Nel MATTINALE di ieri commentando negativamente la cosiddetta legge Salva Sicilia – che a nostro avviso mette a rischio i conti della Regione – avevamo annunciato un approfondimento su un questione che I Nuovi Vespri affronta da quando è in rete: lo scippo, alla sanità siciliana, di circa 600 milioni di euro all’anno a partire dal 2009. Un ‘regalo’ del Governo di Romano Prodi 2006-2008 introdotto con la legge Finanziaria nazionale del 2007, quando Governo e Parlamento nazionali hanno stabilito che, in tre anni, a partire dal 2007, la quota di compartecipazione della Regione siciliana alle spese per la sanità sarebbe passata dal 42% circa a quasi il 50%: cosa che è avvenuta. Nel 2006, per rendere la fregatura per la Sicilia meno amara, la Camera dei deputati inventò un bizzarro meccanismo di restituzione di questi circa 600 milioni di euro all’anno mettendo, nero su bianco, che la somma sarebbe stata restituita alla Regione siciliana con la cessione alla stessa Regione di una quota delle accise petrolifere. Era, già nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati, una mezza presa per i fondelli, che diventerà totale presa per i fondelli nel passaggio della legge Finanziaria 2007 dalla Camera al Senato, quando alla norma verrà aggiunto ‘qualcosa’ che darà facoltà alle burocrazie ministeriali di bloccare la restituzione di queste somme alla Sicilia.
Questi sono i fatti noti già dal 2006. Se ieri non abbiamo scritto su questa storia è perché sono esplose polemiche, sollevate dal gruppo parlamentare che fa capo a Cateno De Luca. Così ci siamo presi qualche ora in più per approfondire meglio la questione. Cominciamo da una domanda: la Regione siciliana ha provato a recuperare queste somme? Ci ha provato il Governo regionale di Raffaele Lombardo nel 2012, assessore all’Economia Gaetano Armao, ma la Corte Costituzionale ha bloccato la restituzione. Ci ha riprovato otto anni dopo il Governo regionale di Nello Musumeci, ancora con Gaetano Armao assessore all’Economia, ma la Consulta ha detto per la seconda volta no. Che ci sia la volontà di non restituire queste somme alla Sicilia non ci sono dubbi. Ma forse andrebbe spiegato bene perché i Giudici delle leggi si sono opposti alla restituzione di queste somme alla Sicilia. A nostro modesto avviso, l’inghippo è stato creato nel passaggio della Finanziaria 2006 dalla Camera al Senato. Sono tre i personaggi che potrebbero illustrare come stanno le cose. Il primo è l’ex parlamentare Franco Piro, che era parlamentare della Camera nel 2006 e ha seguito questa vicenda. La seconda persona è Anna Finocchiaro, che all’epoca dei fatti era senatrice e ha seguito l’iter di questa norma al Senato. La terza persona che potrebbe dire la sua su questo argomento è il citato ex assessore Gaetano Armao.
Intanto, tornando alla cronaca di queste ore, ieri, con qualche giorno di ritardo, il parlamentare regionale Cateno De Luca, grande esperto di contabilità pubblica e molto ‘ferrato’ in materia di Bilancio regionale, ha sollevato la polemica sull’accordo siglato lo scorso 16 Dicembre dal presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, e – supponiamo – dall’assessore all’Economia, Marco Falcone. De Luca contesta l’accordo firmato a Roma dai governanti siciliani: “Con questo accordo la Regione rinuncia definitivamente ad oltre 9 miliardi di euro per avere da parte dello Stato appena 200 milioni di euro. Questa erogazione viene effettuata una tantum solo per consentire a Schifani di tentare di fare un raffazzonato Bilancio della Regione del 2023”. A De Luca ha replicato in modo molto approssimativo il vice presidente della Regione e assessore all’Agricoltura, Luca Sammartino: “Temo che l’onorevole Cateno De Luca, politico di esperienza, non abbia avuto il tempo di leggere le carte e questo lo ha indotto a sbagliare la sua analisi. Infatti il credito non è stato mai realmente riconosciuto da nessuno. Anzi, ci sono due sentenze della Corte Costituzionale che vanno esattamente nella direzione opposta. La prima è la 246 del 2012, quando la Regione impugnò il Bilancio dello Stato proprio in merito a queste risorse e la Consulta considerò la richiesta inammissibile. La seconda è la 62 del 2020 con la quale è stato accolto il ricorso dello Stato contro la legge regionale 8 del 2018 che metteva in bilancio somme riferibili a questo presunto credito. Proprio da quest’ultima decisione è arrivato l’invito della Corte a trovare un accordo tra i due governi. Dopo 15 anni, per la prima volta – conclude Sammartino – c’è un Governo regionale che ha ottenuto dei risultati concreti: l’intesa, infatti, non riguarda solo i 200 milioni di euro ma prevede altri benefici economici per la Regione siciliana anche nel 2023 e negli anni successivi. Inoltre, viene stabilito il principio che lo Stato deve rivedere il meccanismo di partecipazione della Regione alla spesa sanitaria”.
Ci chiediamo e chiediamo: l’onorevole Sammartino ha letto i pronunciamenti della Corte Costituzionale che cita? Lo sa che nell’accordo siglato lo scorso 16 Dicembre dal Governo regionale con il Governo nazionale non vengono quantificati i soldi che lo Stato dovrà restituire alla Sicilia, come scrive lo stesso Sammartino, “anche nel 2023 e negli anni successivi”? Lo Stato ha scippato al Fondo sanitario regionale siciliano circa 200 milioni di euro nel 2007, circa 400 milioni di euro nel 2008 e circa 600 milioni di euro all’anno dal 2009 ad oggi e l’attuale Governo regionale firma un accordo rinunciando al pregresso per avere solo 200 milioni di euro per quest’anno, senza sapere quanto lo Stato restituirà, citiamo sempre le parole dell’onorevole Sammartino, “anche nel 2023 e negli anni successivi”? Non ci sembra un accordo lungimirante, onorevole Sammartino. La realtà, onorevole Sammartino, è che il partito del quale lei fa parte, la Lega – con il Ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti – sta completando l’opera iniziata nel 2006 dal Governo Prodi, ovvero finire di affossare la Sicilia e l’Autonomia siciliana. La sua, vice presidente Sammartino, con rispetto parlando, sembra una difesa d’ufficio pasticciata e demagogica. Forse su questa vicenda, in difesa dell’Autonomia della Regione siciliana, dovrebbe intervenire il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, che, peraltro, può contare su uffici e personale che sanno benissimo come stanno le cose. Noi intanto ci auguriamo che in Assemblea regionale siciliano si materializzi una mozione per censurare l’accordo assurdo firmato dal Governo regionale: i deputati che voteranno contro questa mozione se ne assumeranno la responsabilità verso i siciliani che sono i veri derubati. Ci sembrano fuori luogo le dichiarazioni degli esponenti del PD e del Movimento 5 Stelle. Il PD è il partito che ha distrutto le finanze regionali mortificando l’Autonomia finanziaria della Regione siciliana. Che oggi attacchino l’attuale Governo regionale è semplicemente tragicomico. I grillini hanno governato l’Italia per cinque anni e non hanno fatto nulla per la Sicilia e per le finanze regionali. Oggi parlano e attaccano l’attuale Governo regionale. Ma che credibilità possono avere questi personaggi?
Proviamo adesso a ricostruire cosa c’è scritto nella legge Finanziaria nazionale del 2007 (Legge n 296/2006) che comma recita: “Nelle norme di attuazione di cui al comma 831, è riconosciuta la retrocessione alla Regione siciliana di una percentuale non inferiore al 20 e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale; tale retrocessione aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, come disposto dal comma 830. Alla determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2″. Come può notare, onorevole Sammartino, la sua frase ” il credito non è stato mai realmente riconosciuto da nessuno” non racconta la verità, perché la Finanziaria nazionale del 2007 riconosce il credito della Regione siciliana.
Andiamo ai ‘numeri’. Il 20% nel 2007 era pari a 332 milioni di euro (importo lievitato nel tempo). Al 2022 lo Stato deve pagare alla Regione siciliana, solo per le accise , l’importo di 4.980.000.000. Sulla questione , inoltre, un fondamentale chiarimento è nella sentenza n. 145/2008 della Corte Costituzionale dove è prevista la funzione della Commissione Paritetica. È, invece, fondata la questione relativa al terzo periodo del censurato comma 832, ai sensi del quale la determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere (o riconoscere) alla Regione è effettuata “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previo parere della Commissione Paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione siciliana”. Abbiamo chiesto ‘lumi’ a chi su tale materia ne sa più di noi. Da qui la spiegazione: la disposizione che attribuisce alla Commissione Paritetica l’ulteriore competenza ad emettere parere circa la misura di detto importo incide sui poteri e sulle funzioni previsti dallo Statuto speciale per tale Commissione, perché non si limita a individuare l’ambito delle modifiche da apportare alle norme di attuazione statutaria in materia finanziaria, ma crea – con una legge statale ordinaria – una speciale funzione consultiva non prevista dallo Statuto di autonomia e, al tempo stesso, sottrae alla medesima Commissione il potere di stabilire essa stessa, con le norme di attuazione dello Statuto, anche le modalità per la determinazione dell’importo annuo delle accise da retrocedere alla Regione. Siamo arrivati al cuore di questa storia: la Corte Costituzionale prevede che sia la Commissione Paritetica – dove due rappresentanti sono della Regione – a determinare quanta parte delle accise devono essere ogni anno attribuite alla Regione siciliana per far fronte agli oneri della assistenza sanitaria. La sanità regionale (al 2020 9.234.616,064 di euro all’anno di cui 4.535.119.949 euro a carico della Regione) si sarebbe potuta iniziare a finanziare con il gettito delle accise se la questione fosse stata affrontata dalla Commissione Paritetica. Grazie anche alla pronuncia della Corte Costituzionale si sarebbe potuto definire in modo molto favorevole alla Regione siciliana la questione sanità: la Regione si sarebbe accollata l’intero onere ma a fronte di maggiori entrate certe la cui misura sarebbe stata determinata dalla Commissione Paritetica. Più chiaro di così…
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