di Andrea Piazza
All’anagrafe Antonio Calogero Montante da Serradifalco ( CL ), un figlio di Sicilia che è stato al vertice di Sicilindustria, Presidente di Unionecamere Sicilia della Camera di Commercio di Caltanissetta, nonché responsabile legalità di Confindustria nazionale rimasto sulla cresta dell’onda dal 2007 al 2014. Dopo questo folgorante periodo di interregno è venuto meno, cadendo in disgrazia come un gigante senza ‘montante’ subissato dall’avvio di complesse inchieste giudiziarie. Lo scorso 8 Luglio 2022 è stato condannato dalla Corte di Appello di Caltanissetta ad 8 anni di reclusione, pena ridotta in forza degli effetti premiali del rito abbreviato, per avere strutturato una catena di connivenze dentro e fuori le istituzioni, dossieraggio contro gli avversari, lettere anonime, incursioni dentro la banca dati del Viminale, esposti all’autorità giudiziaria anche nella logica di ritorsioni trasversali nell’interesse finalizzato ad intimidire e piegare ai voleri della consorteria. E’ altresì pendente sempre innanzi il foro di Caltanissetta un altro troncone del processo con rito ordinario (più lento e garantista) risaltato agli occhi della cronaca a seguito della decisione del Tribunale di Caltanissetta presieduto da Francesco D’Arrigo che ha disposto di riunire i due processi sul sistema Montante che si celebrano con rito ordinario, ovvero quello che ha preso il via alla fine del 2018, con 17 imputati, e il secondo, iniziato quest’anno, il denominato “Montante bis” con 13 imputati tra esponenti politici, ex assessori regionali, imprenditori e rappresentanti delle forze dell’ordine.
La decisione è stata supportata dalla seguente motivazione: “vista la comunanza di fonti di prove e di lista dei testi, e in considerazione del fatto che si tratta di giudizi tra loro connessi in cui risulta contestato il reato di associazione a delinquere, la riunione non determina ritardo ma ne consente una più rapida esecuzione”.
Il presidente Francesco D’Arrigo ha anche evidenziato che la decisione scaturisce dalla constatazione che “la trattazione con tempistiche diverse da parte di diversi collegi che sono presieduti dal medesimo presidente determinerebbe incompatibilità, e che la ratio dell’istituto di riunione di processi è usata anche al fine di evitare l’incompatibilità”. In questi giorni assistiamo ad un MONTANTE clamore mediatico, perché la decisione di riunione sarebbe stata assunta con il parere sfavorevole della Procura della Repubblica e voci informate dal dissenso di uno dei giudici facenti parte del collegio.
Personalmente, da semplice operatore del diritto ritengo ampiamente condivisibile la decisione del Tribunale motivata da evidenti ragioni di “economia processuale” finalizzate ad evitare duplicazione di attività dibattimentale ed al contempo la necessità di essere maggiormente aderenti ai principi di uniformità ed imparzialità. E’ indubbio che il cosiddetto “spezzatino processuale”, ovvero la celebrazione di singoli processi in relazione a fatti e circostanze ricadenti in unico ed articolato disegno criminoso e/o connessi, astrattamente potrebbe influire ed alterare il diritto costituzionalmente garantito di difesa e determinare su fatti e circostanze comuni esiti processuali diversi, come accaduto con il famoso processo “Talpe alla DDA”. Sotto questo profilo l’unicità costituisce un baluardo da difendere, considerato che tecnicamente una decisione deliberata dall’autorità giudiziaria se non è viziata non può ribaltare il libero convincimento del giudice. Conseguentemente, colui che porta la croce come nel nostro caso il Presidente Francesco D’Arrigo è assolutamente legittimato a decidere come, quando e dove.
Rientrando al personaggio “Montante” titolato nell’articolo un paladino in calza maglia, il riferimento è ovviamente caricaturale ma la sua parabola ascesa e caduta mi porta ad associarlo ad un film americano in bianco e nero (nulla di nuovo….la storia si ripete…) magistralmente interpretato da Humphrey Bogart dal titolo “IL COLOSSO D’ARGILLA”. Personalmente, non ho mai conosciuto il Sig. Antonio Calogero Montante, presumibilmente perché non sono un personaggio notorio e come familiare di vittima di mafia, il mio caro estinto non è entrato nel pantheon delle vittime illustri (sono contento che resti in compagnia dei tanti dimenticati). MA facendo affidamento sul mio carattere, a differenza di tutti gli illustri che hanno condiviso con lui “esclusivamente il momento di ascesa”, avrei diffidato da cotanta personalità e spavalderia, avendo maggiore affinità con le personalità votate al contatto diretto e paritario tra la gente. A mio modesto avviso, resta inesplorato, a differenza della storia del film in precedenza citato, l’identikit di colui o coloro che hanno strutturato e lanciato il personaggio “Antonello Montante”, inducendo i più ad identificarlo come un eroe, un paladino leader vivente, caduto perché non era ma sembrava.
Foto tratta da Antimafia Duemila