Sala la tensione, questa volta tra Russia e Ucraina, e schizzano all’insù i prezzi del grano. Perché scriviamo “questa volta tra Russia e Ucraina”? Perché la sensazione di queste ore, dopo il bombardamento di Kiev, è che gli americani, con l’attacco al ponte di Kerch, in Crimea, non abbiamo nulla a che spartire. La sensazione, insomma, è che il presidente ucraino, Zelensky, con l’attacco al ponte che unisce Russia e Crimea abbia passato il segno. L’abbiamo scritto ieri: poco prima dell’attacco a un’infrastruttura fondamentale per la Russia gli americani sembravano orientati verso una difficile via diplomatica. E’ a questo punto che è partito l’attacco al ponte. E’ noto che gli ucraini prima hanno rivendicato l’attentato e poi se ne sono pentiti. Ma tanto è bastato per creare disappunto anche tra i vertici degli Stati Uniti, che avrebbero fatto sapere che sono un po’ a corto di rifornimenti militarti e che non invieranno più all’Ucraina armi e rifornimenti al ritmo finora richiesto e ottenuto da Zelenky. E’ in questo contesto che è partita la risposta russa con il bombardamento a Kiev e ad altre città ucraine. La Russia di Putin ha colto la palla al balzo e ha sferrato l’attacco, cercando di privilegiare le infrastrutture e le strutture nevralgiche ucraine, anche se i bombardamenti – purtroppo – non sono stati ‘chirurgici’, visto che hanno colpito pure strutture civili e ci sono morti, appunto, tra la popolazione civile. In queste ore, sempre a proposito della guerra, va in scena un paradosso: l’Unione europea, che aveva stretto rapporti con la Russia e la Cina, si ritrova oggi ad essere “più alleata” dell’Ucraina rispetto agli Stati Uniti d’America. Il paradosso riguarda, soprattutto, la Germania, Paese che aveva stretto rapporti molto forti con la Russia e che oggi guida in Europa in fronte anti-russo.
Questo scenario, come già ricordato, sta provocando effetti sui mercati mondiali dei prodotti agricoli, a cominciare dal grano. La risposta militare russa ha provocato ieri un balzo del prezzo grano nell’ordine del 7,15%. E’ evidente che, con la guerra che diventa sempre più accesa, crescono i timori per una possibile interruzione delle forniture di grano e altri prodotti agricoli dal Mar Nero. Ricordiamo che le forniture di grano (ma anche di olio di girasole) dal Mar Nero sono essenziali per l’Africa che peraltro, quest’anno, ha dovuto fare i conti – come del resto altre aree del mondo – con i cambiamenti climatici in corso e, in particolare, con la siccità. Insomma, la situazione potrebbe complicarsi. Bisognerà capire come stanno reagendo i mercati internazionali. Ieri, come già ricordato, a caldo, c’è stata la prima reazione riscontrata nel prezzo del grano schizzato all’insù. Ora sarà necessario analizzare le spedizioni di grano americano a canadese, ma anche l’import/export europeo. Molto importante è anche sapere cosa verrà fuori domami dal WASDE di Ottobre: si tratta di un rapporto mensile con le stime della domanda e dell’offerta delle più importanti produzioni agricole e zootecniche che viene pubblicato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America. Ci sarà anche da capire cosa succederà con l’inflazione, se è vero che la Fed – la Banca Centrale americana – annuncia un ulteriore aumento dei tassi di interesse per Novembre. E questo è un altro problema serio, perché un dollaro che diventa sempre più forte fa ‘ballare’ mezzo mondo, perché chi acquista beni in dollari è costretto a spendere di più. In più c’è il punto interrogativo della Cina, da dove arrivano notizie non soddisfacenti sulla crescita.
Chiudiamo con una nota siciliana. Dopo mesi e mesi di stasi, il prezzo del grano duro della nostra Isola è ricominciato a crescere. Non è un grande balzo in avanti, ma è comunque significativo e va segnalato. Com’è noto, nella nostra Isola, il prezzo del grano duro si è sempre mantenuto da 6 a 8 punti in meno del mercato di Foggia. Se a Foggia, tra alti e bassi, il prezzo del grano duro è stato intorno a 50 euro al quintale, in Sicilia, dopo un periodo in cui si vendeva a 50 euro al quintale, il prezzo è precipitato a 42-43 euro al quintale. E tale è rimasto per mesi. Ebbene, nei giorni scorsi il prezzo del grano duro siciliano è salito a 45 euro al quintale. Ribadiamo: non è un grande rialzo, ma va segnalato. E’ evidente che quanto sta accadendo nel mercato internazionale – con il timore di una riduzione dell’offerta di grano, almeno in alcune aree del mondo per problemi logistici – comincia a sortire effetti anche in Sicilia.
Foto tratta da La Gazzetta del Mezzogiorno