Come capita ormai un giorno sì e l’altro pure, bella guerra in Ucraina la propaganda prende il posto dell’informazione. Il presidente ucraino Zelensky, sostenuto da quasi tutti i media occidentali, parla di una grande vittoria a a Kherson, dimenticando che non c’è stata alcuna avanzata dei militari ucraini, ma che sono stati i russi a lasciare questa città don gli impianti elettrici distrutti. Zelensky, che forse ha capito il momento di incertezza degli americani, divisi tra chi vuole continuare la guerra e chi vuole trovare subito un accordo con la Russia di Putin. Ormai non tutto il Partito Democratico americano è favorevole al proseguimento del conflitto in Ucraina, vuoi perché la crisi economica ‘morde’, vuoi perché i risultati elettorali dei Democratici nelle elezioni di metà mandato sono stati disastrosi, se è vero che il Partito tiene un minimo grazie ai soliti voti ‘postali’ anche se ormai non si sa quanto l’America possa tollerare questa forma di brogli elettorali legalizzata. Al di là della disinformazione, chi, nel Partito Democratico americano vuole subito la pace guarda al ritiro dei russi da Kherson con grande preoccupazione. E’ il caso del Capo di Stato Maggiore, Mark Milley, che chiede esplicitamente negoziati con i russi. Milley, che guarda alla ritirata dei russi da militare esperto e non da politico motiva la sua opzione per il dialogo con la Russia perché sa che l’arrivo dell’Inverno provocherà problemi alla popolazione priva di centrali elettriche e di altre infrastrutture che l’esercito russo ha distrutto in modo sistematico prima di andare via. Il capo di Stato Maggiore statunitense sa anche che il freddo rallenterà la guerra a tutto vantaggio dei militari russi che si prepareranno a riprendere l’iniziativa militare all’inizio della Primavera, magari con armi che non hanno ancora utilizzato.
Mentre l’ucraina di Zelensky festeggia il rientro a Kherson – avvenuto dopo qualche giorno, perché i militari ucraini temevano imboscate – gli americani pensano ad altro. La solita informazione di parte nei Paesi occidentali dà i Democratici in rimonta alle elezioni di metà mandato ma le cose non stanno affatto così, come racconteremo in un altro articolo. E poi c’è l’economia americana che non riesce a cambiare registro, nonostante la ‘cura da cavallo’ con pesanti aumenti dei tassi di interesse imposti dalla FED, la Banca Centrale americana. Questo perché, con molta probabilità, l’inflazione ha sì una componente monetaria, ma ci sono altri fattori inflazionistici che gli americani non controllano più, come i mercati internazionali dei beni alimentari dove, pur tra alti e bassi, la freccia, come segnala la FAO, rimane all’insù. Gli americani guardano con grande preoccupazione alle condizioni di contesto, che non annunci8ano nulla di buono. La Russia, con la sua enorme produzione di grano, in stretta coordinazione con la Cina, è in grado di determinare il prezzo del grano, a fronte di aree del mondo dove la siccità ha distrutto le coltivazioni, dal Medio Oriente all’Africa. Gli interlocutori di questi Paesi non sono più gli occidentali, che contano sempre meno, ma Russia e Cina. La mossa dell’Algeria, Paese dell’Africa piuttosto esteso che detiene immensi giacimenti di gas, che ha chiesto ufficialmente di entrare nel BRICS proprio mentre la Russia si accinge a ‘giocare di sponda’ con l’Inverno nella guerra in Ucraina preoccupa gli Stati Uniti d’America. Ed è una preoccupazione ben riposta, se è vero che già da tempo il BRICS, ovvero il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica lavorano per la creazione di una valuta alternativa al dollaro statunitense per gli scambi commerciali internazionali. Se adesso al BRICS si aggiungerà l’Algeria gli americani rimarranno scoperti anche su questo fronte.
Il fatto che Finlandia e Svezia abbiamo aderito alla NATO e, quindi, all’area del dollaro statunitense non risolve i problemi americani. Anche la strategia seguita in Brasile, rilanciando alle elezioni Lula per fare perdere il ‘cattivo’ Bolsonaro che ha schierato questo Paese contro gli americani, è una strategia tutta da verificare. Non è detto, infatti, che il socialista Lula rinneghi il BRICS per portare il Brasile nell’area del dollaro americano; per non parlare del fatto che in Brasile, anche se i media occidentali non ne parlano, non si sa come andrà a finire, perché milioni di cittadini brasiliani hanno il dubbio che le elezioni elettroniche sia state alterate, ora dal voto elettronico ‘addomesticato’, ora dalla Magistratura schierata contro Bolsonaro. In tutto questo l’Argentina, alle prese con una siccità che ha provocato danni enormi ai raccolti, sembra sempre più intenzionata a rivedere i rapporti con l’Occidente, che fino ad oggi ha solo sfruttato questo Paese. Insomma, se, da un lato, la NATO negli ultimi vent’anni ha ‘accerchiato’ la Russia, la grande alleanza del BRICS con i suoi alleati sembra stia ‘accerchiando’ a propria volta l’Occidente. Questo è uno dei motivi per i quali gli anglosassoni – Stati Uniti e Inghilterra – se, da un lato, hanno ottenuto un grande risultato rallentando la crisi dell’area del dollaro con la guerra in Ucraina, provocando molto caos nei mercati internazionali, oggi non hanno più interesse a tenere in piedi la guerra in Ucraina, perché debbono occuparsi di chi li sta ‘accerchiando’.
E l’Europa? E’ messa molto male. Cina e Russia, che oggi sono in totale sintonia con l’Africa, lavorano ai fianchi i Paesi europei che hanno inviato armi in Ucraina. Pensare che l’arrembaggio dei migranti che arrivano dal Nord Africa in Italia, tra ‘assalto’ senza sosta a Lampedusa e con il via vai delle navi targate ONG nel Mediterraneo sia un fatto estraneo allo scontro tra area del dollaro statunitense e Cina e i suoi alleati è da stolti. In questo momento la pressione dei migranti ha incasinato l’Italia e creato problemi tra Italia e Francia: proprio quello che vogliono Cina e Russia. In più la Francia, Paese con i governanti mai così nervosi, teme che la strategia cinese e russa comincia a seminare zizzania tra i 15 Paesi africani che ancora oggi controlla: anche in questo caso, sono preoccupazioni, quelle francesi, ben riposte. Una nuova guerra di liberazione anti-francese in Africa? E’ presto per dirlo ma lo scenario internazionale attuale non la esclude. E’ per questo che i francesi sono così nervosi? Chi ha capito cosa sta succedendo è il Cancelliere tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, che qualche settimana fa si è letteralmente catapultato a Pechino per parlare con il presidente di questo Paese, Xi Jinping. Scholz ha capito l’antifona ed è andato a trattare direttamente con la Cina. La Germania ha almeno due priorità: deve assolutamente scongiurare che la Turchia apra le frontiere e lasci passare i 4-5 milioni di profughi che trasformerebbero la Germania in una Lampedusa elevata all’ennesima potenza; e deve rilanciare la propria economia messa alle corte dalla mancanza di gas russo e dalla riduzione drastica dell’export. Piano piano l’Unione europea va ‘evaporando’. Per questo la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, se vuole prendere un po’ di ‘respiro’ su migranti e su altro ancora dovrebbe fare quello che ha fatto il Cancelliere Scholz: andare subito a Pechino a parlare con Xi Jinping. Per chi ancora non l’avesse capito oggi i migranti – quelli che arrivano dall’Africa e quelli ‘prigionieri’ in Turchia – sono strumenti utilizzati per ‘incasinare’ e dividere i Paesi ‘nemici’.
Foto tratta da Tgcom24 – Mediaset Infinity