- A sollevare il problema è Giovanni Migliore, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO). Bisogna trovare le risorse per pagare il funzionamento di strumenti che consumano tanta energia
- Il problema si pone anche per l’ospedalità privata: le dichiarazione di Barbara Cittadini, presidente nazionale dell’Aiop
A sollevare il problema è Giovanni Migliore, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO). Bisogna trovare le risorse per pagare il funzionamento di strumenti che consumano tanta energia
Si parla di bollette stratosferiche per le famiglie. Si parla di migliaia e migliaia di imprese che chiuderanno i battenti per le bollette alle stelle. Ci sarebbe, in realtà, un altro problema: il costo dell’energia negli ospedali pubblici e privati. Sono costi diventati impossibili, perché per far funzionate Tac, Risonanze magnetiche e altri strumenti sanitari di energia ce ne vuole tanta, ma proprio tanta. Qualcuno se ne sta occupando? Sì, qualcuno che se ne occupa c’è: la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO), che rappresenta oltre 140 aziende su tutto il territorio nazionale. L’argomento viene affrontato dal giornale on line medico e paziente: “La FIASO – scrive il giornale on line – già all’inizio dell’anno aveva stimato un incremento della bolletta energetica del 30% chiedendo lo stanziamento di risorse straordinarie pari a 500 milioni di euro. Il Governo aveva deciso di accordare la richiesta per 200 milioni che, tuttavia, gli ulteriori rincari hanno ora reso insufficienti, afferma l’associazione che rimarca le peculiarità del settore della salute, dove è molto difficile ridurre i consumi energetici”. Nel giornale si legge una dichiarazione di Giovanni Migliore, presidente della FIASO: “Il risparmio negli ospedali è marginale perché è estremamente difficile ridurre il consumo energetico, considerando il grande numero di macchinari che devono necessariamente essere attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 come gli apparecchi di radiodiagnostica, Tac e Pet e il necessario funzionamento delle sale operatorie e delle terapie intensive su cui non ci possono essere risparmi”.
Il problema si pone anche per l’ospedalità privata
Già in tutti i reparti ospedalieri la richiesta di esami è stata ridotta al minimo perché la sanità pubblica italiana, di suo, è stata massacrata da quasi 40 miliardi di euro di tagli, a partire dal Governo di Mario Monti fino ad oggi. Ovviamente, nessuno dice che i tagli alla sanità pubblica italiana sono serviti per pagare le ‘rate’ del debito pubblico italiano calcolato in modo truffaldino dall’Unione europea: basti pensare che oggi il debito pubblico italiano sfiora i 2 mila e 800 miliardi di euro, mentre dal Gennaio 1980 al 31 Dicembre 2018 l’Italia ha pagato circa 4 mila miliardi di euro di interessi sul debito pubblico. A questi dobbiamo aggiungere gli interessi pagati dall’1 gennaio 2019 ad oggi, che sono stati ridotti a causa della pandemia. Che succederà, adesso, con l’aumento spaventoso delle bollette? Non c’è molto da dire: o le Regioni e il Governo nazionale pagheranno gli aumenti delle bollette agli ospedali pubblici, o le analisi cliniche – diventate costosissime con l’aumento delle bollette – verranno fatte solo ai raccomandati negli ospedali pubblici e ai ricchi che possono pagare le strutture private. Eh già, perché anche la sanità privata paga bollette stratosferiche. Il giornale medico e paziente riporta una dichiarazione di Barbara Cittadini, presidente nazionale dell’Aiop, Associazione italiana ospedalità privata: “Le strutture ospedaliere hanno un consumo di energia elettrica e di gas assolutamente rilevante: parliamo di un aumento nei costi di gestione più che triplicato, che mette a rischio la sostenibilità dei costi economici necessari per garantire l’erogazione dei servizi. Gli aiuti previsti per far fronte al rincaro dei prezzi dell’energia elettrica e del gas escludono gli ospedali accreditati di diritto privato”. L’Aiop chiede “un immediato e adeguato incremento delle risorse finanziare per il Servizio sanitario nazionale di 1,6 miliardi, da utilizzare a copertura dei maggiori oneri e da ripartire equamente fra gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato”.
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