Ieri sera abbiamo annunciato che nel MATTINALE di oggi illustreremo perché, a nostro modesto avviso, la norma approvata dal Parlamento nazionale che consente alla Regione siciliana di ‘spalmare’ un debito di circa 800 milioni di euro in dieci anni potrebbe essere travolta da una sentenza della Corte Costituzionale. La questione è stata affrontata ieri dal presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno. Vicenda semplice. La Corte dei Conti per la Sicilia, che ha presentato ricorso presso la Consulta, sostiene un principio correttissimo: un’amministrazione pubblica non può scaricare sulle generazioni future i debiti presenti. Che è quello che sta provando a fare la Regione siciliana, anche in forza di una norma nazionale: ‘spalmare’ per i prossimi dieci anni un ‘buco’ di Bilancio pari a circa 800 milioni di euro di oggi. Per carità, sappiamo benissimo che in Italia tutto si ‘politicizza’ nel senso deteriore del termine: ma il principio sollevato dalla Corte dei Conti è sacrosanto e non è scontato che la Corte Costituzionale gli dia torto. Si obietta che nel passato l’orientamento della Magistratura contabile è stato diverso, ma ciò non inficia l’orientamento odierno. Semmai la Regione avrebbe dovuto contestare la genesi di questo disavanzo che è stato trasformato in ‘buco’ del Bilancio regionale. E’ successo nel 2015, quando il Parlamento siciliano – e non gli Dei con la loro potenza – ha cancellato dal Bilancio regionale prima 10 miliardi di euro di crediti che la stessa Regione vantava per lo più nei riguardi dello Stato che poi, dopo una correzione impropria, sono diventati poco più di 6 miliardi di euro. E qui che avviene la ‘magia’: i crediti della Regione siciliana verso lo Stato spariscono con una legge regionale, si crea un disavanzo e, con la maldestra applicazione della riforma della contabilità pubblica in Sicilia (“riaccertamento dei residui attivi”), il disavanzo viene trasformato in ‘buco’ di Bilancio! Così gli ignari siciliani stanno pagando due volte: pagano gli oltre 6 miliardi di euro di crediti cancellati dal Bilancio regionale e pagano il ‘buco’ che si è formato nello stesso Bilancio regionale. Ma tutto – lo ribadiamo – nasce da una legge approvata dal Parlamento siciliano! Certo, assessore regionale all’Economia, nel 2015, era il toscano Alessandro Baccei, imposto alla Sicilia dal Governo Renzi. Ma il sigillo a questo imbroglio contabile ai danni di 5 milioni di siciliani lo ha posto il Parlamento dell’Isola nella legislatura Novembre 2012-Novembre 2017.
Ieri il presidente Schifani ha parlato anche di un’altra vergogna ai danni dei siciliani: i poco più di 600 milioni di euro all’anno che lo Stato scippa al Fondo sanitario regionale siciliano dal 2009. La storia i lettori de I Nuovi Vespri la conoscono bene perché ne scriviamo da quando siamo in rete. Con la Finanziaria nazionale del 2007 il Governo Prodi decide che la quota di compartecipazione della Regione alla spesa sanitaria della Sicilia sarebbe passata, in tre anni, a partire appunto dal 2007, dal 42% circa a 50% circa. Con questa decisione il Fondo sanitario regionale della Sicilia perde oltre 600 milioni di euro all’anno. Non è una decisione definitiva, ma il primo passo verso il passaggio di tutto il costo della sanità siciliana – poco più di 9 miliardi di euro – a carico della Regione, nel quadro di una rivisitazione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione. In attesa della definizione di tali rapporti la Regione avrà diritto a una quota delle accise petrolifere pari alla somma che lo Stato incamera, ovvero i 600 milioni e rotti di euro. Questa è la previsione di legge approvata dalla Camera dei deputati. Nel passaggio dalla Camera al Senato cambia ‘qualcosa’ e le ‘carte’ si rimescolano. Da allora lo Stato si rifiuta di riconoscere alla Regione siciliana i 600 milioni di euro di accise. Ci sono, ha ricordato ieri il presidente Schifani, due sentenze della Corte Costituzionale che danno ragione allo Stato. Così, ieri, il presidente Schifani, che nella vita fa l’avvocato, ha detto che il credito vantato dalla Regione siciliana non esiste! Dice, il presidente della Regione, che non c’è un titolo per richiedere tale somma allo Stato. Dopo di che – lo ha detto sempre il presidente – la Corte Costituzionale invita le parti, ovvero Regione e Stato, a trovare un accordo. Ma se il credito vantato dalla Regione non esiste che senso ha trovare un accordo su una cosa che non esiste? E questa è la prima contraddizione. Ce n’è una seconda. Nell’accordo siglato tra il presidente Schifani e il Governo nazionale nella persona del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, c’è scritto che la Regione siciliana rinuncia al pregresso. Leggiamo il passo dell’accordo: “Per gli anni 2007- 2021 non è dovuta alcuna compensazione finanziaria alla Regione”. Ribadiamo: se il credito della Regione verso lo Stato – quasi 9 miliardi di euro – non esiste, perché nell’accordo tra Stato e Regione c’è scritto che “Per gli anni 2007-2021 non è dovuta alcuna compensazione finanziaria alla Regione?”. Incalzato su questo punto dai giornalisti, ieri, il presidente Schifani si è arrampicato tra Gorgia e Protagora…
Ancora. Ieri il presidente Schifani ha detto che lo Stato ha dato il primo segnale positivo alla Sicilia, erogando 200 milioni di euro. Anche in questo caso assistiamo a un gioco di prestigio da parte del Ministro leghista Giorgetti, come abbiamo scritto due giorni fa: “Il Governo nazionale ha imputato questi 200 milioni di euro al 2022 ma li vorrebbe erogare nel 2023”. Tant’è vero che nella legge di variazioni di Bilancio approvata in queste ore dall’Assemblea regionale siciliana questi 200 milioni di euro non ci sono! Arriveranno il prossimo anno? Qualche dubbio lo nutriamo. Ancora: qualche giorno fa il Governo regionale ha fatto sapere che c’è un accordo siglato al ‘tavolo’ romano in base al quale, a titolo di compensazione – sempre per questa vicenda della sanità siciliana – lo Stato erogherà alla Regione siciliana 650 milioni all’anno. Dopo di che, ieri, il presidente Schifani ha detto che la volontà del Governo nazionale è quella di riportare la quota di compartecipazione della Regione siciliana alla spesa sanitaria al 42%. Da qui la nostra domanda: i 650 milioni di euro all’anno annunciati qualche giorno fa dal Giornale di Sicilia ci sono o no, per quest’anno, presidente Schifani? Ha scritto qualche giorno fa il segretario politico di Siciliani Liberi, Ciro Lomonte: “Tutti, nelle capitali europee, sanno che la crisi finale che porterà alla liquidazione dell’euro fra pochi mesi passerà per il default dell’Italia”. Non sappiamo se lo scenario economico e finanziario sia così grave. Ma sappiamo che con l’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE) e i Btp a oltre il 4% il Governo nazionale di Giorgia Meloni è in difficoltà in un sistema monetario europeo dove la moneta per andare avanti si prende a credito! A Roma mancano i soldi e, come avviene dal 1860, i primi a pagare sono Sud e Sicilia. Se volete la nostra opinione, la Regione siciliana non vedrà i 650 milioni di euro né quest’anno, né nei prossimi anni: è tutta una presa per i fondelli!. E, con molta probabilità, non vedrà nemmeno i 200 milioni di euro imputati al 2022 da erogare nel 2023…. Più tardi vi racconteremo il resto della conferenza stampa di ieri.
Foto tratta da Siciliani Liberi
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