Correva l’anno 2001. Campagna elettorale per le elezioni politiche. Silvio Berlusconi era lanciatissimo con il suo celebre “Contratto con gli italiani”. In Sicilia i cavalli di battaglia di Forza Italia e, in generale, del centrodestra erano tre: al primo posto il via ai lavori per il Ponte sullo Stretto di Messina, al secondo posto le opere pubbliche da completare e le nuove infrastrutture, al terzo posto la riapertura del casinò di Taormina. A giudicare da quello che i berlusconiani dicevano per il collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente, l’opera era ormai realtà: c’era il progetto, c’erano i soldi, c’erano le imprese pronte a iniziare i lavori e c’era la volontà politica. Per la prima volta i siciliani hanno creduto alla possibilità di realizzare il Ponte di Messina. Ci hanno credito e anche per questo – ma non solo per questo – hanno votato in massa per il centrodestra: da qui il sempre nominato 61 a zero, ovvero la conquista, da parte dei candidati di centrodestra, di tutti i collegi uninominali della Sicilia (allora si votava con il sistema elettorale Mattarellum). Insomma, grande vittoria del centrodestra, Berlusconi alla presidenza del Consiglio ma… ma del Ponte sullo Stretto di Messina, a vittoria incassata, si parla poco o nulla. Passerà il primo anno, passerà il secondo anno del Governo Berlusconi. E il Ponte? Sì, si stanno esaminando i progetti, ci sono alcune cose da mettere a punto, tutto deve essere fatto bene per evitare problemi e bla bla bla.
Diciamo che gli amici del centrodestra – in testa Berlusconi – in cinque anni di Governo prendono solo le misure del Ponte di Messina. I tecnici si recano in Sicilia e in Calabria, ci sono i gruppi imprenditoriali pronti ma… ma non si capisce perché abbiano impiegato cinque anni per individuare le imprese chiamate a realizzare le opere. L’impressione è che, sul piano sostanziale, sia stata solo una grande presa per i fondelli, almeno per i siciliani e i calabresi. Non è così per le imprese coinvolte – tutte le Nord Italia – che invece hanno acquisito diritti. Non sono stati, i cinque anni di Governo di Berlusconi, molto proficui. Perché gli ex democristiani Pier Ferdinando Casini (che era presidente della Camera dei deputati) e Marco Follini, alleato stretto di Casini, non hanno fatto altro mettere i bastoni tra le ruote a Berlusconi. L’unico che crede di potere rivincere le elezioni è il solo Berlusconi, mentre il resto del centrodestra pensa di perdere (e forse vuole perdere). Le elezioni del 2006 le vince il centrosinistra con Romano Prodi, anche se per pochissimi voti. Del Ponte di Messina si perdono le tracce. L’unica cosa che si capisce è che le imprese – del Nord – pensano a un risarcimento. Il Ministro dei Lavori pubblici del Governo Prodi, Antonio Di Pietro, non chiude la partita Ponte: alla fine è un omaggio alla politica-politicante, perché il Ponte di Messina potrà così essere riutilizzato per una futura presa in giro a carico di siciliani e calabresi. in Sicilia e in Calabria, infatti, non mancano gli ingenui che cadono sempre in questa farsa…
Berlusconi torna al Governo nel 2008. E il Ponte di Messina? Nemmeno se ne parla. Poi arriva Mario Monti, troppo impegnato a massacrare gli italiani tra legge Fornero e IMU per occuparsi del Ponte dello Stretto. Quindi è la volta del Governo di Enrico Letta: il Governo del nulla. Seguono gli anni del Governo di Matteo Renzi, troppo impegnato a colpire il mondo del lavoro per conto dell’Unione europea. Renzi cade sul referendum costituzionale e arriva Paolo Gentiloni: il Ponte è sempre fuori dall’Agenda del Governo. Con Giuseppe Conte arriva anche la Lega al Governo che si occupa soprattutto di migranti; con il Governo Conte bis arrivano PD e pandemia. Con il Governo di Mario Draghi arrivano le grandi speculazioni sul gas e le demenziali sanzioni alla Russia: e siamo ai giorni nostri. In questa fase bisogna far dimenticare agli elettori che l’Italia, tra pochi mesi, precipiterà nel baratro (come potete leggere qui). Il centrodestra conta di prendersi il Governo dell’Italia e accompagnare gli italiani verso la fine, tra chiusura di migliaia e migliaia di imprese, disperazione di milioni di famiglie, Comuni che rischiano di restare al buio, drammi sociali ed economici a bizzeffe a causa delle speculazioni sul gas ‘pilotate’ dall’Unione europea e anche a causa degli errori della stessa Unione europea che sta andando a sbattere contro la Russia che ha chiuso i rubinetti del gas all’Europa. Però il 25 Settembre si vota, i partiti politici che hanno portato l’Italia al disastro – Movimento 5 Stelle, PD, Lega, Forza Italia, Italia Viva oggi in coppia con Azione di Carlo Calenda, più Fratelli d’Italia, partito appiattito sull’atlantismo e quindi sempre contro la Russia – debbono trovare il modo per prendere per i fondelli gli italiani: a pigghiata pu ‘u culu, come si dice in Sicilia. E’ vero che tra qualche mese chiuderanno migliaia e migliaia di imprese, è vero che milioni di famiglie non potranno pagare le tasse, è vero che i Comuni non potranno pagare le bollette e cercheranno di far pagare nuove tasse e nuove imposte comunali ai cittadini, magari obbligandoli a prendere i risparmi o a vendersi le case. Però a questi sei partiti che si stanno mangiando l’Italia e gl’italiani i voti servono: anche se ridotti, ci sono i seggi parlamentari da 15 mila euro al mese più altre ‘cosucce’, ci sono i rimborsi elettorali (un euro a voto). Così Forza Italia che – a parte certi ambientini di Campania, Calabria e Sicilia che, tutto sommato, danno sempre soddisfazioni – del Sud e della Sicilia nono gliene mai fregato nulla, hanno riesumato il Ponte sullo Stretto di Messina: dopo unici anni le solite minchiate: il Ponte si può fare, il progetto è pronto, le imprese pure, dateci il voto che ci pensiamo noi: minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate, minchiate…
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