- La nostra è solo una sensazione. Che nasce da segnali precisi
- Regola numero 1: tenere fuori da un’eventuale protesta il PD e la Cgil, che cavalcherebbero la rivolta per andare contro il Governo di Giorgia Meloni, quando tutti sappiamo che l’avversario da abbattere è la globalizzazione dell’economia
- Altro punto importante: non commettere gli errori commessi dai Forconi siciliani nel 2012, ovvero nessuna trattativa con i Governi, solo richieste in piazza in attesa di risultati concreti. Senza i quali si continua la lotta
La nostra è solo una sensazione. Che nasce da segnali precisi
Il dubbio che stia per nascere qualcosa prendendo spunto dalle bollette alle stelle ci è venuto qualche giorno fa ascoltando una video intervista di Giuseppe Scarlata, che nel Gennaio del 2012 fu uno dei protagonisti della rivolta siciliana dei Forconi. Perché nella nostra mente è maturato tale dubbio? Perché Scarlata dice: “Vorrebbero fare quello che abbiamo fatto noi, ma non ci riusciranno”. La rivolta dei Forconi di quasi 11 anni fa non è finita bene perché è stata gestita male. Invece di proseguire la lotta nelle piazze della Sicilia, gli organizzatori si lasciarono irretire dai Governi romani e siciliani: e tutto sfumò. Però l’inizio è stato giusto, perché ha seguito le vie classiche delle rivolte sociali. E oggi? Un altro segnale che c’è qualcosa che bolle in pentola ci è arrivato da notizie raccolte qua e là nel ‘triangolo’ Catania-Palermo-Trapani. Si tratta di riunioni ‘corsare’ di agricoltori e allevatori e, forse – ma non ne siamo certi – anche di pescatori. Se ci fossero anche i pescatori non ci sarebbe nulla di strano: con il prezzo del gasolio incontrollato e incontrollabile andare per mare non conviene, perché si va in perdita. Detto questo, rimane la domanda: ci sono le condizioni per una rivolta sociale in Sicilia, senza strumentalizzazioni, una che non può che partire da una contestazione radicale alla globalizzazione dell’economia e, quindi, dell’Unione europea ultra-liberista e globalista? Sì, ci sono. Proviamo a elencarle.
Regola numero 1: tenere fuori da un’eventuale protesta il PD e la Cgil, che cavalcherebbero la rivolta per andare contro il Governo di Giorgia Meloni, quando tutti sappiamo che l’avversario da abbattere è la globalizzazione dell’economia
Intanto una premessa: in queste ore la Cgil annuncia barricate contro il carovita. Cominciamo col dire che i ‘compagni’ della Cgil non sono credibili. I ‘compagni’ della Cgil, per oltre un anno e mezzo, insieme al PD, hanno retto il gioco al Governo di Mario Draghi, che è espressione piena dell’Unione europea ultra-liberista e globalista. Se oggi la Cgil comincia a mostrare il suo volto ‘barricadiero’ è perché, insieme al PD, proverà a colpire il Governo di Giorgia Meloni, non certo per andare contro l’Unione europea ultra-liberista e globalista. Non dobbiamo dimenticare che il PD è stato al Governo ininterrottamente dopo il disastroso Governo di Matteo Renzi fino ad oggi, ma non ha toccato una sola delle riforme liberiste volute dal Governo Renzi. PD e Cgil non sono credibili e vanno tenuti fuori da un’eventuale protesta popolare, perché sono ‘tutta una cosa’ con l’Unione europea, ovvero con liberismo e globalizzazione dell’economia. Non dobbiamo dimenticare che la speculazione sul gas è iniziata a fine Aprile del 2021 e il Governo Draghi, con in testa il PD – il partito della cosiddetta “Agenda Draghi” – non ha fatto nulla per bloccare una speculazione che è stata ‘pilotata’ dall’Unione europea, segnatamente da Germania e Olanda.
Altro punto importante: non commettere gli errori commessi dai Forconi siciliani nel 2012, ovvero nessuna trattativa con i Governi, solo richieste in piazza in attesa di risultati concreti. Senza i quali si continua la lotta
Fatta questa premessa, ben venga una protesta popolare in Sicilia contro il carovita. La protesta ha un senso se si coinvolge il popolo, senza il popolo in piazza non si ottiene nulla. Protesta popolare, quindi. Evitando, però, gli errori commessi nel 2012. Le richieste vanno formulate nelle piazze e diffuse attraverso la rete. Nessuna trattativa con i Governi romani e siciliani. Se le proposte vengono accettate, bene, sennò si prosegue con la lotta. Facciamo un paio di esempi. I pescatori chiedono ai Governi romano e siciliano una riduzione del 50% del costo del gasolio per andare per mare a pescare? Bene. Se arrivano i soldi si interrompe la protesta e si torna a pescare; senza risultati si continua a protestare senza sosta. Altro esempio: gli agricoltori siciliani chiedono interventi per sostenere il grano duro, l’olio extra vergine, l’uva da tavola e interventi concreti per ridurre il costo della manodopera? Se arrivano i risultati, bene, si torna nelle campagne a lavorare, se non arrivano si continua a protestare. Per la cronaca, per ridurre il costo della manodopera in agricoltura si potrebbero utilizzare una parte dei fondi europei. Bisogna chiedere a Bruxelles se si può fare? Non è un problema degli agricoltori. Il problema lo debbono risolvere i governanti siciliani. Non lo risolvono? Si continua a protestare. “Lotta dura, senza paura”, come si diceva un tempo. Troppo idealismo? No, al contrario è sano realismo. La Rivoluzione francese ha insegnato che se non si va allo scontro sociale duro contro sfruttatori e banditi vari non si ottiene una beata minchia…
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