- Ci voleva un grandissimo impegno in negativo contro se stesso per passare dagli allori della dorata presidenza dell’Assemblea regionale siciliana al nulla: ebbene, Gianfranco Miccichè c’è riuscito… Ma come ha fatto?
- L’inciucio siciliano bloccato fa Giuseppe Conte?
- Non è che il leader del Movimento 5 Stelle vuole ‘svuotare’ il PD?
- Cateno De Luca ha detto che Gianfranco Miccichè non ha avuto coraggio. Non è che ha ragione?
Ci voleva un grandissimo impegno in negativo contro se stesso per passare dagli allori della dorata presidenza dell’Assemblea regionale siciliana al nulla: ebbene, Gianfranco Miccichè c’è riuscito… Ma come ha fatto?
Ha fatto tutto lui e oggi non sa cosa fare. Ha fatto il diavolo a quattro per bloccare la ricandidatura del presidente uscente della Regione siciliana, Nello Musumeci. Alla fine è passata la sua linea e Musumeci ha lasciato il Governo dell’Isola. Dopo di che Gianfranco Miccichè – che aveva già preso una batosta alle elezioni comunali di Palermo – ha perso su tutta la linea. La battaglia politica di Miccichè è partita al grido: “Il candidato del centrodestra alle elezioni regionali siciliane deve essere un esponente di Forza Italia”. E l’hanno accontentato: l’uomo forte di Fratelli d’Italia in Sicilia, Ignazio La Russa, ha tirato fuori il nome di Renato Schifani, berlusconiano della prima ora, già presidente del Senato. E Miccichè, che magari pensava di giocare la carta di Stefania Prestigiacomo, è rimasto fregato. Il sogno di Miccichè sarebbe stato quello di portarsi dietro alcuni dei suoi e sostenere la candidatura alla guida della Sicilia di Caterina Chinnici insieme con PD e Movimento 5 Stelle. Ma tutto è tramontato quando è spuntata la candidatura di Cateno De Luca alla presidenza della Regione. All’inizio lo hanno sottovalutato, poi hanno capito che De Luca avrebbe preso una barca di voti. Il colpo di grazia al possibile inciucio PD, ‘pezzi’ di Forza Italia e grillini a sostegno della candidata del partito Democratico, Caterina Chinnici, è arrivato quando il leader nazionale del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha imposto ai suoi in Sicilia di rompere con il PD. A questo punto Miccichè, che dal 2008 fa entra ed esci da Forza Italia di Sicilia, è stato costretto a ‘sciropparsi’ la candidatura di Schifani.
L’inciucio siciliano bloccato fa Giuseppe Conte?
Le elezioni siciliane sono andate come dovevano andare: vittoria del centrodestra con Schifani eletto presidente e Miccichè che si guarda intorno. Tentare la rielezione alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana? Ci poteva stare. sarebbe successo un casino politico ma ci poteva stare. Quanto meno si poteva tentare. Il Governo di centrodestra di Schifani, nel Parlamento siciliano, sulla carta, conta su 40 deputati su 70, le opposizioni su 30 deputati. Miccichè avrebbe dovuto portare con sé 5 deputati di Forza Italia più il suo voto e il gioco sarebbe riuscito: 11 voti del PD, 11 voti dei grillini, 8 voti dal movimento di Cateno De Luca più i 6 di Forza Italia in totale sarebbero stati 36 su 70: maggioranza assoluta. Ma… Ma se gli 8 deputati di Cateno De Luca e, alla fine, anche gli 11 deputati del PD lo avrebbero sostenuto, non altrettanto può dirsi degli 11 deputati del Parlamento siciliano del Movimento 5 Stelle, ormai marcati a vista da Conte. Ed è da Conte che, con molta probabilità, è partito lo stop all’inciucio. Proviamo a illustrare il perché.
Non è che il leader del Movimento 5 Stelle vuole ‘svuotare’ il PD?
A Roma il leader dei grillini sta giocando una partita di prospettiva politica. Conte sa che il centrodestra governerà l’Italia per cinque anni. E sa anche che mentre il suo partito è un partito con un elettorato di opinione, il PD è invece un partito con elettorato di apparato clientelare. I prossimi appuntamenti elettorali sono le elezioni regionali e poi le europee. Conte se ha che il Governo Meloni, piano piano, toglierà tutto il sottogoverno al PD facendogli perdere consensi e sa anche che per guadagnare voti sul PD deve imporre la propria linea politica in un’ipotetica alleanza alle elezioni regionali. Conte potrebbe guadagnare consensi imponendo, soprattutto alle elezioni regionali del Lazio la sua linea politica, a cominciare dal secco “No” al termovalorizzatore di Roma; se il PD non si piegherà e lo stesso Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle andranno divisi vincerà le elezioni senza storia il centrodestra, il PD perderà consensi che, in parte, andranno ai grillini. Se il PD, nel Lazio, si piegherà alla linea dei grillini, ebbene, Conte sarebbe il vincitore e guadagnerebbe lo stesso consensi anche a scapito del PD. In questo scenario se i grillini siciliani avessero sostenuto l’inciucio di Miccichè in Sicilia con il PD, Conte si sarebbe indebolito a Roma: da qui lo stop dei grillini all’inciucio siculo. La partita si gioca solo nel Lazio, perché alle elezioni regionali in Lombardia, con la candidatura di Letizia Moratti, già berlusconiana di ferro, con Matteo Renzi e Carlo Calenda, il centrosinistra è spaccato. I grillini non voteranno mai per la Moratti appoggiata da Renzi e Calenda; così, in Lombardia, il PD si trova tra due fuochi: andare con il trio Moratti-Renzi-Calenda con i grillini che presenteranno un proprio candidato, o andare con i grillini contro il trio Moratti-Renzi Calenda. Ora, in Lombardia il centrodestra unito è già forte, figuriamoci se non vincerà agevolmente con un centrosinistra diviso.
Cateno De Luca ha detto che Gianfranco Miccichè non ha avuto coraggio. Non è che ha ragione?
Anche in questi ‘giochi’ romani e lombardi si è infranta la strategia di Gianfranco Miccichè. Cateno De Luca ha rimproverato a Miccichè di non avere avuto coraggio. Secondo De Luca, Miccichè avrebbe dovuto comunque candidarsi alla presidenza dell’Assemblea regionale. Ha ragione? Forse sì. Certo, senza gli 11 voti grillini Miccichè sarebbe partito da 24 voti o giù di lì. Ma, dall’altra parte, avrebbe potuto pescare tra i grillini dissidenti e tra i ‘malpancisti’ del centrodestra, con riferimento soprattutto a Fratelli d’Italia, dove è in corsa la ‘scanna’ per accaparrarsi gli assessorati e, in seconda battuta, le presidenze della Commissioni legislative. A nostro avviso, con il caos che abbiamo visto con l’elezione di Gaetano Galvagno alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana non è detto che lo stesso Galvagno, con la candidatura di Miccichè, ce l’avrebbe fatta. E’ un’ipotesi, certo, ma è una partita che Miccichè si è rifiutato di giocare. Forse perché non è arrivato il sì da Berlusconi? In effetti, il leader di Forza Italia, che ha sempre protetto il suo pupillo siciliano, questa volta non sembra sia intervenuto. Lo stiamo vedendo con l’assessorato alla Salute-Sanità: Miccichè lo rivendica, non ci capisce se per sé o per qualche suo fedele. Almeno fino ad oggi non sembra che la sanità siciliana finirà a Miccichè. Dobbiamo veramente credere che Berlusconi non sia nelle condizioni di chiamare Schifani e imporre Miccichè alla guida della sanità siciliana? Non ci crediamo proprio! Se Berlusconi non l’ha fatto fino ad oggi e se non lo farà è perché non lo vuole fare. Così oggi Miccichè sembra sia rimasto solo a ballare l’alligalli (metafora di una celebre canzone di Edoardo Vianello). Con Musumeci presidente aveva almeno due assessorati e la presidenza del Parlamento siciliano; con la ricandidatura di Musumeci avrebbe potuto giocare con più forza la carta della sua ricandidatura alla guida del Parlamento dell’Isola. Invece ha voluto strafare e adesso sogna rivalse: “Ne vedremo delle belle”, dice chiudendo un’intervista a Live Sicilia. P’accamora – come si usa dire in Sicilia – rischia d’aviri sulu l’occhi pi chianciri…
Foto tratta da Il Fatto Quotidiano
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