Sul Titanic

Il MIAS rilancia sull’Autonomia differenziata chiedendo l’applicazione dello Statuto siciliano

Condividi
  • Il MIAS (Movimento per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia) non sembra essere contrario all’Autonomia differenziata, a patto che la Sicilia possa applicare il proprio Statuto. La questione dei LEP
  • Non solo il centrodestra che oggi governa l’Italia ma anche il centrosinistra è sempre stato favorevole all’Autonomia differenziata
  • Lo scivolone del MIAS sulla natura dello Statuto siciliano
  • La Sicilia punti all’Autonomia nel rispetto dell’unità politica dello Stato  
  • Applicando gli articoli 36 e 37 dello Statuto la Sicilia non avrebbe più problemi finanziari

Il MIAS (Movimento per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia) non sembra essere contrario all’Autonomia differenziata, a patto che la Sicilia possa applicare il proprio Statuto. La questione dei LEP

Nel dibattito sull’Autonomia differenziata interviene con un comunicato il MIAS, il Movimento per l’Indipendenza e l’Autonomia della Sicilia, presieduto da Umberto Mendola. E lo fa con un ragionamento politico un po’ diverso da quello che in generale si legge da quando tale argomento è oggetto di dibattito politico. I lettori dei I Nuovi Vespri sanno molto bene cos’è l’Autonomia differenziata, perché su tale questione abbiamo scritto decine di articoli. L’ultimo con il MATTINALE dello scorso 21 Novembre. Semplificando al massimo, le Regioni del Nord, con la scusa di andare a gestire alcune competenze che ancora oggi sono gestite dallo Stato, si vogliono tenere tutte le imposte. Ogni Regione – questo il ‘succo’ del ragionamento delle Regioni del Nord – si terrà le proprie imposte. Ovviamente, siccome le Regioni del Nord sono economicamente più sviluppate ci saranno meno risorse per la cosiddetta fiscalità generale. In pratica, niente più solidarietà tra Regioni ricche e Regioni del Su derubate dal 1860-1861, da quando esiste la disgrazia della ‘presunta’ unità d’Italia. In realtà, prima di applicare questa riforma dovrebbero essere calcolati i LEP, i Livelli Essenziali delle Prestazioni, per evitare che le Regioni del Sud rimangano carenti in materia di asili nido, scuole, sanità e via continuando con la spesa sociale. E qui arriverà il primo, vero banco di prova del Governo di Giorgia Meloni. Se l’Autonomia differenziata – che, già di per sé, sotto il profilo costituzionale è piuttosto discutibile – verrà applicata senza i LEP saremo in presenza di uno sputtanamento del Governo Meloni, del centrodestra e dei partiti del centrodestra che prendono voti nel Sud e in Sicilia: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia. Il MIAS non sembra essere contrario all’Autonomia differenziata, a patto che la Sicilia possa applicare il proprio Statuto. Ma andiamo per ordine.

 

Non solo il centrodestra che oggi governa l’Italia ma anche il centrosinistra è sempre stato favorevole all’Autonomia differenziata

Intanto ricordiamo che anche il centrosinistra esce male da questa storia. Oggi i presidenti delle Regioni Campania e Puglia, rispettivamente Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, entrambi esponenti del PD, sono critici nei riguardi dell’Autonomia differenziata. Ma ricordiamo che l’Autonomia differenziata, nell’Autunno del 2019, non è stata applicata solo perché è esplosa la pandemia. Il passato recente non si può cambiare, se è vero che l’allora Ministro del PD, Francesco Boccia, era pronto per applicare l’Autonomia differenziata. Ebbene, allora non ricordiamo particolari e vivaci proteste di De Luca ed Emiliano. Del resto, il candidato alla segretaria del Partito Democratico, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, è un sostenitore dell’Autonomia differenziata. Se ne deduce che l’opposizione di alcuni esponenti del PD meridionale all’Autonomia differenziata non è affatto convincete e sembra il tentativo di conservare i voti degli abitanti di Campania e Puglia che, ovviamente, non saranno certo felici dell’Autonomia differenziata ‘nordista’, che altro non è che una sorta di ‘Secessione dei ricchi’.

 

Lo scivolone del MIAS sulla natura dello Statuto siciliano

Fatta questa doverosa premessa, per ricordare che, fino ad oggi, Forza Italia, Lega e PD sono stati partiti ferocemente antimeridionali – e sospendendo il giudizio sul Governo Meloni e su Fratelli d’Italia in attesa di capire cosa faranno con l’Autonomia differenziata – andiamo al comunicato del MIAS. “Il decentramento dei poteri amministrativi e gestionali dello Stato – leggiamo nel comunicato del MIAS – prende le mosse, nel lontano 1946, da quel Regio Decreto n. 455 a firma Umberto II Re d’Italia con il quale il Sovrano – nel tentativo di acquietare gli animi del Popolo Siciliano che aveva preso le armi contro il potere statale e sognava una propria indipendenza – concesse una vasta autonomia alla Sicilia in materie le più diverse, dalla Sanità alla libertà di iniziativa imprenditoriale, al Commercio, all’istruzione, anche in tema di edilizia ed urbanistica e perfino in materia valutaria, concedendo al Governo della Regione Siciliana la facoltà di “emettere prestiti interni” e cioè sostanzialmente di battere moneta”. Qui c’è il primo errore: lo Statuto siciliano è un accordo di origine pattizia tra due soggetti – quello siciliano e quello italiano – che nel 1946 erano sullo stesso piano proprio perché la Sicilia era scesa in armi per pretendere l’Autonomia. Ed era sceso in armi contro lo Stato italiano allora monarchico. Nessuna concessione, ma un accordo alla pari tra la monarchia italiana e la Sicilia. Ed è un po’ strano che dobbiamo ricordare questo particolare, che certamente non è secondario, a un partito indipendentista.

 

La Sicilia punti all’Autonomia nel rispetto dell’unità politica dello Stato  

“Le vicende della storia ed i partiti italiani – prosegue il comunicato del MIAS – hanno però costantemente ritardato la perfetta attuazione delle previsioni normative di rango costituzionale che lo Statuto di Autonomia della Regione Siciliana vantava da decenni, in anticipo perfino sulla previsione di cui agli articoli 116 e seguenti della Costituzione. La stessa Costituzione che, all’interno della sua prima parte (quella relativa ai diritti fondamentali), al suo art. 5 prevede proprio il dovere dello Stato di adeguare la propria produzione normativa al più ampio decentramento. Il processo di maturazione della ‘autonomia differenziata’, iniziatosi con le interlocuzioni parlamentari tra le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e successivamente anche Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania con il Governo Nazionale, ha portato alla definizione di pre-accordi cristallizzati nel documento del 28/02/2018 dimostrando che l’attuazione del principio di sussidiarietà non solo è possibile ma è anche doveroso nei confronti di quelle Regioni che abbiano le capacità di gestire le problematiche afferenti alle materie oggetto di decentramento del potere. Il MIAS, quale Partito Politico Regionalista ed Autonomista, si pone quale strumento di attuazione di quelle norme di rango costituzionale (poiché recepite nell’Ordinamento Giuridico della Repubblica Italiana con Legge Costituzionale n. 2 del 1948) contenute in quel Regio Decreto n. 455/1946 che ancora oggi giacciono inattuate (totalmente o parzialmente) in attesa di ricevere completa realizzazione all’interno del quadro normativo regionale, nel rispetto dell’unità politica dello Stato. Ciò che, quindi, per le altre Regioni d’Italia rappresenta la conquista di una autonomia e di un decentramento per i quali i rispettivi Consigli Regionali hanno cercato di raggiungere intese con il Governo Centrale, per la Regione Siciliana è (o, almeno dovrebbe essere) una realtà acquisita ed operante già da svariati decenni, ma che ancora oggi difetta di vere norme di attuazione intese a concretizzare ciò che nel 1946 il Governo monarchico aveva pionieristicamente concesso precorrendo i tempi ed anticipando le istanze autonomiste che oggi con rinnovato vigore vengono portate avanti da altre Regioni. In questo panorama il MIAS si fa carico di promuovere e di fare rispettare le originarie concessioni all’autonomia regionale mediante azioni a carattere giudiziario anche mediante la proposizione di interventi forti”.

 

Applicando gli articoli 36 e 37 dello Statuto la Sicilia non avrebbe più problemi finanziari 

A parte il secondo scivolone con l’uso, per la seconda volta, della parola “concesso”, il ragionamento politico del MIAS è interessante. In pratica, non c’è la critica all’Autonomia differenziata, ma l’invito ad applicarla anche in Sicilia, con “vere norme di attuazione” egli articoli dello Statuto. Il discorso non fa una grinza. Già applicando soltanto gli articoli 36 e 37 dello Statuto autonomistico siciliano la Sicilia non dovrebbe avere più problemi economici e finanziari. Ci permettiamo, però, di ricordare che le norme di attuazione dello Statuto siciliano, con riferimento all’articolo 36 dello Statuto, sono state stravolte nel 2016, quando lo Stato – con il voto del Parlamento nazionale e del Parlamento siciliano – ha deciso di tenersi una parte delle imposte che, a norma dello Statuto, spettano per intero alla Sicilia, a cominciare da IVA e IRPEF. Accordo siglato dal Governo nazionale di Matteo Renzi e dal Governo regionale di Rosario Crocetta, entrambi esponenti di centrosinistra, ma mai contestato dagli esponenti del centrodestra. Anzi, per completezza d’informazione, va detto che è stato il Governo regionale di centrodestra di Nello Musumeci, nel Gennaio del 2018, a siglare l’assurdo accordo sull’IVA con lo Stato che toglie alla regione soldi che, lo ribadiamo, a norma dello Statuto, sono della Regione siciliana. Per la cronaca, a firmare questo accordo a Roma non andarono il presidente della Regione Musumeci e il vice presidente della Regione nonché assessore all’Economia, Gaetano Armao. Mandarono a Roma l’allora assessore alle Infrastrutture, Marco Falcone, oggi assessore all’Economia, quasi un ‘premio’ per l’ottimo lavoro che lo stesso Falcone ha fatto nel Gennaio del 2018… Quanto all’articolo 37 dello Statuto – la Regione che si tiene le imposte delle imprese che operano in Sicilia ma con sede sociale fuori dalla Sicilia – non possiamo che dare ragione al MIAS: l’Autonomia differenziata è l’occasione buona per applicare questo articolo dello Statuto. Se le Regioni del Nord si terranno tutte le imposte che incassano ci sembra corretto che le imprese estere e le imprese del Nord Italia che lavorano in Sicilia paghino le imposte alla Regione siciliana.

Pubblicato da