Stamattina abbiamo dato notizia della norma sul personale della Regione siciliana impugnata dal Governo nazionale. La norma è stata impugnata perché manca la copertura finanziaria. Questa è, almeno, la motivazione ufficiale. La motivazione vera è che a Roma non va giù l’idea che la Regione siciliana continui ad avere circa 800 dirigenti. Così nella Capitale hanno deciso di impugnare la norma che non riguarda solo i dirigenti, ma tutti i dipendenti della Regione. Sulla vicenda intervengono gli esponenti di ben cinque organizzazioni sindacali. Tutti affrontano la questione dei dipendenti regionali, ma nessuno accenna agli 800 dirigenti della regione siciliana che nella capitale non riescono a ‘digerire’. A nostro avviso, invece, la vicenda andrebbe affrontata per capire se nella Regione siciliana ci sono dirigenti in eccesso rispetto ad altre Regioni italiane. Andrebbe fatta chiarezza anche in considerazione del fatto che la Regione siciliana gestisce funzioni che nelle altre Regioni a Statuto ordinario sono gestite dallo Stato.
Cominciamo con i segretari regionali della Funzione pubblica Cgil Gaetano Agliozzo, della Cisl Funzione pubblica Paolo Montera, della Uil Funzione pubblica Salvatore Sampino e dell’Ugl Ernesto Lo Verso. Notiamo subito che sono caduti gli ‘steccati ideologici’ da parte4 di Cgil, Cisl e Uil, verso quello che era considerato il sindacato di ‘destra”, l’Ugl. “In Sicilia – scrivono i quattro sindacalisti – ai lavoratori regionali non vengono riconosciuti gli stessi diritti di quelli di cui godono i lavoratori pubblici di tutta Italia. Questa situazione è inaccettabile. Chiediamo che il prossimo governo regionale guidato da Renato Schifani si prenda subito carico della questione”. I sindacalisti commentano “l’impugnativa dell’articolo della legge regionale sulle Variazioni di bilancio con cui venivano stanziate una parte delle risorse necessarie per la revisione del sistema di classificazione, il cosiddetto ‘ordinamento professionale’ (equivalente allo 0,55% del costo del personale del 2018) e per l’incremento del salario accessorio (lo 0,22%). Lo Stato – dicono i responsabili delle quattro forze sindacali – ha impugnato la norma, che le nostre forze sindacali si erano impegnate a fare approvare, a causa dell’incertezza delle coperture assicurate mediante l’utilizzo delle maggiori entrate tributarie. Mancano così le risorse necessarie per dare avvio alla revisione dell’ordinamento professionale nella misura pari a quella riconosciute negli altri comparti del lavoro pubblico in Italia. È chiaro che i lavoratori siciliani non possono subire questo torto mentre l’inflazione galoppa. E per questo – proseguono – chiediamo al presidente Schifani di mettere questo tra i temi più urgenti della sua agenda di governo”.
I sindacalisti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl si rivolgono al nuovo Governo regionale di Renato Schifani che, in verità, non si è ancora insediato: “Al nuovo esecutivo e al nuovo Parlamento regionale chiediamo di stanziare le risorse per la revisione del sistema di classificazione e per l’incremento del salario accessorio con una copertura certa. È necessaria anche la nomina dei nuovi vertici dell’Aran Sicilia, per arrivare nel più breve tempo possibile, al rinnovo del Contratto collettivo 2019/2021, scaduto e già rinnovato in tutti i comparti del pubblico impiego d’Italia. Infine – concludono i quattro sindacalisti – non possiamo non segnalare come questa impugnativa sia il frutto di un Accordo Stato Regione capestro che va immediatamente rivisto. É assurdo che le assunzioni siano bloccate e che la Regione debba ricorrere ai pensionati per la spesa dei fondi europei e del Pnrr. Nell’applicazione dell’accordo così come lo conosciamo si rischia di consegnare alle prossime generazioni una Sicilia con i conti in ordine ma sempre più impoverita”.
Sull’impugnativa del Governo nazionale intervengono anche Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto del Siad-Csa-Cisal: “La decisione del Governo nazionale di impugnare le norme sia sulla riclassificazione del personale della Regione siciliana che sull’incremento delle risorse per il salario accessorio era purtroppo prevedibile: una scelta miope del precedente Governo regionale e di alcune organizzazioni sindacali che ha prodotto l’ennesima mortificazione dei lavoratori. Da tempo diciamo che l’unica soluzione per attuare la riclassificazione dei dipendenti è impiegare tutte le risorse già presenti nel bilancio dell’Isola, circa 42 milioni di euro, evitando che una parte consistente legata ai pensionamenti vada in economia: ci sarebbero somme sufficienti per una vera rivoluzione della ‘macchina’ amministrativa. Una strada che avevamo proposto al vecchio Governo, rimanendo inascoltati, e che speriamo che il presidente Renato Schifani voglia accogliere nell’interesse dei lavoratori e di tutti i siciliani”.