La settimana politica e parlamentare siciliana si apre oggi all’insegna delle divisioni tutte interne al centrodestra. In ballo, in prima battuta, c’è la nomina dei dodici assessori della Giunta del presidente della Regione, Renato Schifani. In seconda battuta ci sarebbe l’elezione dei due vice presidenti del Parlamento siciliano e, in generale, del consiglio di presidenza: cinque deputati questori e tre deputati segretari. Tutto dovrebbe avvenire in questa settimana. Nel secondo caso – cioè per l’elezione del nuovo Consiglio di presidenza – il condizionale è d’obbligo, perché non sappiamo come finirà con l’attuale clima politico piuttosto acceso. Da quello che si capisce, ci sono divisioni profonde sia all’interno di Fratelli d’Italia, sia all’interno di Forza Italia. Sembrerebbe che i vertici romani del partito di Giorgia Meloni vorrebbero in Giunta l’ex parlamentare regionale grillina, Elena Pagana, oggi espressione di Fratelli d’Italia, e il consigliare comunale di Palermo, Francesco Scarpinato. La cosa non va giù al presidente Schifani, che vuole solo assessori eletti deputati all’Ars (ad eccezione di Giovanna Volo, la tecnica che dovrebbe gestire l’assessorato alla Salute-Sanità) e non va giù, soprattutto, ai quattro parlamentari regionali di Fratelli d’Italia che dovrebbero entrare nel Governo, perché con le nomine dei due esterni sponsorizzati – a quanto sembra in modo molto deciso dalla segreteria nazionale di Fratelli d’Italia – due deputati regionali resterebbero fuori dal Governo. Lo scontro c’è e oggi, per provare a trovare una mediazione, è previsto un vertice del partito di Giorgia Meloni a Palermo, con la partecipazione dei coordinatori regionali Salvo Pogliese e Giampiero Cannella.
Non va meglio dalle parti di Forza Italia, dove si sussurra che quella che si annuncia come la corrente che fa capo a Gianfranco Miccichè potrebbe cominciare a dare battaglia già in occasione della votazione per eleggere il Consiglio di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Miccichè, come abbiamo ricordato qualche giorno fa, è stato il protagonista della mancata ricandidatura del presidente uscente, Nello Musumeci. Ma la sua battaglia politica vinta se, da un lato, ha portato alla presidenza della Regione, come lui voleva, un esponente di Forza Italia, dall’altro lato si è rivolta contro di lui, perché fino ad ora ha perso su tutta la linea. Ha subito l’elezione di Roberto Lagalla a Sindaco di Palermo, non ha nemmeno provato a forzare sulla sua ricandidatura alla presidenza del Parlamento siciliano e non avrà ciò che ha chiesto, ovvero l’assessorato alla Salute-Sanità. Forse il suo gruppo potrebbe acciuffare un assessorato ma non è nemmeno detto questo. Perché, messo fuori da tutto, Miccichè, come si sussurra, potrebbe dare vita a un gruppo parlamentare autonomo, partendo magari dall’appoggio esterno al Governo Schifani per avere le mani libere in Aula.
Tirando le somme di questa fase politica siciliana, non è esagerato affermare che il Governo Schifani non sta partendo con il piede giusto. In questo momento le divisioni interne al centrodestra sembrano prevalere su tutto il resto. Le nostre sono solo previsioni, perché le divisioni politiche e parlamentari, se sono vere, si dovranno verificare in Aula, quando si capirà quanti parlamentari seguiranno Miccichè e quanti saranno gli eventuali dissidenti tra i parlamentari di Fratelli d’Italia nel caso in cui dovesse prevalere la linea della segreteria nazionale di Fratelli d’Italia con la nomina di due assessori esterni al Parlamento dell’Isola. Qua e là leggiamo che Schifani terrebbe la barra del timone bloccata sulla nomina di assessori scelti esclusivamente tra i parlamentari regionali. Ma ci chiediamo a cosa servirebbe uno scontro tra l’attuale presidente della Regione siciliana e i vertici del più grande partito italiano che oggi esprime il capo del Governo con la segretaria del partito, Giorgia Meloni. Soprattutto con una Regione che vive una stagione finanziaria che definire problematica è un eufemismo, se è vero che, di fatto, la Corte dei Conti per la Sicilia ha chiesto alla politica siciliana un taglio di circa 2 miliardi di euro dal Bilancio regionale 2023: cosa, questa, che, se applicata, renderebbe impossibile la gestione dell’amministrazione regionale. In parole più semplici, ora più che mai, a Roma, la Sicilia ha bisogno della sponda di un Governo nazionale solidale. In questi casi dovrebbe vincere la politica, che è l’arte della mediazione non certo delle divisioni! In parole crude: il presidente Schifani l’accordo con i vertici romani di Fratelli d’Italia lo deve trovare non tanto e non soltanto per l’agibilità politica e parlamentare del suo Governo, quanto perché sennò va ‘a mare’ la Sicilia che negli ultimi dieci anni ha subito scippi finanziari romani senza fine.
E le opposizioni? PD e Movimento 5 Stelle non dovrebbero fare sconti al Governo, mentre in una posizione attendista troviamo gli 8 parlamentari di Cateno De Luca, che potrebbero esercitare un ruolo diverso dall’opposizione classica. Già durante l’elezione del nuovo presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, De Luca e i suoi hanno dato prova di sapersi ritagliare un ruolo attivo e fattivo nelle dinamiche del gioco d’Aula. Ma questo, in ogni caso, lo potremo vedere dopo la nomina degli assessori della Giunta Schifani, che dovrebbe materializzarsi stasera, dopo il vertice di Fratelli d’Italia, o domani mattina.
Foto tratta da La Sicilia