produzione agricola e quella alimentare in Italia sono particolarmente sensibili all’andamento delle quotazioni dei carburanti poiché assorbono oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali, per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno secondo i dati INEA”. Ci rifiutiamo di pensare che al Ministero dell’Economia non conoscevano la situazione. A nostro modesto avviso, la presidente del Consiglio Meloni, ignorando dell’Unione europea, dovrebbe sostituire l’attuale Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, se è lui il responsabile di questo errore.
E la Sicilia? Considerati gli errori strategici del Governo in materia di trasporti, considerati gli errori che l’Italia si porta dietro da decenni – impoverimento del sistema ferroviario per privilegiare il trasporto su strada e, quindi, l’industria automobilistica – considerati i pessimi collegamenti stradali tra Nord e Sud e le pessime condizioni di autostrade e strade siciliane, la Sicilia deve potenziale il cosiddetto km zero. Poiché è ormai chiaro che i grandi appalti autostradali e stradali non servono per completare autostrade e strade ma per drenare denaro pubblico facendo in modo che i lavori non finiscano mai (emblematici, in Sicilia, le eterne manutenzioni nell’autostrada Palermo-Catania e gli interminabili lavori della Agrigento-Caltanissetta e Agrigento-Palermo più altri esempi), la Sicilia deve provare a migliorare i rapporti tra la propri agricoltura e i propri abitanti. Già in tanti piccoli e medi supermercati questo avviene: ebbene, bisogna fare in modo che il rapporto tra agricoltori siciliani e popolazione siciliana diventi sempre più stretto. Liberando gli agricoltori siciliani dagli intermediari ci guadagnerebbero gli agricoltori, che avrebbero una maggiore remunerazione; e ci guadagnerebbero i consumatori, che pagherebbero meno i prodotti. E ci guadagnerebbe anche l’economia siciliana, se è vero che, ancora oggi, su circa 13 miliardi di euro che i siciliani spendono ogni anno per portare in tavola cibi e bevande, solo poco più di 2 miliardi di euro sono prodotti siciliani, mentre il resto arriva dal Nord Italia e dall’estero.