Dopo l’ubriacatura elettorale proviamo a riprendere la nostra consueta analisi sui mercati agricoli internazionali. Segnaliamo subito nel report di qualche giorno fa di Sandro Puglisi una notizia sulla quale vale la pena di soffermarsi: l’aumento del prezzo del pane in Europa. Questo avviene in un momento storico in cui il dollaro è fortissimo e l’euro – la moneta unica europea – è ai minimi storici. “Preoccupanti indicatori economici in Europa hanno fatto precipitare la moneta europea – scrive Puglisi -. Nell‘Eurozona l’inflazione è stata record del 9,1% ad Agosto a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari. Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea, ha riferito che i prezzi del pane nell’Agosto 2022 erano superiori del 18% rispetto a un anno fa, l’aumento più alto da dicembre 2017. Eurostat ha affermato che i prezzi sono aumentati di più in Ungheria, che ha registrato un aumento dei prezzi del 66% e la Lituania ha registrato un aumento del 33%. Il costo combinato di pane e cereali è aumentato del 16,6%, il tasso più alto dal gennaio 1997″.
La situazione economica è complicata non soltanto in Europa, ma in tutto il mondo. E di questo ne risente il mercato dei cereali. E ne risentono anche i prodotti derivati dai cereali come il pane. Il grano, è noto, fa parte delle commodities, ovvero un bene offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile, cioè interscambiabile. Le contrattazioni della stragrande maggioranza delle commodities vengono fatte in dollari, e siccome il dollaro, in questo momento, si è ‘appezzato’ rispetto all’euro, l’Europa risente anche di questa debolezza della propria moneta. Da quasi un anno la FAO avverte che è in corso un’inflazione alimentare, che lo scorso anno è stata alimentata dagli effetti negativi sulle produzioni agricole dei cambiamenti climatici (leggere riduzione delle produzioni agricole). Come abbiamo già accennato, l’inflazione non sta risparmiando l’Unione europea e nemmeno gli Stati Uniti dove la FED – la Banca Centrale americana – è più volte intervenuta per alzare i tassi: opzione, questa, che se da un lato ‘raffredda’ l’inflazione, dall’altro lato provoca un rallentamento dell’economia (anche se non mancano osservatori che sostengono che gli Stati Uniti d’America innalzano i tassi di interesse sia per combattere l’inflazione, sia per mettere in difficoltà altri Paesi, sia per creare un dollaro-moneta-rifugio in tempo di recessione globale).
Foto tratta da INTAVOLIAMO
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