Oggi i pastori della Sardegna tornano in piazza. L’appuntamento è a Cagliari, davanti la sede del Consiglio regionale. I pastori sardi criticano la politica regionale e chiedono le dimissioni dell’assessore all’Agricoltura. Anche se la zootecnia sarda è diversa dalla zootecnia siciliana, non possiamo non sottolineare la differenza tra Sardegna e Sicilia, perché i problemi di fondo – con riferimento all’aumento stratosferico dei costi di produzione – sono gli stessi. In Sicilia tutto tace, mentre in Sardegna monta la protesta dei pastori che allevano nella stragrande maggioranza dei casi le pecore; in Sicilia il variegato mondo della zootecnia va avanti senza grandi sussulti, segno che la crisi c’è, ma non è tale da generare proteste. Meglio così. In Sardegna, invece, i pastori sono sul piede di guerra. I pastori sardi – che producono l’80% del latte di pecora italiano – denunciano l’impossibilità di proseguire il proprio lavoro. Se, da un lato, il prezzo del latte non è certo basso – 1,40 euro al litro – dall’altro lato c’è una crescita esponenziale dei costi di produzione – mangimi e, in generale, materie prime, energia, carburanti – che azzera gli utili e, anzi, manda in perdita le aziende. “Poi c’è il capitolo degli aiuti al settore agropastorale – leggiamo in un articolo dell’ANSA – con la nuova Politica Agricola Comune (PAC) 2023-2027 con l’esclusione del comparto ovicaprino dall’ecoschema 1 livello 2, ma anche la mancata convergenza dei pagamenti diretti, si aggiungono la beffa sulle risorse del Psr dove la Sardegna percepirà 115 milioni di euro in meno rispetto alla precedente programmazione e la quasi totale esclusione dell’ovicaprino per il quale sono stati destinati ‘solo 11 milioni di euro per l intero comparto (poco più di 1 euro a capo)’ per i fondi della crisi derivante dalla guerra tra Ucraina e Russia”. Da qui la protesta.
Qualche giorno fa, su La Nuova Sardegna, i pastori sardi hanno illustrato le proprie rivendicazioni: “I politici sardi devono assumersi le loro responsabilità. Giovedì (oggi per chi legge ndr) saremo davanti il Palazzo della Regione per esprimere tutto il nostro malcontento, e cercare delle soluzioni. Presenteremo loro un documento, per poi inviarlo anche al Ministero e alla Commissione Europea per l’Agricoltura, in modo tale che tutti siano a conoscenza del disastro fatto. Noi lasceremo le nostre compagne, spostandoci da tutta la Sardegna per arrivare di fronte quel Palazzo, e gridare a gran voce, tutto quello che stiamo subendo. Il nostro – aggiungono – è un settore ridotto allo stremo da una politica dormiente, o peggio assente, una politica che avrebbe dovuto tutelarci come lavoratori e come cittadini. Confidiamo, nel raggiungimento di una o più soluzioni, utili a farci sopravvivere, non siamo assistiti come si è cercato talune volte di dipingerci, noi siamo custodi del territorio, siamo persone che hanno investito anima e corpo nel proprio lavoro; vogliamo produrre e migliorare la nostra economia, non cerchiamo assistenzialismo”.
Foto tratta da Universofoof