Il Governo dimissionario di Mario Draghi ha scoperto andando a fare la spesa che c’è l’inflazione. L’aumento dei prezzi colpisce anche i generi alimentari. Così ha deciso di ridurre l’IVA su alcuni generi alimentari. Quali? Pane, pasta, farina, tutti i tipi di olio d’oliva e anche latte. Non solo. E’ allo studio un abbassamento dell’IVA su gelati, pesce fresco (quello pescato in Italia, che ormai è una minoranza, o quello importato? da approfondire), uova, cioccolato, carne bovina, pollo e salumi. Non ci sono gli ortaggi e la frutta. Per questi prodotti l’IVA è al 4% e la sua riduzione sarebbe ininfluente per i consumatori. Ciò non significa che non sia una fregatura, se è vero che ci sono ortaggi – come il pomodoro – il cui prezzo, in certi casi, è cresciuto a dismisura. Così il governo conta di ‘raffreddare’ l’inflazione. La manovra costerebbe 12-13 miliardi di euro che il Governo ha trovato ‘raschiando’ di qua e di là. Da notare che il Governo sta intervenendo a sostegno delle famiglie, ignorando la crisi degli agricoltori, soprattutto i produttori di grano di Sud Italia e Sicilia. Ci spieghiamo meglio.
Quando si parla di crisi dell’agricoltura italiana bisogna distinguere tra agricoltori del Nord Italia e agricoltori del Sud Italia e della Sicilia. La differenza, per ciò che riguarda i seminativi, sta tutta nell’applicazione del primo Pilastro della PAC, la Politica Agricola Comunitaria. Per la cronaca, il Primo Pilastro finanzia, tra le altre cose, i pagamenti diretti agli agricoltori. Il calcolo su quanto corrispondere ai titolari dei terreni a seminativo è stato fatto nel passato, quando in effetti le rese dei terreni del Nord Italia erano molto alte, mentre le rese dei seminativi di Sud e Sicilia erano piuttosto basse. Oggi non è più così, ma la ripartizione dei fondi comunitari è sempre la stessa. Fatto dieci l’ammontare della somma, otto va ai proprietari dei terreni seminativi del Nord Italia e due va ai proprietari dei terreni seminativi di Sud Italia e Sicilia. Da anni si discute di rivedere la ripartizione dei fondi del Primo Pilastro, ma vanamente, perché gli agricoltori del Nord Italia non ne vogliono sapere di rivedere una ripartizione che oggi li ultra-agevola. Così chi produce grano duro nel Sud e in Sicilia è fregato due volte: deve fronteggiare le speculazioni al ribasso (cosa che sta succedendo in questi giorni) e incassa un quinto dei contributi che incassano i cerealicoltori del Nord Italia. Ora il Governo Draghi interviene per abbassare l’IVA a pane, pasta e farina, ma non interviene in favore dei produttori di grano duro del Sud fregati due volte dalla speculazione a ribasso del prezzo del grano e dai contributi comunitari che sono un quinto, in media, dei contributi che incassano i cerealicoltori del Nord Italia.
Lo stesso discorso vale per la zootecnia. In tanti si interrogano sul perché nel Nord Italia – Lombardia, Emilia Romagna, Veneto – ci sono così tanti allevamenti zootecnici (soprattutto di bovini e maiali, ma non soltanto). Sono domande legittime, perché l’eccesso di presenza di questi allevamenti provoca un inquinamento spaventoso. Dimenticando – nel Nord Italia si ragiona così – che i titolari di questi allevamenti fanno business, ovvero guadagnano un sacco di soldi (rendendo ‘felici’ i politici che gli reggono il gioco); mentre l’inquinamento viene ‘socializzato’, nel senso che i costi per fronteggiare questo inquinamento sono a carico della collettività. Pensate che per incrementare – e per pagare meno imposte e, quindi, per guadagnare di più – nel Nord Italia applicano da decenni un contratto agrario – la soccida – che viene piegato agli interessi dei grandi allevatori. Già questo potrebbe bastare per spiegare la grande presenza di allevamenti nel Nord Italia. Invece c’è dell’altro, perché i nostri amici allevatori del Nord Italia si prendono quasi tutti i contributi per la zootecnia del primo Pilastro della PAC. Quindi soldi, su soldi, su soldi per i nostri amici allevatori del Nord Italia. Quindi quando la televisione racconta, ad esempio, della crisi del grano, con il caldo che ha ridotto la produzione, sappiate che questo problema riguarda solo Sud e Sicilia. Sappiate che i contributi dell’Unione europea del Primo Pilastro PAC per i seminativi vengono erogati “a superficie”, a prescindere se nei fondi si coltivi o non si coltivi il grano. Quindi quando la televisione vi racconta della “crisi del grano”, con il caldo che ha “ridotto drasticamente le produzioni”, sappiate che il problema non riguarda gli agricoltori del Nord Italia, che incassando gli otto decimi dei contributi PAC Primo Pilastro sono sempre in attivo. Mentre al Sud e in Sicilia, se la prodizione di grano duro si riduce e, contestualmente, si scatena la speculazione al ribasso del prezzo del grano, anche con i due decimi di contributi PAC Primo Pilastro i produttori di grano duro di Sud e Sicilia lavorano in perdita. Specie – come succede quest’anno – se i costi di produzione sono aumentati a dismisura. Dov’è la politica italiana rispetto a questa grande ingiustizia? Cosa fanno i presidenti della Regioni meridionali e della Sicilia per cambiare questo andazzo neocoloniale? Cosa fanno i parlamentari europei eletti nel Sud Italia e in Sicilia?
Foto tratta da la Gazzetta Torinese