Cominciamo la settimana dedicando il nostro MATTINALE 710 al grano. E’ un argomento che seguiamo. Ed è anche giusto rispondere a chi ha manifestato qualche dubbio sul fatto che il prezzo del grano duro stia andando giù. Così come è giusto rispondere del perché scriviamo da qualche giorno che il grano duro canadese sta di nuovo invadendo l’Italia. Cominciamo con una nota del senatore Saverio De Bonis. Presidente di GranoSalus, protagonista da anni di battaglie sociali e politiche in difesa del grano duro del Sud, De Bonis è stato eletto al Senato nel Marzo del 2018 nelle file del Movimento 5 Stelle. Quando i grillini hanno intrapreso la via governista – di fatto dimenticando tanti degli impegni assunti con gli elettori – De Bonis ha lasciato il Movimento. Oggi milita in Forza Italia. Non sappiamo quanto possa difende il Sud e il mondo del grano duro dentro un partito politico nazionale che non ha mai dimostrato grande interesse per il Sud. Ma fino ad ora – questo bisogna riconoscerlo – ci sta provando. Ecco una sua nota stilata al termine incontro di qualche giorno fa con un centinaio di cerealicoltori, nelle campagne di Gravina di Puglia: “Data la situazione che i nostri produttori stanno affrontando credo sia necessario non interrompere il lavoro fatto fin qui in Commissione agricoltura e al Mipaaf per rendere più trasparente la formazione del prezzo del grano duro. Mi sono confrontato a Gravina con un’assemblea di produttori preoccupati e in oggettiva difficoltà. Sono agricoltori che fanno alcuni dei migliori cereali del mondo e non riescono a farsi una ragione dell’andamento del prezzo del prodotto raccolto e di quello trasformato che ormai formano un delta non più sostenibile. Se da una parte i consumatori sono costretti a comprare pasta Made in Italy con rincari del 20%, dall’altra gli agricoltori sono costretti a vendere il proprio grano al 20 % in meno, pur a fronte di un calo di produzione del 30-40%”. In genere, in economia, quando l’offerta di un bene si riduce il prezzo aumenta. nel Sud e in Sicilia succede invece una cosa strana: l’offerta di grano duro si riduce e il prezzo invece di aumentare va giù! “Ora – prosegue De Bonis – uno strumento che abbiamo costruito è quello della Commissione unica nazionale-CUN che nella sua sperimentazione risente della convivenza con i desueti meccanismi delle Borse merci locali. Dobbiamo rendere definitiva la CUN consentendole di formare in modo trasparente un prezzo nazionale che sia da riferimento per tutti, anche per le Borse merci locali”.
Se da qualche settimana scriviamo che il prezzo del grano duro va giù non ci stiamo inventando nulla. Il prezzo del grano va giù perché, come ricorda nel report della fine della scorsa settimana l’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, “Tutti i fattori rialzisti della primavera sembrano essere svaniti questa settimana (leggere la scorsa settimana ndr). Nel frattempo, sono arrivati nuovi sentimenti ribassisti: il dollaro più forte dal 2002 è sicuramente deflazionistico. Il solo 2° raccolto di mais del Brasile è stato più grande delle loro 3 mietitrebbie della scorsa stagione. Russia e Ucraina hanno firmato un accordo storico per riaprire i porti ucraini del Mar Nero per le esportazioni di grano. Tutto ciò ha portato i mercati agricoli statunitensi per lo più al ribasso questa settimana”. Poi ci sono anche i fattori interni all’Italia. De Bonis cita correttamente la CUN, la Commissione Unica Nazionale del grano duro che, a distanza di sei anni dalla sua istituzione, stenta a decollare. la CUN dovrebbe sostituire le Borse merci locali. E dovrebbe fissare un prezzo nazionale del grano duro da applicare in tutto il territorio italiano. Ma la verità è che ci sono problemi a far decollare definitivamente la CUN. Istituita nel 2016 grazie soprattutto all’impegni dei parlamentari nazionali del Movimento 5 Stelle, la CUN, ancora oggi, non funziona come dovrebbe. nel 2016 il Governo di Matteo Renzi l’ha bloccata. Idem il Governo di Paolo Gentiloni. Poi sono arrivati i Governi con i grillini. Il Governo Conte 1 con grillini e leghisti non ha messo in funzione la CUN grano duro. Idem il Governo Conte 2 tra grillini e PD. solo negli ultimi tempi, grazie all’impegno di un gruppo di parlamentari nazionali meridionali – e tra questi De Bonis – la CUN grano duro ha iniziato a riunirsi. Ma ancora non decolla. E non è difficile capire il perché. La CUN grano duro, fissando il prezzo di questo cereale da applicare in tutto il territorio nazionale, taglierebbe le gambe a chi ha interesse a speculare al ribasso sul prezzo del grano duro.
Siamo così arrivati alla radice del problema, al paradosso di questi giorni: il prezzo della pasta italiana che è cresciuta del 20%, la produzione di grano duro meridionale che si è ridotta del 30-40% e il prezzo del grano duro che in Puglia è sceso del 20%! In Sicilia lo scenario è ancora peggiore, perché se in Puglia il grano duro si vende a 48-50 euro al quintale, nella nostra Isola non si va oltre 43 euro al quintale. Arriviamo alla questione del grano duro canadese. Ancora De Bonis: “Il prezzo del grano duro italiano, proprio in concomitanza con il periodo della #trebbiatura, è sceso di circa il trenta per cento. Nello stesso tempo continuiamo a comprare grano canadese, con caratteristiche simili ma di qualità inferiore al nostro, ad un prezzo che resta più alto. Per fare due numeri: non si capisce perché se il canadese viene quotato 58 euro al quintale i nostri produttori lo debbano invece vendere al di sotto dei 50 euro. Del resto, il vero prodotto internazionale con cui comparare quello italiano di qualità è il Desert Durum che costa oggi il 30% in più del canadese di prima. Il mondo agricolo del Meridione può reagire in un modo compatto anche grazie alla #CUN che deve diventare effettiva subito per contribuire alla formazione di un prezzo equo e trasparente che tenga conto di tutte le dinamiche di mercato oltre che dei costi e dei rincari di tutte le materie prime necessarie dal gasolio, al fertilizzante, agli agrofarmaci, alla manodopera. Ora qualcuno minaccia di inondare il mercato con grano canadese a Settembre per indurre i produttori a vendere subito e a vendere a poco. Alcune testimonianze hanno tirato in ballo la questione di alcune vendite, perfettamente legali, di fatto allo scoperto che condizionano il mercato in modo negativo. Anche perché chi ha venduto a 60 euro/qle a inizio anno con consegna a Giugno, non avendo il prodotto conta di comprarlo oggi a meno per farci il suo margine. Perché non si tiene conto anche di questi contratti nelle commissioni?”.
Va precisato che sì, lo scorso anno i cambiamenti climatici hanno ‘bruciato’ il 50% della produzione di grano canadese. Ma una parte del restante 50% di grano canadese è stata esportata. Quando scriviamo di acquisti di grano duro canadese ci riferiamo in minima parte al grano duro canadese dello scorso anno e, in massima parte, al grano duro canadese che sarà disponibile da Settembre in poi. E poiché, almeno fino ad ora, i cambiamenti climatici non hanno arrecato grandi danni alla produzione di grano canadese 2022, esistono già contratti di acquisto di tale grano. Piaccia o no, tutto questo influenza al ribasso il prezzo del grano insieme con altri fattori ribassisti. Se poi la CUN grano duro, di fatto, ancora non funziona come dovrebbe, ecco che il prezzo del grano duro di Sud Italia e Sicilia va giù. Considerato che la situazione, in agricoltura, si va complicando – non soltanto per il grano duro, ma un po’ per tutte le colture e anche per gli allevamenti a causa dell’aumento stratosferico dei costi di produzione (sementi, fertilizzanti, carburante agricolo) e rilevato il disinteresse della politica verso l’agricoltura – abbiamo formulato una proposta per la Sicilia: una lista di agricoltori alle prossime elezioni regionali siciliane. Sappiamo che non è una cosa semplice, anche perché, forse, in Sicilia si opterà per l’election day, ovvero abbinamento di elezioni politiche nazionali ed elezioni regionali siciliane il 25 Settembre. Se sarà così – e probabilmente sarà così – ci sarebbero pochi giorni disponibili per raccogliere le firme per presentare le liste. Non abbiamo raccolto commenti pieni di entusiasmo. In Sicilia è uso lamentarsi molto e fare poco per affrontare i problemi in modo strutturale. A questo punto avanziamo una seconda proposta: nel Sud è nato un nuovo movimento meridionalista, Futuro Meridiano. A coordinarlo in Sicilia è un imprenditore agricolo, Franco Calderone. Bene: se la sentono gli amici siciliani di Futuro Meridiano di cominciare a lavorare alla presentazione di una lista di agricoltori alle elezioni regionali siciliane? Si tratta di trovare qualcuno che si assuma l’onere di candidarsi alla presidenza della Regione e poi di iniziare a lavorare per presentare liste in tutt’e nove le province siciliane. A cominciare, ovviamente, dalla raccolta delle firme. Se la sentono gli amici di Futuro Meridiano di intestarsi questa battaglia culturale e politica?
Foto tratta da Agricoltura.it