- Io so”
- “Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari”
Nei giorni scorsi ci siamo occupati di Enrico Mattei, il presidente dell’ENI morto in circostanze misteriose il 27 Ottobre del 1962. E l’abbiamo fatto ricordando l’ultimo discorso di Mattei tenuto in Sicilia, a Gagliano Castelferrato, poche ore prima che il suo aereo esplodesse in volo nel cielo di Bascapè, alle porte di Milano. Oggi vogliamo ricordare Pier Paolo Pasolini, poeta e scrittore molto impegnato nel sociale il cui assassinio, avvenuto il 2 Novembre del 1975, è legato proprio alla morte di Mattei. E lo facciamo riprendendo un articolo che Pasolini scrisse per il Corriere della Sera poco meno di un anno prima del suo assassinio. L’articolo s’intitola: “Cos’è questo golpe? Io so”. Paoloni conosceva molto bene l’Italia nera di quegli anni: nera non soltanto perché venata da strisciante fascismo, ma anche perché costellata di stragi e di morti, a cominciare dalle bombe di Piazza Fontana, a Milano, che danno il via alla cosiddetta Strategia della tensione. Da leggere per chi ancora non l’ha fatto il bellissimo libro di Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, Profondo nero, volume che racconta, legandole, le morti di Enrico Mattei, Mauro De Mauro e Piar Paolo Pasolini.
Come faceva a vivere un uomo che sapeva tutto questo?
“Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”. Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Sono ancora inconciliabili in Italia coraggio intellettuale della verità e la pratica politica?
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