Con la globalizzazione dell’economia i problemi e i contraccolpi che vanno in scena in un grande Paese come la Cina si riverberano in mezzo mondo. Vero è che, con molta probabilità, gli Stati Uniti d’America, ormai messi male ovunque, soffiano sul fuoco delle rivolte dei Paesi non allineati con il dollaro, ma i giochi che si mettono in moto sono così complicati che ormai non è più possibile controllarne gli effetti. Al limite, i problemi, se è possibile, si usano. Gli americani, che sono in grandissima difficoltà nella guerra per procura in Ucraina, sperano che le rivolte in Cina contro le restrizioni per il Covid mettano in difficoltà questo Paese, grande alleato e sostenitore della Russia. Solo che gli stessi statunitensi si debbono ‘sciroppare’ un abbassamento del prezzo del grano, poiché, come illustra l’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, “i mercati delle materie prime e delle azioni sono stati colpiti dalla preoccupazione per l’impatto delle rare proteste in Cina contro la sua severa politica anti-COVID-19”. E la Cina? Dà un colpo al cerchio e una alla botte. Nessuno ancora ha capito se in questo Paese c’è un ceppo del virus più aggressivo, o se la riduzione delle attività, soprattutto nel settore informatico, punti a mettere in difficoltà i giganti del Web americani, alla Apple e Google: in verità questa seconda ipotesi sembra la più plausibile. Non solo. Nei giorni scorsi i cinesi hanno fatto girare la voce che avrebbero allentato le restrizioni e gli investitori si sono fiondati sul mercato azionario cinese che ha guadagnato poco più di 5 punti! Insomma, i cinesi, anche nella finanza, stanno diventando faine…
Foto tratta da Il Fatto Quotidiano