di Enzo Guarnera
Rileggere i classici della letteratura aiuta a riflettere.
Per esempio, le “Novelle” di Giovanni Verga.
In quella che ha per titolo “La Roba” si narra del contadino Mazzarò che ha prodotto e accumulato ricchezze per tutta la vita.
È schiavo della bramosia del possesso, dell’attaccamento ai beni materiali, dell’avarizia.
Questa vicenda riguarda tutti gli esseri umani.
Produrre, accumulare e possedere senza sosta, rappresenta la colonna sonora della vita di molti.
E non solo riguardo ai beni materiali, ma anche, tragicamente, rispetto ai rapporti con le persone.
È un circuito perverso generato dalla mancanza di una profonda e stabile identità, e che determina insicurezza.
Produrre, accumulare e possedere diventano, così, una forma di compensazione inadeguata.
Il risultato è uno stato di insoddisfazione che diventa perenne.
Alla fine si è infelici.
La via d’uscita da una tale schiavitù dell’anima non è facile.
Occorre reinventarsi, operare un radicale rinnovamento del cuore e della mente.
Suggerisco un percorso, tra i tanti possibili. Privarsi della titolarità dei propri beni e cederli agli eredi quando si è ancora in vita.
È una sensazione nuova, di leggerezza, di libertà.
E si scoprono quali sono i rapporti autentici, non mediati da aspettative materiali.
Rapporti nei quali ci si vuole bene per quello che si è, non per quello che si ha e che si potrà dare.
Chiudo con una confidenza personale: questa scelta l’ho fatta molti anni fa.
Il mio testamento, che ancora non ho scritto, sarà solo spirituale.