La Ue si è ‘rimangiata’ il Nutriscore e il “No” alla promozione con i fondi europei di carni salumi e vini/ MATTINALE 884

9 dicembre 2022
  • Ma attenzione: la Ue è stata costretta a fare marcia indietro soprattutto per la crisi economica provocata dalla guerra in Ucraina. Ma la ‘Santa Inquisizione Alimentare’ dell’Unione europea è sempre in agguato
  • L’offensiva contro le carni, i salumi e i vini italiani è stata bloccata anche per le contraddizioni ‘europeiste’ (considerare i vini dannosi per la salute, ad esempio, avrebbe colpito anche la Francia, Paese favorevole al Nutriscore)  
  • Il folle attacco all’olio extra vergine di oliva da parte del Nutriscore avrebbe fatto saltare l’accordo della Ue con la Tunisia per fare ‘invadere’ l’Europa da olio d’oliva tunisino
  • Le considerazioni espresse un anno e mezzo fa dal presidente del Sinalp Sicilia, Andrea Monteleone, sono sempre attuali 

Ma attenzione: la Ue è stata costretta a fare marcia indietro soprattutto per la crisi economica provocata dalla guerra in Ucraina. Ma la ‘Santa Inquisizione Alimentare’ dell’Unione europea è sempre in agguato

Sarà per la crisi economica che oggi non risparmia l’Unione europea, al di là delle bugie messe in giro per cercare di nascondere la realtà. Sarà che la proposta di eliminare alcuni cibi dalle tavole europee, a cominciare da salumi e carni e persino il vino, non è mai stata molto convincente. Sarà perché, alla fine, chi avrebbe voluto iniziare a debellare gli allevamenti animali si è scontrato con la realtà fatta di milioni di cittadini europei che non sembrano molto felici di questa prospettiva. Sarà perché i possibili ‘sostituti’ della classica carne, gli insetti, convincono solo certi europeisti-fondamentalisti. Insomma, sarà per questi e per altri motivi, fatto sta che carni, salumi e vino potranno continuare ad essere promossi con i fondi dell’Unione europea. E’ noto che i protagonisti del cosiddetto Nutriscore – il ‘Semaforo verde’ per i cibi buoni e il ‘Semaforo rosso’ per i cibi cattivi – avrebbero voluto iniziare sin dalla fine di quest’anno a ‘bocciare’ i cibi definiti ‘cattivi’, tagliando i fondi per la promozione. Tra i cibi cattivi gli ‘scienziati’ dell’alimentazione hanno piazzato le carni rosse, tutti i salumi, il vino e persino, anche se in modo più sfumato, l’olio extra vergine di oliva. Dopo di che gli europeisti-oltranzisti della tavola, che vorrebbero entrare nelle case dei circa 500 milioni di cittadini europei per imporre la loro dieta, sono stati travolti dalle loro stesse contraddizioni. I francesi, ad esempio, che insieme con tedeschi e belgi e anche olandesi non sono certo estranei al Nutriscore, alla fine hanno dovuto fare i conti in casa. Perché a produrre i vini non è solo l’Italia. Anche i francesi, fino a prova contraria, sono grandi produttori di vino. E cominciare a tagliare i fondi europei al settore della promozione dei vini, alla fine, avrebbe colpito anche i vini francesi. Un autogol che gli stessi francesi hanno evitato.

 

L’offensiva contro le carni, i salumi e i vini italiani è stata bloccata anche per le contraddizioni ‘europeiste’ (considerare i vini dannosi per la salute, ad esempio, avrebbe colpito anche la Francia, Paese favorevole al Nutriscore)  

Ciò posto, va detto che nell’Unione europea rimane, per ora sottotraccia, un atteggiamento moto fastidioso che sa tanti di Santa Inquisizione dietetica. E’ il caso dell’attuale Governo olandese che, la scorsa Estate, ha provato ad eliminare circa 30 mila allevamenti perché “la carne fa male alla salute”. Ora, che mangiare carne in eccesso non sia un toccasana per il nostro fisico è fuor di dubbio; ma eliminare completamente la carne dalle tavole, facendo sparire nel nulla circa 30 mila allevatori, come hanno cercato di fare in Olanda la scorsa Estate, scatenando una protesta popolare, ci sembra un po’ eccessivo. Però, attenzione, la promozione, o meglio, le risorse finanziarie per promuovere vini, carni e salumi non sono state abolite, e questa è una vittoria per il Made in Italy alimentare. Ma il Nutriscore è sempre lì, pronto per essere rispolverato non appena le condizioni economiche lo consentiranno. Perché la ristretta cerchia di ‘europeisti’ che riesce a condizionare le scelte della Commissione europea, approfittando anche del fatto che il Parlamento europeo non sempre è in grado di bloccare le scelte dell’esecutivo, è sempre in agguato. Ma cos’è alla fine questo Nutriscore? Vediamolo per grandi linee di tratteggiarlo. Tutto parte dalla Commissione europea che ha deciso, ignorando la volontà dei cittadini e del Parlamento europeo, di introdurre un’etichettatura nutrizionale obbligatoria che avrebbe dovuto essere adottata entro la fine di quest’anno. La Francia – che ha interessi enormi nell’agroalimentare – era partita lancia in resta. E’ francese, infatti, l’invenzione del Nutriscore, ovvero l’immagine di un semaforo che assegna un colore ad ogni alimento in base al livello di zuccheri, grassi e sale calcolati per 100 grammi di prodotto. Non ci vuole molto a capire che i cibi con semaforo “verde” sono da preferire ai cibi a semaforo “rosso”. Guarda caso, i cibi a semaforo “rosso” sono, per esempio, i formaggi e i salumi italiani noti in tutto il mondo, le pizze, i dolci e, non ci crederete, anche l’olio extra vergine di oliva che, secondo i ‘filosofi’ del Nutriscore farebbe male alla salute! Questi prodotti, che guarda caso sono tutti italiani, verrebbero così penalizzati, mentre i prodotti agroalimentari francesi, tedeschi e belgi verrebbero favoriti. L’agroalimentare italiano ha forti legami con il proprio territorio (cioè con l’agricoltura), mentre i prodotti a semaforo “verde” di Francia, Germania e Belgio (che sono i tre Paesi sponsor del Nutriscore) sono in parte legati ai propri territori e in parte legati a prodotti ‘costruiti’ artificialmente con la chimica…

 

Il folle attacco all’olio extra vergine di oliva da parte del Nutriscore avrebbe fatto saltare l’accordo della Ue con la Tunisia per fare ‘invadere’ l’Europa da olio d’oliva tunisino

Già, i cibi artificiali e, in generale, i cibi alternativi. Oggi possiamo affermare che il primo assalto a carni, salumi, vino e allo stesso olio d’oliva extra vergine è fallito. Ma cantare vittoria sarebbe un errore. Sull’olio d’oliva, ad esempio, la Commissione europea ha dovuto rivedere la propria posizione perché esiste un accordo con la Tunisia, in base al quale l’olio d’oliva tunisino invade l’Europa, a cominciare dall’Italia. Si tratta di prodotto che arriva in Europa al prezzo di 1-2 euro al chilogrammo, per essere messo in commercio a 4 euro a bottiglia (bottiglie che, di solito, sono poco meno di un litro). Si tratta di uno dei tanti imbrogli dell’Unione europea, perché, ufficialmente, nei supermercati e nei centri commerciali non si trovano mai bottiglie di olio d’oliva extra vergine o di olio di oliva con la scritta “Olio d’oliva extra vergine o Olio d’oliva prodotto in Tunisia” (per la cronaca, anche per essere precisi con i nostri lettori, olio d’oliva extra vergine e olio d’oliva sono due prodotti diversi: l’extra vergine presenta un’acidità espressa in acido oleico inferiore all’1%, mentre l’olio d’oliva presenta un’acidità maggiore). Ufficialmente tutto l’olio d’oliva extra vergine e tutto l’olio d’oliva tunisino che arriva nell’Unione europea viene esportato: ma c’è il dubbio che le cose non stiamo proprio così. Ebbene, sull’olio d’oliva l’Unione europea si è rimangiato tutto, perché non può far entrare a fiumi l’olio d’oliva tunisino e poi bandirlo dalle tavole dei consumatori europei dicendo che fa male alla salute! Insomma, in alcuni casi il Nutriscore è stato travolto dalle proprie contraddizioni.

 

Le considerazioni espresse un anno e mezzo fa dal presidente del Sinalp Sicilia, Andrea Monteleone, sono sempre attuali 

Tutto a posto, allora? Non esattamente. Per ora, complice anche la guerra in Ucraina – che ha creato una crisi economica spaventosa e che continuerà a produrre crisi, perché la stessa guerra in Ucraina proseguirà chissà per quanto tempo ancora – Nutriscore e blocco della promozione di alcuni prodotti agricoli e agroalimentari sono stati messi da parte. Ma sarebbe un errore pensare che la guerra contro i fondamentalisti del cibo è definitivamente vinta. Perché dietro non ci sono soltanto esagitati, ma anche interessi economici precisi, descritti un anno e mezzo fa dal presidente del Sinalp Sicilia, Andrea Monteleone, che ha denunciato “la distruzione dell’eccellenza del cibo italiano con l’imposizione del famigerato Nutriscore gradito dalle multinazionali dell’alimentazione… Le multinazionali dell’alimentazione o come va di moda del ‘food’ pressano, anche attraverso l’Unione europea, affinché passi il loro sistema di ‘controllo’ e distribuzione degli alimenti. Il voler imporre un sistema di alimentazione completamente scollegato con i territori e le loro caratteristiche peculiari è l’obiettivo di queste grandi aziende. Poter produrre e commercializzare prodotti totalmente scollegati da storia cultura e territorio è il fine ultimo di questa battaglia. Ci rendiamo conto che queste multinazionali, con l’alleanza dell’Europa, ragionano esclusivamente in termini di business e non tengono assolutamente conto della qualità del prodotto. Spacciare alcuni prodotti come ‘migliori’ rispetto ai prodotti tipici dei nostri territori solo perché non contengono zucchero ma poi vengono trattati con dolcificanti chimici secondo il nostro modesto parere non è certamente corretto. Purtroppo snaturare e distruggere il sistema alimentare italiano, che si è formato nei secoli grazie a condizioni uniche ed irripetibili, sembrerebbe essere l’unico obiettivo di queste multinazionali e dei loro ‘utili idioti.”. Il sindacato Sinalp ha toccato un tema delicatissimo, ovvero l’alleanza tra alcuni Paesi del Nord Europa e le multinazionali: “Le sei sorelle del ‘Big Food mondiale’ – diceva un anno e mezzo fa Monteleone – senza origini e storia, Coca-Cola, Mars, Mondelez, Nestlé, PepsiCo e Unilever hanno annunciato che sono disponibili ed interessate ad adottare il modello dell’etichetta a semaforo del Nustriscore. Se passasse questa idea dell’alimentazione, imposta dalle multinazionali, sarebbe la fine del cibo Made in Italy e quindi la distruzione del nostro sistema di medie e piccole imprese che sono leader nel settore. Avere un consumatore che ragiona esclusivamente in termini di prodotto/prezzo e di prodotto e contenuti di grassi, zuccheri e calorie sarebbe la fine dell’Italia e del Sud in particolar modo. Nessuno vuol negare che i formaggi sono dei concentrati di grassi, ma sono delle eccellenze proprio per quel mix di sostanze e di territorio che ne rendono unico il prodotto, basta mangiarne il giusto quantitativo senza eccedere. Etichettare queste eccellenze come prodotti a rischio salute è voler combattere la concorrenza delle eccellenze italiane semplicemente eliminandole”. “Tutti sono consapevoli – spiegava sempre Monteleone un anno e mezzo fa – che un ‘normale’ uso di questi prodotti non solo non arreca alcun danno alla salute di tutti noi, ma sicuramente allieta il palato rendendoci consapevoli delle nostre eccellenti tipicità. Se dovesse passare il concetto che il cibo è buono se è industriale allora sarà la fine della nostra storia alimentare. Alcune eccellenze del made in Italy esportate in tutto il mondo, come l’olio d’oliva extra vergine, la pizza, la pasticceria siciliana, gli insaccati, i formaggi, i vini non hanno eguali nel mondo, ed eccellono grazie alle caratteristiche e diversità possedute, fondamentali per trasformare un prodotto in qualcosa di unico ed irripetibile. Con l’imposizione di questo semaforo Nutriscore che l’Europa vuole imporre, si darà il via alla produzione e commercializzazione del cibo spazzatura senza alcuna identità, storia e qualità del prodotto stesso e delle materie prime utilizzate. Già oggi le multinazionali della GDO presenti in Italia ci impongono la loro idea di alimentazione imponendoci i loro prodotti realizzati in stabilimenti ubicati in ogni parte del mondo e senza alcun riconoscimento e controllo della qualità, ma solo della quantità di prodotto realizzato e dell’abbattimento del costo di produzione. Come Sinalp invitiamo i cittadini, interessati a difendere la nostra identità storica e sociale, soffermandosi, per esempio, nel bancone dei vini di questi supermercati stranieri per assistere alla quasi totale assenza di vini italiani a fronte di una notevolissima presenza di vini provenienti da Stati esteri che non hanno alcuna tradizione vinicola. Basterebbe questa semplicissima analisi per renderci conto di cosa la globalizzazione ci sta imponendo alimentazione compresa”. Parole di un anno e mezzo fa sempre attuali.

Foto tratta da Informatore Zootecnico – Edagricole        

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