In un canale Telegram leggiamo che, nelle previsioni per il 2023 della grossa banca d’affari danese, Saxo Bank, c’è l’ipotesi assai probabile che Cina, India e i Paesi dell’ OPEC+ usciranno dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), di proprietà dei Rotschild, e creeranno una nuova attività di riserva e un’unione di compensazione internazionale. A questo passaggio si uniranno alcuni Paesi africani, alcuni Paesi asiatici e il Brasile. Sì, la banca d’affari danese i mette anche il Brasile nonostante il tentativo portato avanti dall’Occidente di bloccare l’inizio dell’addio del Sudamerica all’area del dollaro statunitense. Per la cronaca, ricordiamo che Saxo Bank è una banca danese specializzata in investimenti e transazioni via internet con sede a Copenaghen, un grippo che offre trading attraverso le sue piattaforme online in Forex, azioni, CFD, futures, fondi, obbligazioni e spread su futures. Insomma, è una struttura che conosce molto bene l’andamento dell’economia mondiale e che ogni fine anno si cimenta in alcune previsioni. Tra queste, per il 2023, c’è quanto noi scriviamo da qualche tempo, ovvero una nuova moneta alterativa al dollaro americano. Nulla di nuovo per i lettori de I Nuovi Vespri: si tratta del progetto portato avanti dal BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), creando una nuova divisa alternativa al dollaro statunitense negli scambi internazionali. Con molta probabilità, la guerra in Ucraina non è altro che una risposta degli Stati Uniti alla strategia del BRICS. In parole semplici, per frenare la strategia anti-dollaro gli americani stanno seminando il caos nel mondo.
Nella strategia statunitense non c’è solo la guerra in Ucraina. Le elezioni presidenziali in Brasile, ad esempio, potrebbero essere state un altro tassello della strategia americana. Ricordiamo che in Brasile l’informazione occidentale, prima delle elezioni presidenziali, dava in vantaggio Lula, l’antagonista del presidente uscente, Bolsonaro. Basta per questo per capire che Bolsonaro era in netto vantaggio e che nelle elezioni brasiliane si sarebbe infilata la solita ‘manina’. E così è stato: Bolsonaro era in netto vantaggio in tutte le province del Brasile, ma alla fine, di strettissima misura, vinceva Lula, personaggio controverso, rimesso in pista dopo una lunga vicenda giudiziaria. Bolsonaro, ovviamente, contesta il risultato elettorale. Gli americani non amano Bolsonaro, perché ha sposato la strategia alternativa al dollaro statunitense. Tutt’oggi non si sa come finirà in Brasile, dove Lula, eletto per una controversa e contestata manciata di voti, non sembra avere la forza per governare. Ma questo per gli americani conta poco: l’importante è seminare il caos e creare problemi al Brasile nel BRICS. Anche se ci sembra improbabile che Lula – ammesso che riesca a insediarsi – contesti l’alleanza del Brasile con la Cina e, in generale, la presenza dello stesso Brasile nel BRICS.
Il caos, oltre che in Ucraina e in Sudamerica (ricordiamo che, in queste ore, è stato arrestato il presidente del Perù, il socialista Pedro Castillo), dovrebbe proseguire in Europa. Da qualche giorno, infatti, i rapporti tra Serbia (appoggiata da Cinesi e russi) e Kosovo (appoggiato dagli americani e non sappiamo fino a che punto dall’Unione europea…) sono ai ferri corti. Non è da escludere che una vicenda tutto sommato banale si possa trasformare in qualcosa di simile una nuova guerra nel cuore dell’Europa. I rapporti che si deteriorano di giorno in giorno tra serbi e kosovari sono un’altra testimonianza palmare del fallimento dell’Unione europea a ‘trazione’ tedesca che, dopo essere rimasta senza gas russo, con un’economia che va a rotoli, al di là delle fesserie che raccontano i giornali ‘europeisti’ e occidentali, rischia di ritrovarsi una nuova guerra in casa tra Kosovo e Serbia. Tutto questo mentre una doppia inchiesta travolge il Parlamento europeo (rapporti impropri con il Qatar da parte di alcune figure di spicco della vita parlamentare: inchiesta della Magistratura penale europea) e la Commissione europea (gestione piuttosto disinvolta della pandemia: inchiesta della Corte dei Conti europea).
E’ in questo scenario che si inseriscono le previsioni di Saxo Banck sull’economia mondiale. Di fatto, la banca di affari danese prevede una tempesta nel Fondo Monetario Internazionale. Con i Paesi che lavorano per indebolire l’area del dollaro statunitense che puntano senza tentennamenti a “creare una unione internazionale di compensazione (ICU)” e anche un nuovo asset di riserva, “il Bancor (ticker KEY)”. Da quello che si capisce, non è da escludere che i Paesi del BRICS abbiano l’intenzione di tornare al sistema monetario di Bretton Woods. Come scrive FINANZA ON LINE, l’obiettivo potrebbe essere quello di ispirarsi “all’idea dell’economista britannico John Maynard Keynes di ricostruire un sistema monetario internazionale senza che ci sia un Paese egemone. Saxo Bank – prosegue l’articolo di FINANZA ON LINE – prevede una conferenza epocale che si riunirà ad Astana, Kazakhistan, e che riunirà i leader dei Paesi Opec+, la Cina continentale, di Hong Kong, di India, del Brasile, del Pakistan, dei Paesi dell’Asia centrale e decine di Paesi dell’Unione Africana”. Il ritorno agli accordi di Bretton Woods significherebbe la fine dell’economia monetaria speculativa e il ritorno alle monete agganciate all’oro. Non a caso, leggiamo ancora su FINANZA ON LINE, “l’oro volerà fino a quota $3000, balzando dunque del 70% rispetto ai valori attuali, attorno a $1.778 l’oncia”. C’è il rischio, insomma, che le monete sganciate dall’oro diventeranno ‘carta straccia’?
Foto tratta da Italia Oggi