di Economicus
“La CGIA di Mestre ha stimato in 106 miliardi di euro l’extra costo per le imprese italiane causato dai rincari di energia elettrica e gas, basandosi sulla media dei consumi pre-pandemia ed applicando per l’intero 2022 le tariffe applicate in bolletta negli ultimi sei mesi”. Secondo Per l’Associazione artigiani e piccole imprese la situazione potrebbe essere anche più complicata. Quanto ai provvedimento adottati dal Governo di Mario Draghi, ebbene, potrebbero non bastare per tutelare il sistema imprenditoriale. L’ufficio studi della CGIA ipotizza, per l’anno in corso, gli stessi consumi registrati nel 2019, solo che il calcolo dei costi viene effettuato applicando le tariffe degli ultimi sei mesi. Dal 2019 ad oggi – stando sempre ai dati forniti dalla CGIA – il costo dell’energia elettrica è aumentato del 378%. Se nel 2019 le imprese italiane, per un consumo di 217.334 GWh spendevano quasi 36 miliardi di euro, adesso spenderanno 108,5 miliardi di euro, con un incremento di 72,6 miliardi di euro. Non va meglio per il gas. tre anni fa il costo medio era di quasi 16 euro per MWh; nel primi sei mesi del 2022 il prezzo è schizzato a 100 euro (+538%) per MWh. Per un consumo medio di 282.814 GWh, nel 2019 le imprese italiane hanno speso circa 9,5 miliardi di euro, mentre oggi il costo si aggira intorno a 42,8 miliardi (33,3 miliardi di euro in più).
A questo punto basta fare la somma: 72,6 miliardi di extra costi per la luce e i 33,3 miliardi di extra costi per il gas. Così vengono fuori i 105,9 miliardi di euro di costi aggiuntivi rispetto a tre anni fa. In questo caso non abbiamo una questione meridionale, ma una questione settentrionale, nel senso che a subire di più gli aumenti di luce e gas è il Nord Italia rispetto al Sud. Del resto, il Nord Italia drena risorse al Sud dal 1860 per sviluppare il proprio sistema produttivo. Per svilupparlo, lo ha sviluppato, a scapito del Sud. Ma adesso che è arrivata la crisi energetica ne pagherà le maggiori conseguenze. Chi pagherà di più eè la Lombardia, poi l’Emilia Romagna, poi il Veneto e in quarta battuta il Piemonte. Se nel passato – parliamo della Prima Repubblica, quando c’erano gli interventi straordinari nel Mezzogiorno – si puntava a fare crescere l’economia del Sud per ridurre il divario economico e infrastrutturale della stesso Sud verso il Nord, con l’avvento della crisi energetica sembra che sia il Nord ad avvicinarsi al Mezzogiorno. Visto dal Sud Italia, parafrasando Adam Smith, economista molto amato dai liberisti, è come se una “mano invisibile” stia cominciando a riequilibrare al ribasso Nord e Mezzogiorno d’Italia. Cose che capitano…