Non è facile capire cosa sta succedendo in Cina con il Covid. Non è facile perché la Cina non ha motivo di fornire tutte le informazioni agli altri Paesi del mondo. Non è facile perché, in questo momento, è in corso uno scontro tra area del dollaro statunitense e i Paesi del BRICS, che non sono solo Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ma tanti altri Paesi del mondo, dal Medio Oriente all’Africa, fino al Sudamerica, tutti Paesi che si sono stancati di sottostare a una moneta speculativa – il citato dollaro americano – e da tempo lavorano a una nuova divisa alternativa al dollaro americano. Oltre alla gestione, come dire?, geopolitica della pandemia c’è anche una questione sanitaria. Perché l’infezione da Coronavirus SARS COV 2 sta colpendo duro solo in Cina? I problemi che oggi la Cina affronta sarebbero legati a due questioni. Prima questione: il brusco abbandono delle restrizioni operato dalla Cina in seguito a rivolte popolari con molta probabilità fomentate da soggetti esterni alla stessa Cina; l’allentamento delle restrizioni in città ad alta densità di popolazione ha fatto salire il numero delle infezioni. Seconda questione: la presenza di una variante del virus – nota come BF.7, variante che presenterebbe una velocità di trasmissione più elevata rispetto ad altre varianti, con un periodo di incubazione più breve e con una maggiore capacità di infettare le persone. I soggetti colpiti da questa variante possono presentare vari sintomi: febbre, tosse, mal di gola, naso che cola e possono sentirsi piuttosto affaticati. Una minoranza può anche presentare problemi gastrointestinali come vomito e diarrea.
Noi, oltre ad informarci leggendo vari giornali, anche sulla situazione relativa alla Cina, attingiamo le notizie dai report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi. Grazie a queste letture, sappiamo che la variante BF.7 e, supponiamo – trattandosi di un Coronavirus – tutte le sottovarianti di BF7 sono presenti anche in India, negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri Paesi europei come Belgio, Germania, Francia e Danimarca. Ebbene, in nessuno di questi Paesi tale variante sta creando preoccupazione. Possiamo così ipotizzare che la Cina che, come già ricordato, ha allentato bruscamente le restrizioni, potrebbe avere problemi di gestione sanitaria. Alcune nostre fonti di istanza a Pechino, cominciando a citare qualche esempio, ci hanno riferito che in questi giorni, davanti ai crematori, hanno visto in fila dozzine di carri funebri. Questa è una notizia che leggiamo su vari giornali. Forse alcuni hanno interesse ad amplificarla, altri meno. Ufficialmente il Governo cinese dice che i decessi sarebbero pochissimi. Il governo cinese, in queste ultime ore, non ha segnalato nuovi decessi per causa COVID-19. Come già ricordato, a seguito delle proteste di inizio mese il governo di questo Paese ha iniziato a smantellare la propria politica “zero-COVID” che aveva in gran parte tenuto sotto controllo il virus per tre anni, anche se con un costo economico e psicologico enorme. Leggendo i report di Puglisi si può ipotizzare che il brusco cambio di rotta, ovvero la drastica riduzione delle restrizioni, ha colto impreparato il fragile sistema sanitario cinese. Gli ospedali sono in difficoltà nel fornire posti letto e cure. Le farmacie sono a corto di farmaci. Le autorità stanno correndo per costruire cliniche speciali. Gli esperti prevedono che la Cina potrebbe affrontare più di un milione di morti per COVID nel corso del prossimo anno.
Ovviamente nessuno saprà esattamente se tutti questi decessi saranno stati causati dal COVID. Anche perché, il governo cinese, contrariamente a quanto avvenuto da noi in piena pandemia, sta utilizzando una definizione molto ristretta per classificare i decessi per causa COVID. Martedì scorso la National Health Commission, infatti, ha dichiarato che solo i decessi causati da polmonite e insufficienza respiratoria nei pazienti che hanno avuto riscontrato il virus sono classificati come decessi COVID. In questa classificazione come si può ben immaginare mancano “molti casi”. Sappiamo benissimo che coaguli di sangue, problemi cardiaci e sepsi, quali risposte estreme del corpo all’infezione, nonché altre complicanze mediche, hanno causato innumerevoli morti tra i pazienti COVID in tutto il mondo. Dall’epicentro nel nord della Cina, le infezioni si sono già diffuse verso sud, compreso il delta del fiume Yangtze, vicino a Shanghai. A Pechino il picco si prevede nelle prossime settimane. A Wang si aspetta che l’ondata di COVID raggiunga il picco alla fine di Gennaio. Quanto sta succedendo in Cina può costituire un pericolo per il mondo intero? Se il problema è legato a una carente risposta della sanità cinese alla nuova ondata della variante BF.7 non ci dovrebbero essere grandi problemi, se è vero che in altri Paesi del mondo dove questa variante è già presente non si sono verificati aumenti delle infezioni. Almeno fino ad ora è così. Però va ricordato che si tratta di un Coronavirus ad Rna che, in quanto tale, è ad alta deriva antigenica. Che significa? Semplice: significa che siamo in presenza di un virus che muta in continuazione. E’ probabile che in giro, in tutto il mondo, ci saranno già sottovarianti della variante BF.7 e altre varianti. Insomma, la certezza che in altre parti del mondo non ci possano essere problemi non c’è. Certo, in Cina ci sono un miliardo e 300 milioni di abitanti e, come già ricordato, ci sono città super-popolate dove le persone vivono ammassate e, di conseguenza, con una più elevata possibilità di contrarre l’infezione: e di questo si deve tenere conto.
E allora? L’NHC ha minimizzato, affermando che la probabilità di nuovi ceppi più patogeni è molto bassa. Paul Tambyah, presidente dell’Asia Pacific Society of Clinical Microbiology and Infection, non è pessimista, insomma non crede che il mondo si trovi di fronte ad una minaccia. “È probabile che il virus – dice lo scienziato – si comporti come ogni altro virus umano e si adatti all’ambiente in cui circola diventando più trasmissibile e meno virulento”. Sarà così? Dalle parti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono un po’ più pessimisti. Da quello che abbiamo capito leggendo qua e là le dichiarazioni di esponenti dell’Oms, la presenza dell’ondata potenzialmente devastante che sta colpendo la Cina avrà comunque conseguenze, specie se si materializzeranno pe previsioni catastrofiche sul numero di decessi in Cina. In estrema sintesi, se la situazione si metterà male in Cina, l’Oms non potrebbe certo dichiarare la fine dell’emergenza pandemica globale. Nel frattempo, da più parti, leggiamo rei report di Puglisi, è arrivata la piena disponibilità ad aiutare la Cina a mitigare una eventuale crisi che potrebbe riguardare le catene di approvvigionamento e che potrebbe danneggiare l’economia globale, ove vi fosse una interruzione dei flussi di merci. In questo momento si sa che le imprese di vendita al dettaglio e di servizi finanziari sono state duramente colpite dalla carenza di personale. In affanno anche il settore manifatturiero cinese. E’ noto che se l’economia cinese rallenta – che è quello che si sta verificando – gli effetti riguardano tutto il mondo: si riduce il consumo di petrolio, la Cina riduce l’export e, volendo, anche le importazioni. I problemi riguardano soprattutto i Paesi che, per produrre certi beni – è il caso dell’informatica, ma non soltanto dell’informatica – dipendono dai semilavorati cinesi. Per concludere, la guerra in Ucraina ha innescato una recessione globale, la crisi pandemica cinese potrebbe accentuarla.
Foto tratta da Sanità Informazione