di Economicus
Piano piano, in Italia, si vanno diffondendo le manifestazioni di protesta contro le bollette di luce e gas alle stelle. Nemmeno il calcio – che i mezzi di informazione, soprattutto televisivi, propongono a più non posso per distrarre l’opinione pubblica – riesce più a far dimenticare agl’italiani i problemi reali. E questo per i governanti del Belpaese, al soldo del liberismo-globalismo europeista e atlantista, è un bel problema. Se nemmeno il più potente ‘anestetico sociale’ – le partite di pallone distribuite oculatamente durante la settimana – riescono ad addormentare la gente, beh, è evidente che il ‘sistema’ è in difficoltà. Ormai le persone che si ritrovano nelle piazze a bruciare le bollette sono sempre di più. Non solo. Ormai si va diffondendo la tesi – che non fa una piega – che la crisi energetica è, in realtà, una speculazione energetica. Il tentativo di scaricare le responsabilità di quanto sta accadendo sul ‘cattivo’ Putin si dimostra quello che è, ovvero l’alibi del sistema liberista-globalista-atlantista che si avvita su se stesso. La notizia che la Russia di Putin, fino a quando ha fornito il gas all’Unione europea, non ha mai speculato è di dominio pubblico. E’ stato il mercato del gas di Amsterdam – ovvero la Commissione europea, ovvero il Governo dell’Unione europea – a organizzare e portare avanti la grande speculazione sul prezzo del gas. Non a caso, in queste ore, i vertici dell’Unione europea si rifiutano di bloccare il meccanismo che ha provocato la grande speculazione sul prezzo del gas. La speculazione sul prezzo del gas sta causando una generale riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. Il fenomeno, nell’Eurozona, è generalizzato (persino l’Ungheria, unico Paese della Ue che riceve ancora il gas russo, è alle prese con l’inflazione). Ma ci sono Paesi europei che stanno intervenendo in favore delle famiglie e della imprese (la Germania ha stanziato 200 miliardi di euro, la stessa cifra del Recovery italiano!) e qualcosa di simile faranno i Paesi ricchi del Nord Europa. Come sempre è avvenuto nell’Unione europea a due velocità, il conto lo pagheranno i Paesi dell’Europa mediterranea. Il primo anello che entrerà in crisi, nell’Europa mediterranea potrebbe essere la Grande distribuzione organizzata, ovvero i Centri commerciali.
Nel Sud Italia e in Sicilia, negli ultimi due decenni, abbiamo assistito alla proliferazione incontrollata dei Centri commerciali. La crisi delle bollette è arrivata mentre era in corso una guerra senza esclusione di colpi tra le varie sigle della Grande distribuzione organizzata, con le più potenti impegnate a eliminare le rivali mento potenti. La crisi delle bollette rischia di travolgere tutto il sistema. In Italia l’effetto bollette sulla Grande distribuzione organizzata dovrebbe essere generale, con differenze tra Nord e Sud. Nel Nord – dove operano tantissime imprese – si assisterà alla chiusura di tante aziende con la creazione di disoccupazione. Gli effetti sui Centri commerciali saranno inevitabili e bruschi, perché l’aumento della disoccupazione non potrà che provocare una riduzione dei consumi. Nel Sud e in Sicilia, dove le imprese sono numericamente inferiori e dove è maggiore il terziario classico (negozi, attività commerciali, ristorazione) l’impatto avrà tempi un po’ più lunghi, ma arriverà lo stesso. Nel Sud e in Sicilia il grande aumento della presenza dei Centri commerciali è stato fino ad oggi sostenuto dal grandissimo numero di impiegati pubblici a cui, negli ultimi anni, si è sommato il Reddito di cittadinanza. Ma l’aumento delle bollette mette in crisi anche i dipendenti pubblici. Ed è anche logico: quando uno stipendio medio di mille e 300 euro al mese deve fronteggiare, ogni due mesi, una bolletta della luce di 400 euro (che stanno per diventare 600 euro) invece che di 150 euro, ebbene, l’economia familiare deve cambiare radicalmente. In molti hanno già iniziato ad acquistare meno vestiario e tra qualche mese elimineranno del tutto l’acquisto dello stesso vestiario; e già in ogni famiglia si cominciano a fare i conti anche con il cibo, che peraltro costa sempre di più. Più andrà avanti l’aumento delle bollette, più la crisi di domanda si diffonderà in tutto il sistema: si andrà meno al bar, si andrà sempre meno al ristorante e via continuando. In parole più semplici, prepariamoci, a breve, alla crisi dei Centri commerciali e, in generale, alla crisi di tutto il sistema economico Italia per crisi di domanda.
Il Governo italiano di Mario Draghi si vanta di aver trovato, fino ad oggi, 50 miliardi di euro per fronteggiare il caro bollette senza aver prodotto nuovo debito. Il capo del Governo dimissionario Draghi e adesso anche la futura presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, stanno solo peggiorando la situazione. Infatti, in termini economici, quello che non si deve fare, in questi casi, è ‘friggere nello stesso olio’. In parole più semplici, in un momento di crisi economica generalizzata all’interno di un mercato ultraliberista e globalista – soprattutto, come nel caso dell’Italia, se si è vaso di coccio tra vasi di ferro – ciò che non si deve assolutamente fare è tagliare fondi alla sanità, alla scuola, alle università e via continuando per sostenere il pagamento delle bollette. Così facendo, infatti, si indebolisce il sistema economico, anche perché, spesso, i gestori dell’energia sono multinazionali che hanno sede nei Paesi dove si pagano meno tasse e imposte: è il caso dell’Eni, che oggi solo per il 30% è italiano, mentre il restante 70% è nelle mani di multinazionali americane. Di conseguenza una parte dei soldi che il Governo italiano ha tolto a sanità, scuole, università e via continuando per aiutare famiglie e imprese a pagare le bollette è finita e continuerà a finire fuori dall’Italia! A differenza dell’Olanda, l’Italia non è un paradiso fiscale autorizzato dall’Unione europea dove si pagano meno tasse e imposte, ma un Paese nel quale, al contrario, l’imposizione fiscale è tra le più alte del mondo. La prima cosa che dovrebbe fare l’Italia è immettere liquidità nel proprio sistema, non certo adottare provvedimenti che tolgono liquidità al proprio sistema! Che poi è quello che sta facendo la Germania che, ignorando il resto dell’Unione europea, sta immettendo nel proprio sistema, come già ricordato, 200 miliardi di liquidità. Si salverà la Germania? No. Ritarderà di qualche anno la propria crisi, che sarà preceduta dalla crisi dell’euro. Quanto all’Italia, senza interventi immediati sulle bollette c’è da aspettarsi di tutto. Giorgia Meloni ha ragione quando dice che bisogna porre fine alla speculazione sul prezzo del gas. Ma dimentica che gli utili dei gestori dell’energia, oltre ad avvantaggiare alcuni Paesi Ue, finiscono nelle tasche dei soci delle multinazionali quasi sempre legati ai politici. In ogni caso, ammesso che si riesca a bloccare la speculazione – cosa della quale dubitiamo, almeno a breve – c’è sempre il problema delle bollette da pagare ora e fino a quando sarà finita la speculazione. Ed è in questo intorno di tempo che l’Italia rischia di affondare, a cominciare dalle attività commerciali colpite, contemporaneamente, dalle bollette e da una riduzione dei consumi.
Tornando alla Grande distribuzione organizzata, la questione della possibile crisi non va vista solo dal punto di vista dei consumatori, ma anche dal punto di vista della gestione dei Centri commerciali. Tutti sappiamo che i Centri commerciali – con riferimento al settore agroalimentare, utilizzano tanta energia elettrica per conservare gli alimenti. Va da sé che le bollette alle stelle riguardano anche i Centri commerciali chiamati a fronteggiare aumenti notevoli dei costi di gestione. Non è difficile ipotizzare cosa succederà. Se un centro commerciale è chiamato a fronteggiare un aumento dei costi non può che seguire due vie: o aumentare i prezzi dei prodotti che vende o provare a pagare meno i prodotti che acquista. O mettere in pratica entrambe le opzioni. La prima opzione è già in fase di applicazione. Chi frequenta i Centri commerciali per l’acquisto dei cibi sa che i prezzi sono già aumentati: il caso più clamoroso – frutto in realtà di una speculazione – è l’aumento del prezzo dell’olio di semi, che in alcuni casi è cresciuto del 300%. Si tratta di una speculazione perché la guerra in Ucraina può giustificare l’aumento del prezzo dell’olio di girasole, dal momento che l’Ucraina è il primo produttore al mondo di olio di girasole. Ma l’aumento del prezzo degli altri oli di semi – mais, soia, arachidi e via continuando – non ha nulla a che vedere con la guerra in Ucraina ed è frutto di una speculazione che il Governo nazionale avrebbe dovuto bloccare. Ci sono stati, poi, aumenti dei prezzi di altri prodotti del 10% e del 20%. Oggi aumentare ancora i prezzi sarebbe un tragico errore, perché le famiglie che non sanno dove trovare i soldi per pagare le bollette non potrebbero reggere. La Grande distribuzione organizzata potrebbe provare ad acquistare meno i prodotti che poi mette in vendita: ma anche questa è una via non percorribile. Questo perché sia le aziende che trasformano i prodotti agricoli, sia gli stessi agricoltori, sono alle prese con spaventosi aumenti dei costi di produzione. Morale: se non interverrà il Governo nazionale con un pesante scostamento di Bilancio i Centri commerciali andranno sempre più indietro fino alla chiusura.
Foto tratta da Investire Oggi