- A parlare di un drastico calo della produzione di olio d’oliva italiano è l’Assitol, l’Associazione delle industrie olearia italiane. Perché allora venderlo a prezzi bassi?
- Se la produzione di olio d’oliva si riduce in tutta l’area del Mediterraneo il prezzo non dovrebbe schizzare all’insù?
A parlare di un drastico calo della produzione di olio d’oliva italiano è l’Assitol, l’Associazione delle industrie olearia italiane. Perché allora venderlo a prezzi bassi?
Come finirà quest’anno con l’olio d’oliva extra vergine italiano? O meglio, che olio d’oliva extra vergine arriverà quest’anno nelle tavole degl’italiani? Ci poniamo questa domanda dopo aver letto i dati diffusi da Assitol, l’Associazione delle industrie olearia italiane. Nei giorni scorsi il direttore generale di Assitol, Andrea Carcassi, ha rilasciato una dichiarazione al quotidiano economico Il Sole 24 Ore: “Avevamo parlato di autunno caldo per l’olio d’oliva agli inizi di Settembre. E purtroppo non ci siamo sbagliati. La sproporzione tra consumi e produzione è tale che, di qui alla prossima Estate, potremmo non avere olio a sufficienza per gli scaffali della Grande distribuzione”. I vertici di Assitol dicono che q1uest’anno la produzione di olio d’oliva extra vergine intorno a 200 mila tonnellate, rispetto a un consumo che in Italia si aggira intorno a 600 mila tonnellate. “Senza dimenticare – scrive sempre Il Sole 24 Ore – le circa 400mila tonnellate che sono in media esportate dall’Italia”. Commenta ancora il direttore generale di Assitol: “Lavorare con quantitativi di olio extra vergine così ridotti sarà molto difficile per le aziende, abituate a garantire tutto l’anno i loro prodotti”.
Se la produzione di olio d’oliva si riduce in tutta l’area del Mediterraneo il prezzo non dovrebbe schizzare all’insù?
Lo scenario è complesso in tutta l’area del Mediterraneo. Dove i cambiamenti climatici in corso influenzano in negativo l’attività agricola. Basti pensare che la Spagna – il Paese primo produttore al mondo di olio d’oliva – presenta una flessione della produzione del 50% circa. Giù anche la produzione di olio d’oliva del Portogallo, con una perdita del 30% circa. Meno marcata la riduzione della produzione di olio d’oliva in Tunisia, che si attesta intorno al 16%. Ciò significa che l’Europa verrà invasa dall’olio d’oliva tunisino? Domanda che resta sospesa. Resta da capire perché il Sud Italia, o meglio, le tre Regioni italiane che producono il 90% delle olive da olio del nostro Paese – ovvero Puglia, Calabria e Sicilia – non si stiano organizzando. Se è ancora valida la legge della domanda e dell’offerta, se è vero che siamo davanti a una drastica riduzione della produzione di olio d’oliva extra vergine italiano (e in generale di olio d’oliva, perché l’extra vergine è un segmento – il più importante – della produzione di olio d’oliva), forse i produttori di Puglia, Calabria e Sicilia, piuttosto che vendere il proprio prodotto, peraltro a un prezzo bassissimo – appena 6 euro al Kg – rispetto alla quintuplicazione dei costi di produzione, potrebbero mettere nel conto l’ipotesi di stoccare il proprio prodotto per immetterlo sul mercato quando il prezzo aumenterà. Non sono scelte facili da prendere, soprattutto per le piccole aziende olivicole sottocapitalizzate. Anche perché. come potrebbe osservare qualcuno, c’è sempre la possibilità che, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, il prezzo dell’olio d’oliva – soprattutto di quello extra vergine – potrebbe non aumentare. Perché? Perché in giro potrebbe essere immesso olio d’oliva ‘extra vergine’ arrivato da chissà dove… Però questo, potrebbero osservare altri, costringerebbe i consumatori italiani a riflettere su che olio d’oliva portano sulle proprie tavole…
Foto tratta da Oliocentrica
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