Mattinale

L’Italia al voto tra il terrore del PD per De Magistris e compagni mentre in Sicilia aleggia l’ombra lunga di Antonello Montante/ MATTINALE 731

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  • Al voto dopo la sentenza sulla trattativa tra Stato e mafia con la verità sospesa sulla strage di via D’Amelio e con tanti candidati pregiudicati e imputati
  • Il PD governa ininterrottamente dal 2013, ha massacrato i lavoratori, ha penalizzato anche gli studenti, ma non vuole mollare il potere
  • L’assurda raccolta delle firme per bloccare Unione Popolare a Italexit
  • Un centrodestra arrogante che in Sicilia si sente la vittoria in tasca modello 61 a zero del 2001
  • Antonello Montante? Presente…

Al voto dopo la sentenza sulla trattativa tra Stato e mafia con la verità sospesa sulla strage di via D’Amelio e con tanti candidati pregiudicati e imputati

L’Italia è un Paese libero e democratico? La domanda è legittima,  a giudicare da quello che sta succedendo. Interessante, mettiamola così, la coincidenza temporale tra le motivazioni della sentenza sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia e le elezioni politiche del 25 Settembre (in Sicilia, nello stesso giorno, si celebrano anche le elezioni regionali). Dalla sentenza viene fuori che la trattativa tra Stato e mafia c’è stata, ma a fin di bene… Come dal male possa nascere il bene non si capisce. Ma la Giustizia, in Italia, non sempre segue i precetti evangelici. Insomma, la trattativa c’è stata e ha evitato il peggio (a quanto pare, dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio e gli attentati di Firenze, Roma e Milano sarebbe potuto succedere altro e i ‘nostri’ che hanno trattato con i mafiosi hanno ottenuto un risultato importante…). A chi ne vuole sapere di più consigliamo di ascoltare il video postato su Facebook dall’ex pubblico ministero, Antonio Ingroia, oggi avvocato. Dice cose che magari non sono accomodanti, ma che è difficile smentire. Di pari passo a questa sentenza storica – sempre ad accompagnare le elezioni (oltre alle parole dell’avvocato Enzo Guarnera, da sempre impegnato contro la mafia, con il suo appello elettorale a non votare pregiudicati e imputati, citando il magistrato Paolo Borsellino) – c’è l’incredibile depistaggio andato in scena nel processo per l’uccisione del giudice Paolo Borsellino e delle donne e degli uomini della sua scorta. Mezze verità nella trattativa tra Stato e mafia e solo brandelli di verità nella strage di via D’Amelio: non c’è bisogno di aggiungere altro per dubitare dell’Italia in ordine a Libertà e Democrazia.

Il PD governa ininterrottamente dal 2013, ha massacrato i lavoratori, ha penalizzato anche gli studenti, ma non vuole mollare il potere

I fatti di queste ore dimostrano che tali dubbi sono ben riposti. L’imposizione di un’assurda raccolta delle firme ad Agosto, tra caldo asfissiante e pandemia, per i nuovi soggetti politici che vogliono prendere parte alle elezioni politiche la dice lunga sulla Democrazia in Italia. Il sistema che ha distrutto l’Italia da trent’anni a questa parte, svendendo le Partecipazioni statali che il mondo ci invidiava (il problema, alla fine, era proprio questo), abbassando drasticamente il tenore di vita dei cittadini si ‘blinda’. Chi ha retto il gioco a una truffaldina Unione europea dell’euro che ha condannato l’Italia a oltre vent’anni di Avanzo primario oggi cerca disperatamente di tenere le proprie posizioni, nonostante la crisi della stessa Ue. E’ il caso del Partito Democratico, europeista per antonomasia, che con un misero 18% preso alle elezioni politiche del Marzo 2018 ha, di fatto, continuato a governare l’Italia. Dal 2013 – con la breve e confusionaria parentesi del Governo grillino-leghista 2018-2019 – questo partito controlla tutto, Governo e sottogoverno. Con maestria, nell’ultimo decennio, ha impedito la nascita di formazioni politiche alla propria sinistra, ricorrendo a personaggi che si fingevano ‘alternativi’, si prendevano i voti dell’elettorato di sinistra per poi consegnarli al PD. Il Ministro uscente, Roberto Speranza, protagonista della disastrosa stagione della pandemia, è uno di questi. Ma adesso il gioco rischia di finire…

L’assurda raccolta delle firme per bloccare Unione Popolare a Italexit

E qui torniamo alla raccolta delle firme. Mentre il PD spadroneggiava al Governo dell’Italia, imponendo politiche ‘europeiste-liberiste-globaliste’ contro il mondo del lavoro e contro gli studenti (vergognosa la legge sull’alternanza scuola-lavoro per ridurre il costo del lavoro alle imprese sulla pelle degli studenti!), è nata Unione Popolare, forza politica che somiglia alla sinistra di Mélenchon in Francia. Sono tante le ‘anime’ della sinistra che si sono messe insieme in questa esperienza. Un nuovo soggetto politico nato dalla convergenza di forze sociali, sindacali di base ed autorganizzate, ambientaliste, politiche tra cui DEMA, ManifestA, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista. Un percorso di democrazia e partecipazione che ora la casta del ‘Palazzo’ sta provando ad escludere dal voto. Per DEMA si intende l’ex Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che, da solo, alle ultime elezioni regionali della Calabria ha raggiunto il 15%. Ed è proprio De Magistris il capo politico di questo variegato e socialmente vivace schieramento politico. E’ in corso un disperato tentativo di impedire la partecipazione di Unione Popolare alle elezioni politiche del 25 Settembre. Se De Magistris e compagni riusciranno a superare gli ostacoli dell’assurda raccolta delle firme per il PD potrebbero essere dolori. Sondaggi molto discutibili danno il PD al 24%. In realtà, i voti veri sono il citato 18% delle elezioni politiche del 2018 e, addirittura, un risultato, in valore assoluto, ancora più deludente alle elezioni europee del 2019. La realtà è che se Unione Popolare riuscirà a prendere parte alle elezioni politiche del 25 Settembre il 6-8% potrebbe essere un risultato raggiungibile. E sarebbero, per il 70% circa, voti strappati al PD, dove tanti elettori di sinistra sono ‘prigionieri’ di questo partito che ha rinnegato i valori della sinistra per abbracciare l’ultra-liberismo globalista dell’Unione europea. A conti fatti, l’eventuale presenza alle elezioni di Unione Popolare terrorizza il PD, che rischia di ritrovarsi al 15, forse al 14%. Lo stesso discorso vale per Italexit. Con la crisi dell’Unione europea, che si è ‘auto-incaprettata’ con le balorde sanzioni alla Russia, il partito di Gianluigi Paragone che si batte per liberare l’Italia dal lager della moneta unica europea vola nei sondaggi ben oltre il 3%, attuale sbarramento per conquistare seggi in Parlamento. Ma anche questa forza politica deve superare lo scoglio della raccolta delle firme.

Un centrodestra arrogante che in Sicilia si sente la vittoria in tasca modello 61 a zero del 2001

Intanto in Sicilia va in scena il grottesco della politica. Il centrodestra si sente la vittoria in tasca e ipotizza un nuovo “61 a zero” in versione Rosatellum. Con questa legge elettorale (pessima) i collegi uninominali, nella nostra Isola, sono 18: 12 alla Camera dei deputati e 6 al Senato. I signori del centrodestra pensano di conquistarli tutti. Il conto lo fa il quotidiano La Sicilia: “9 collegi a Fratelli d’Italia, 5 a Forza Italia, 3 alla Lega e uno ai centristi di Noi con l’Italia”. Conti un po’ troppo ottimistici, almeno per Messina, dove a nostro modesto avviso il movimento del candidato alla presidenza della Regione, Cateno De Luca, potrebbe conquistare uno, forse due seggi. Colpisce la ‘voracità’ di questo fallimentare schieramento politico, che ha ‘bruciato’ il presidente della Regione uscente, Nello Musumeci (caso quasi unico di esponente di Governo del centrodestra senza avvisi di garanzia, imputazioni e processi) per candidare alla guida della Sicilia un personaggio di 72 anni, Renato Schifani, non privo di ombre. Schifani, avvocato amministrativista, deve la sua fortuna politica a Enrico la Loggia che nel 1996 riuscì a farlo inserire in un collegio sicuro nelle liste di Forza Italia (allora si votava con il Mattarellum). Entrambi – la Loggia e Schifani – hanno fatto carriera (La Loggia è stato Ministro del Governo Berlusconi 2001-2006). Ma forse Schifani ha fatto ‘più carriera’ di La Loggia. Sostenuto da Berlusconi, Schifani è stato presidente del Senato. Le lotte ‘fraticide’ all’interno del centrodestra siciliano lo hanno catapultato in queste ore alla candidatura alla presidenza della Regione. E’ sempre stato fortunato, Schifani. Nelle inchieste e nelle ‘storie’ è sempre venuto fuori indenne. Anche se in queste ore Claudio Fava, presidente uscente della Commissione Antimafia del Parlamento siciliano dice: “Delle vicende giudiziarie di Schifani mi interessa poco. Dei suoi trascorsi amicali con Montante, invece, mi interesso e mi preoccupo molto“.

Antonello Montante? Presente…

Montante è Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, nei guai fino al collo con la Giustizia. Ma anche in questo caso Schifani è fortunato, molto fortunato. Fava, infatti, non potrà andare molto oltre, perché si ritrova alleato di un partito – il PD – che con Montante è andato insieme in ben due Governi regionali: con il Governo di Raffaele Lombardo (del quale era assessore Caterina Chinnici, oggi candidata alla presidenza della Regione siciliana del centrosinistra, appoggiata dallo stesso Fava) e con la prima parte del Governo di centrosinistra di Rosario Crocetta. Per la cronaca, un altro assessore del Governo Lombardo era Gaetano Armao, anche lui candidato alla presidenza della Regione siciliana con Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Renzi, peraltro da assessore ancora in carica del Governo Musumeci. Insomma, questo benedetto Antonello Montante esce dalle porte e rientra dalle finestre… E’ questa l’atmosfera nella quale il centrodestra siciliano si sente vincente. I voti siculi in un modo o nell’altro arriveranno, un po’ per la nausea verso gli altri partiti (i grillini a caccia di poltrone che si alleano con il PD o che candidano parenti dopo i due mandati sono impareggiabili), un po’ perché la vecchia Sicilia risponde sempre a certe sirene. Auguri ai siciliani che voteranno questi personaggi di centrodestra, di centrosinistra e i neo-calendian-renziani, bravissimi, ve li meritate tutti.

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