“…La posta in gioco, in sostanza, è ormai tale che il Cremlino dovrebbe essere pronto a tutto per riportare una vittoria, seppur limitata, in Ucraina. Nulla, invece, sembra evidenziare una volontà di Vladimir Putin di raddrizzare il corso della guerra, imprimendole quella svolta ormai improcrastinabile per riportare il successo. Elenchiamo, di seguito, i maggiori errori macroscopici nella gestione del Cremlino:
fin dall’inizio del conflitto, Mosca non ha fatto nulla per imporre una “no-fly zone” sull’Ucraina e stabilire quel dominio dell’aria necessario, sebbene non sufficiente, a vincere una guerra moderna:
tranne qualche sporadico impiego sull’acciaieria di Mariupol, Mosca non ha fatto uso dei bombardieri strategici;
le infrastrutture logistiche ucraine non sono state bersagliate con quella costanza e sistematicità tale da sortire concreti risultati. Lampante l’esempio dei ponti sul fiume Dniepr (quante analogie con i ponti sul Reno del 1944!): mentre gli ucraini bombardano senza sosta quelli occupati dai russi nella regione di Cherson, i russi lasciano intatti quelli dell’avversario. Similmente grave (e incomprensibile!) il mancato bombardamento metodico delle ferrovie che portano le armi occidentali dalla Polonia al lontano fronte bellico nel sud-est del Paese;
nonostante diversi appelli da parte della “opposizione” politica, Vladimir Putin non ha ancora imboccato la strada, ormai improcrastinabile, della guerra totale: mobilitazione della popolazione maschile e produzione bellica a pieno regime per imporre (perlomeno!) un rapporto di 1:1 sul fronte.
A qualsiasi esperto di storia o strategia militare, gli errori del Cremlino appaiono ormai così numerosi, così eclatanti e così gravi, da avanzare persino l’ipotesi che Vladimir Putin sia colpevole di intelligenza col nemico: sfruttando cioè la sua posizione di “zar” consolidata negli ultimi 20 anni, il capo del Cremlino starebbe in sostanza consentendo agli anglosassoni di riportare una vittoria totale sul fronte europeo/atlantico, cosicché possano concentrarsi senza preoccupazione su quella che è sempre stata, e rimane, la principale minaccia all’orizzonte: la Cina, impegnata ad organizzare la massa afro-euro-asiatica con una rete sempre più fitta e capillare di infrastrutture. Il comportamento dei vertici cinesi indica chiaramente che tale sospetto inizi a serpeggiare anche a Pechino: se a febbraio, infatti, Xi Jinping aveva invocato un’amicizia “illimitata” tra Russia e Cina, al vertice russo-cinese del 15 settembre, svoltosi in terra neutrale a Samarcanda, il presidente cinese ha preso esplicitamente distanza da Vladimir Putin e dalla sua gestione del conflitto ucraino, esprimendo le proprie “preoccupazioni” e avanzando diverse “domande” sulla guerra ucraina. In sostanza, si chiedono a Pechino, Vladimir Putin vuole davvero creare un fronte europeo anti-anglosassone, forte del supporto cinese? O sta facendo di tutto perché gli anglosassoni possano concentrare tutte le loro forze sulla Cina?…”
Come Vladimir Putin sta portando la Russia alla sconfitta – tratto dal blog di Federico Dezzani
Foto tratta da Sky TG 24
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