L’ultimo suo concerto Fabrizio De Andrè lo tenne il 13 agosto del 1998 a Roccella Ionica, in Calabria. “Tra una canzone e l’altra – leggiamo in un articolo di Esquire – parlò degli squatter, a cui disse di voler dedicare una canzone, definì l’allora ministro Giorgio Napolitano (che allora era Ministro degli Interni ndr) ‘l’unico extracomunitario d’Italia’, disse che senza la ‘ndrangheta la disoccupazione in Calabria sarebbe stata ben peggiore. ‘Non pensi di esagerare?’, gli chiesero quando scese dal palco. ‘Col cazzo che esagero’, rispose lui”. Ovviamente, le sue parole vennero strumentalizzate. Chi le strumentalizzava era in malafede. De Andrè, senza bisogno di essere economista, ma solo un artista di grande sensibilità sociale (e di grande cultura) stava soltanto dicendo che lo Stato, in Calabria e, in generale, nel Sud era assente: e che se era la ‘ndrangheta a dare lavoro ai calabresi, ebbene, questo succedeva perché della Calabria e, in generale, del Sud, lo Stato italiano se ne fregava.
Sull’Italia, del resto – e sul senso dello Stato e delle istituzioni in Italia – De Andrè aveva un’idea chiarissima che ribadirà nelle celebre canzone Don Raffaè:
“…Prima pagina, venti notizie
Ventun’ingiustizie e lo Stato che fa
Si costerna, s’indigna, s’impegna
Poi getta la spugna con gran dignità…”
Tratto da: Quando Fabrizio De Andrè difendeva la Calabria e il Sud
Foto tratta da Wikipedia
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