Tra tutte le notizie che leggiamo su quanto sta avvenendo in queste ore in Perù (a destra foto iStok), dove sta andando in scena la destituzione del presidente socialista, Pedro Castillo, non troviamo grandi spiegazioni. Il capo dello Stato di questo Paese è finito addirittura in galera per sedizione. Gli hanno appioppato dieci giorni di carcere preventivo. Perché? Per cercare di comprenderlo dobbiamo tornare indietro, ai giorni della sua elezione. Partendo da un dato che, forse, è la vera spiegazione di quanto sta avvenendo: Castillo è un uomo politico di estrazione popolare ed è considerato di sinistra, con venature marxiste. In un Sudamerica dove gli Stati Uniti perdono forza, la matrice politica di Castillo non è stata per lui un buon viatico. Ricordiamo che il Perù, poco più di 33 milioni di
Insomma, un Paese di grandi potenzialità in grado di attrarre investimenti esteri, grazie anche a un contesto economico favorevole, con i costi di produzione contenuti. Questo spiega il perché, quando Castillo, leader del partito Perù Libero, è stato eletto capo dello Stato è successo un mezzo ‘casino’ internazionale. Ha vinto al ballottaggio battendo Keiko Fujimori, leader del partito Forza Popolare. Il quale ha accusato il suo avversario di brogli elettorali. Manovra non riuscita, se è vero che la Giuria elettorale, dopo circa 40 giorni di riconteggio dei voti, ha definito “infondate” le accuse di Fujimori. Ma, dopo il suo insediamento, il nuovo presidente non ha avuto vita facile, perché in Parlamento il partito del presidente più contare su appena 13 seggi in più. Ricordiamo che Castillo è di estrazione socialista marxista e la sua elezione ha creato aspettative tra i ceti meno agiati, ma anche paure tra la minoranza che controlla le leve dell’economia. Castillo non è partito in quarta, perché sapeva che sarebbe stato fatto fuori subito. Ma forse la scelta del primo ministro non è stata molto azzeccata. Castillo ha designato Guido Bellido, che gode di una fama, come dire?, un po’ sopra il rigo: secondo molti mezzi d’informazione il capo del Governo sarebbe stato simpatizzante del gruppo terroristico Sendero Luminoso, presente nel Perù sin dagli anni Settanta. Tra l’altro, Bellido era già nell’occhio del ciclone prima della sua nomina a capo del Governo peruviano con un’accusa di apologia del terrorismo, non si è mai capito fino in fondo se vera o presunta. L’unica cosa che si sa è che era molto vicino a Castillo. Era, perché lo stesso Castillo a un certo punto ha capito di avere sbagliato e l’ha messo da parte, nominando al suo posto Mirtha Vásquez, ex Presidentessa del Parlamento peruviano ed esponente di una sinistra moderata. Ma la situazione non è migliorata. A chi in Perù detiene le leve dell’economia – che ancora oggi sembrano legate all’Occidente – la presenza di Castillo e di un Governo di sinistra, anche se moderato, non va bene. Anche il passo indietro di Castillo sull’elezione di un’Assemblea costituente non ha convinto gli attuali capitalisti che oggi comandano, di fatto, in Perù.
Il presidente Castillo e i governi che ha cercato di portare avanti sono naufragati. E non sono bastate le sostanziali marce indietro sulla riforma agraria e sulla riforma fiscale promesse in campagna elettorale. La verità è che Castillo, pur avendo rinunciato a mettere in discussione i crismi del liberismo economico, è incompatibile in un Paese che non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso il peso dell’Occidente oggi ultra-liberista e globalista. Oggi il Sudamerica è in subbuglio. Il Brasile ha aderito al BRICS e, con molta probabilità, in questo Paese, sono state ‘taroccate’ le elezioni per fare perdere il presidente uscente Bolsonaro. L’Occidente, per l’occasione, ha rimesso in pista l’ex presidente di sinistra Lula. Che avrebbe vinto le elezioni per un soffio. In verità, mezzo Brasile non crede in questo ‘soffio’ che ha riportato al potere un presidente accusato di reati gravi e finito in galera. Noi abbiamo seguito le elezioni presidenziali brasiliane. In quasi tutte le Regioni del Brasile Bolsonaro era in vantaggio, ma poi, come per magico incanto, risultava vincente, per pochissimi voti, Lula. Ovviamente, in Brasile tanta gente non è convinta della bontà delle elezioni e ancora oggi ci sono proteste popolari. Noi ci chiediamo che farà adesso Lula, ammesso che si arriverà a insediare: farà uscire il Brasile dal BRICS, che già da tempo lavora a una divisa alternativa al dollaro americano, o proseguirà sulla strada di Bolsonaro il ‘cattivo’ (secondo i demenziali e screditati media occidentali), che ha posizionato il Brasile in alleanza con Cina e Russia? E’ in questo scenario che si inserisce l’attacco al presidente del Perù Castillo. Ma dubitiamo che, così facendo, gli occidentali manterranno il controllo del Sudamerica, un Continente che ormai è in piena ribellione contro l’economia criminale ultra-liberista e globalista.
Foto di Pedro Castillo tratta da Calabria7
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