- La realtà di chi produce grano e alleva animali sulle Madonie. Parla l’imprenditore di Collesano Giuseppe Signorello. “Il nostro grano duro noi lo utilizziamo per alimentare i nostri bovini”
- Con il costo del gas alle stelle produrre formaggi sta diventando un lusso. Quanto dovrebbe essere venduto un formaggio per remunerare un’azienda che negli ultimi si è vista quadruplicare il costo del gas?
- “Dopo quello che abbiamo visto lo scorso anno a spegnere gli incendi pensiamo noi. Ci siamo attrezzati”
- “I circa sessantamila tra cinghiali e maiali selvatici e i circa quarantamila daini sono la rovina di tanti fondi agricoli. Girano liberamente e distruggono tutto quello che trovano”
La realtà di chi produce grano e alleva animali sulle Madonie. Parla l’imprenditore di Collesano Giuseppe Signorello. “Il nostro grano duro noi lo utilizziamo per alimentare i nostri bovini”
Giuseppe Signorello è titolare di un’azienda agricola a Collesano, nelle basse Madonie. E’ un’azienda cerealicolo-zootecnica. “Anche se produciamo anche olio con il nostro oliveto di circa due ettari”, ci dice. La sua azienda produce grano duro, ma non lo vende: lo utilizza per far mangiare i suoi animali. Osserviamo: ma con l’aumento del prezzo del grano non vi converrebbe venderlo? “La sua domanda – ci dice – potrebbe sembrare corretta. Ma, in effetti, le cose sono un po’ più complicate. Fino a qualche anno fa il grano duro siciliano si vendeva a 18-20 euro al quintale. Noi abbiamo deciso di utilizzarlo per alimentare i nostri animali perché il prezzo era basso e venderlo non conveniva. Lei ora ci dirà: oggi il prezzo del grano duro è più che raddoppiato e allora dovrebbe essere conveniente venderlo. Invece non è così. Anche il prezzo delle sementi è raddoppiato. Il prezzo dei fertilizzanti è più che raddoppiato. Il prezzo del gasolio agricolo, da 0,60-0,70 euro al litro, è passato a 1,60 euro al litro e siamo fortunati quando riusciamo ad acquistarlo, perché con la burocrazia dell’assessorato all’Agricoltura acquistare il gasolio agricolo è un’impresa: Due mesi per avere una risposta da questi uffici. E poi c’è la trebbiatura: fino a un anno fa trebbiare un ettaro di grano costava 100 euro, oggi non bastano 200 euro. Ebbene, anche vendendo il nostro grano duro a 50 euro al quintale – cosa che in Sicilia non succede quasi mai, perché il prezzo è sempre sotto i 50 euro – il guadagno sarebbe risicato. Molto meglio continuare ad utilizzare il nostro grano duro per alimentare i nostri animali”.
Con il costo del gas alle stelle produrre formaggi sta diventando un lusso. Quanto dovrebbe essere venduto un formaggio per remunerare un’azienda che negli ultimi si è vista quadruplicare il costo del gas?
Già, gli animali. L’azienda di Giuseppe Signorello alleva bovini – una quarantina circa – che pascolano liberamente. Sono bovini della razza Pezzata Rossa Friulana e Frisona. “Prima allevavamo la razza Bruno Alpina – ci dice -. Che ci creava problemi nella vendita della carne. Così abbiamo optato per la Pezzata Rossa Friulana, che produce un ottimo latte e un’ottima carne”. L’azienda produce latte. E qui arriva il primo problema. “I bovini che pascolano liberamente, mangiando erba, producono betacarotene. Così il latte è lievemente giallo. Per chi non non conosce il mondo del latte – come i consumatori tartassati dalla pubblicità del latte bianchissimo – questo è un problema. Invece non è affatto un problema”. E la vendita? “Ogni tanto – ci dice – scontiamo qualche problema. Per esempio, chi si prende il latte e non paga. Oggi, per fortuna, abbiamo trovato interlocutori seri a Palermo e a Castelbuono e il problema non si pone”. E il prezzo del latte? “Oggi le cose vanno un po’ meglio – ci dice -. Riusciamo a vendere il nostro latte a 50 centesimi di euro al litro più IVA. Si arriva a 55 euro al litro, ma talvolta anche a 60-62 centesimi di euro al litro”. Chiediamo: avete mai pensato ad iniziare a produrre formaggi? “Fino a prima dell’esplosione dei costi di produzione ogni tanto ci riflettevamo – ci dice-. Oggi, con gli attuali costi di produzione mai e poi mai mi avventurerei nella produzione di formaggi. Ovviamente, conosco tanti produttori di formaggi. E sono in difficoltà. Fino allo scorso anno spendevano, in media, 800 euro per il gas. Oggi il gas gli costa circa 3 mila euro. Mi chiedo: a che prezzo dovrebbero vendere i formaggi che producono? Vuole sapere qual è la verità? Che in agricoltura, oggi, chi ha effettuato investimenti è in grande difficoltà. Deve restituire il denaro che ha preso in prestito, deve fronteggiare costi di produzione crescenti, che diventano oggi giorno più pesanti e non può certo rifarsi aumentando i prezzi di vendita, perché sennò non vende i propri prodotti. La situazione è complicata, molto complicata. E confusa. Ho già detto delle aziende che hanno effettuato investimenti e sono in difficoltà con i mutui. Ci sono aziende che producono latte che si liberano degli animali. Oggi, ad esempio, la Toscana acquista latte in Italia. Prima lo acquistava dalla Germania, ora non più. Deduco che gli alti costi di produzione stiano decimando gli allevamenti in Germania. Nel mercato è entrata anche la Cina. Mentre vitelli siciliani finiscono in Marocco. Mi creda, neanche noi, che siamo del mestiere, in certi momenti riusciamo a raccapezzarci. Sono in corso cambiamenti strani. E io sono molto pessimista”.
“Dopo quello che abbiamo visto lo scorso anno a spegnere gli incendi pensiamo noi. Ci siamo attrezzati”
Il problema degli alti costi di produzione non riguarda solo i formaggi, ma un po’ tutte le produzioni agricole. Tutta l’agricoltura sta subendo un aumento spaventoso dei mezzi per produrre. Ma la politica siciliana non c’è, non esiste. Almeno fino ad oggi è stato così. Signorello ci racconta dei due ettari di oliveto. Dice: “Coltiviamo le varietà Biancolilla, Passalunara, Carolea e Nocellara del Belìce. Con la raccolta dello scorso Autunno siamo arrivati a circa 14 mila chilogrammi di olive con circa 3 mila chilogrammi di olio extra vergine”. Gli alberi, in Sicilia, con i cambiamenti climatici – e con i delinquenti che appiccano il fuoco – sono a rischio. “E’ un problema, quello degli incendi – ci dice sempre Signorello – che abbiamo deciso di affrontare con i nostri mezzi. L’Estate dello scorso anno – che è stata un’Estate terribile per gli incendi nei boschi e nei fondi agricoli della Sicilia – siamo andati noi, più volte, a spegnere gli incendi. Ci siamo attrezzati. Del resto, alternative non ce ne sono. Gli operai forestali non operano nei fondi privati. E, in ogni caso, i mezzi che hanno a disposizione gli operai forestali sono vetusti e, spesso, inutili. Loro, gli operai forestali, non hanno responsabilità. Chi dovrebbe fornirgli i mezzi moderni ed efficienti per spegnere gli incendi boschivi non lo fa. Può sembrare assurdo ma è così”. A noi non sembra assurdo, perché è quello che denunciano, da anni, i vertici del Sifus, il sindacato che si batte in solitudine per la stabilizzazione degli operai forestali. La Regione preferisce investire nel volontariato della Protezione civile, negli elicotteri e negli arei anfibi. Il Sicilia il fuoco è un grande affare che si mescola ora con il pressappochismo della burocrazia, ora con strategie terroristiche e criminali, ora con il sottosviluppo culturale di una politica miserabile.
“I circa sessantamila tra cinghiali e maiali selvatici e i circa quarantamila daini sono la rovina di tanti fondi agricoli. Girano liberamente e distruggono tutto quello che trovano”
A proposito degli incendi chiediamo se alle aziende zootecniche sono arrivati i rimborsi dall’amministrazione regionale. “Noi, per fortuna, lo scorso anno, non abbiamo avuto danni – racconta -. Da quello che sappiamo lo stanziamento era irrisorio. Hanno pagato una minoranza di allevatori e poi hanno cominciato ad accampare scuse per non pagare”. Signorello ci racconta anche dei terreni acquisiti dalla Forestale e dati alle aziende agricole. Anche in questo caso, grande opacità. E ci racconta del problema del quale si parla tanto e si fa poco o nulla: la presenza di cinghiali, suini selvatici e daini. Animali che vivono liberamente e che, spesso, arrivano anche nei Paesi montani. Nei centri delle Madonie sono ormai la norma. “E’ un problema molto serio – ci dice Signorello -. Ma anche in questo caso la politica siciliana fa poco o nulla. I vertici del Parco delle Madonie sostengono che i cinghiali e i maiali selvatici sono, sì e no, tremila. Noi agricoltori di queste zone, che viviamo il problema ogni giorno, ribadiamo che sono almeno sessantamila. I circa sessantamila tra cinghiali e maiali selvatici e i circa quarantamila daini sono la rovina di tanti fondi agricoli. Girano liberamente e distruggono tutto quello che trovano. Ho visto con i miei occhi questi animali che, non potendo arrivare ai frutti di un albero, hanno iniziato ad assestare testate all’albero fino a che non hanno fatto cadere i frutti. Ovviamente, i frutti se li sono pappati. Anche su questo fronte non riusciamo a fare capire ai politici la gravità del problema”. Osserviamo: ora ci sono le elezioni politiche nazionali e le elezioni regionali. “Che vuole che le dica? – ci risponde -. Ci auguriamo che cambi tutto, come abbiamo letto in alcuni manifesti. Speriamo che sia vero”.
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