Si scaldano i motori ed escono i primi nomi dei possibili prossimi candidati per la Presidenza della Regione siciliana in vista di un caldo autunno. Si vota a Novembre, mese di vendemmia, quando si raccoglieranno i frutti di quanto in questi giorni si va seminando. Dopo l’ufficializzazione della candidatura dell’ex Sindaco di Messina, Cateno De Luca, e la notizia delle primarie del centrosinistra che vedranno in lizza Caterina Chinnici per il PD, Claudio Fava per la sinistra e di Barbara Floridia per il M5S e in attesa di conoscere se vi sarà conferma o il passo di lato del presidente uscente, Nello Musumeci (e quindi di conoscere le mosse del centrodestra, con riferimento a Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, reduce dal successone palermitano ma anche dalla sconfittona veronese), viene ufficializzata in queste ore la candidatura alla carica più alta della Regione siciliana di Lillo Massimiliano Musso, segretario generale di Forza del Popolo, emergente formazione politica ormai presente in tutta Italia. Musso, avvocato di 46 anni, volto noto non solo in Sicilia, è riconosciuto come esponente di spicco dell’area antagonista del Governo Draghi. Fondatore di Mille Avvocati per la Costituzione ed estensore della denuncia “La Nuova Norimberga” ha denunciato alla Direzione Nazionale Antimafia voluta da Giovanni Falcone l’attuale capo del governo nazionale per eversione dell’ordine democratico con riferimento alla gestione della cosiddetta “emergenza pandemica”. Abbiamo posto a Musso alcune domande.
Avvocato Musso, intanto bentornato tra le pagine de I Nuovi Vespri. Abbiamo notato che il suo storico movimento politico denominato Forza del Popolo è da circa un anno diventato un vero e proprio partito politico. Il suo nome di tanto in tanto viene agitato come quello di un possibile futuro papabile per la Presidenza del Consiglio in Italia. Perché ha deciso di scendere in campo in Sicilia?
“Occorrerebbe porre la stessa domanda agli altri candidati, che le risponderebbero che loro ‘amano’ la Sicilia, hanno a cuore i siciliani, che vogliono invertire la rotta del malessere economico e così via. Risponderebbero con pura retorica. Tenterò di risponderle distinguendomi dall’ovvio. Ho accettato la candidatura proposta dalla federazione siciliana di Forza del Popolo all’esito di un protratto confronto nella base e tra i vertici del partito nazionale. Siamo giunti alla conclusione che nessuna delle formazioni in campo merita fiducia. Assistiamo, infatti, al solito teatrino di finte contrapposizioni che ingannano il popolo e non risolvono mai, anzi aggravano, la crisi sociale ed economica della Sicilia e dell’Italia intera. Basti pensare all’irrealizzato Statuto della Regione siciliana, invocato da Nello Musumeci solo per reclamare poteri straordinari sulla Polizia di Stato e sull’Esercito e disatteso per la parte che consentirebbe alla Sicilia di recuperare il gap economico con altre Regioni italiane. Ma il giudizio è per tutti uguale. La differenza tra i governi regionali Crocetta e Musumeci, ad esempio, sta meramente nel cognome. La Regione è stata guidata ‘a campare’, nessuna problematica ha trovato una risposta adeguata, seria ed efficace ed i numeri impietosi dell’Istat stanno a certificare il pieno fallimento politico ed amministrativo del quinquennio di Musumeci”.
In occasione delle elezioni comunali palermitane, il ritorno nella scena politica di Marcello Dell’Utri e di Totò Cuffaro e gli arresti di due candidati per voto di scambio politico-mafioso in piena campagna elettorale hanno ridestato nel trentennale delle stragi Falcone/Borsellino il dibattito nell’opinione pubblica dell’opportunità di selezionare la classe politica in modo da escludere pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata nelle Istituzioni. Qual è la sua posizione?
“Rappresento quei siciliani che non hanno alcun contatto con ambienti criminali e che reputano criminali anche quei professionisti dell’antimafia di facciata che hanno imposto la propria egemonia nella società siciliana ammantandosi di doti morali che non hanno. Il rientro nella scena politica di Dell’Utri e di Cuffaro è stato rivelatore dei due grandi mali della nostra società isolana. Da una parte, coloro che non hanno disdegnato di camminare con chi ha incarnato il disvalore della violenta prevaricazione; dall’altra, coloro che hanno prevaricato violentemente all’ombra delle leggi. Se la Sicilia non esprime la sua massima potenzialità è perché è ingabbiata negli appalti truccati ‘secondo legge’, nelle graduatorie di ogni genere piegate a logiche clientelari, anche per il silenzio di una classe intellettuale incapace di esprimere una visione ed una critica ad un sistema politico che ha consentito ad indagati per fatti in cui si evidenziava la parola ‘mafia’ di continuare tranquillamente a sedere nella Commissione Regionale Antimafia presieduta dall’on. Claudio Fava. Con quale credibilità si ergono a paladini antimafia personaggi che non si sono avveduti della gestione per lunghi anni del servizio idrico integrato ad Agrigento senza la necessaria certificazione antimafia? La Sicilia, ricordava Rosa Balistreri, ha un padrone che la tiene sottomessa e la responsabilità non è solo degli altri, ma in primis di quei politici siciliani che non hanno mai lottato per la propria terra, nel quadro dei diritti e delle tutele affermati dalla Costituzione italiana”.
C’è un politico siciliano del passato che guarda con attenzione e che abbia ricoperto la funzione di Presidente della Regione siciliana?
“Piersanti Mattarella, prima di essere ucciso, ha lasciato un testamento morale importantissimo. Il suo discorso a Palazzo dei Normanni del 9 novembre 1979 davanti al Presidente della Repubblica Sandro Pertini è una pietra miliare che indica dove riprendere un percorso politico capace di liberare la Sicilia e i Siciliani. Già all’epoca, quel grande Presidente rivolse in modo fermo le sue critiche ad un modello neoliberista, quello della Comunità Economica Europea, che imponeva restrizioni senza mantenere le promesse di sostegno, additava una zona grigia di contiguità con ambienti malavitosi ed auspicava una forte moralizzazione della vita pubblica, in particolare di quella politica. Venne ucciso due mesi dopo nelle vesti di erede politico di Aldo Moro per la guida della DC e del Governo italiano. È una questione nazionale irrisolta che va letta nelle questioni geopolitiche che ancor oggi ci pongono a rischio di una guerra mondiale”.
E dei presidenti eletti direttamente dal popolo dal 2001 ad oggi chi preferisce?
“Nessuno. Totò Cuffaro cade per una condanna definitiva a sette anni di reclusione per favoreggiamento personale verso persone appartenenti a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Raffaele Lombardo cade dopo una condanna in primo grado a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, il 31 marzo 2017 la Corte d’Appello di Catania lo condanna a 2 anni di reclusione per voto di scambio, infine, nel 2022 viene assolto da entrambe le accuse nel secondo processo d’Appello. Rosario Crocetta, senza arte né parte se non l’etichetta di ‘antimafioso’, giunge in un clima in cui un certo potere ha dovuto schierare una macchietta per coprire macchie più grandi; ricordiamo che l’epopea di Crocetta non è ancora conclusa e che il 2 aprile 2022 è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Caltanissetta nell’ambito della cosiddetta inchiesta Montante bis con le imputazioni di associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti. Poi venne Nello Musumeci, che durante il Governo Crocetta è stato il presidente della commissione regionale antimafia, come ora il presidente uscente della commissione antimafia, Claudia Fava, corre per la presidenza della Regione. Come vede, dopo la condanna definitiva di Cuffaro e la condanna di Lombardo (infine, assolto) vi è l’esigenza di vestire abiti d’antimafia, a prescindere da un effettivo impegno nel contrasto concreto del crimine organizzato”.
Forza del Popolo con la sua candidatura a che tipo di elettorato si rivolge?
“Al popolo, quindi a tutti indistintamente. Siamo una formazione popolare di ispirazione socialista e cristiana. Qualcuno ci indica ora come morotei ora come sovranisti. Noi siamo semplicemente una formazione politica ricca di competenze che si cimenta nella battaglia politica per portare a casa risultati concreti per i cittadini: acqua pubblica, ad esempio, come difesa della famiglia, contrasto delle cause che determinato lo spopolamento dei Comuni siciliani. Cose concrete. Pur fondate su una cultura politica ben definita e riassunta nella Costituzione italiana”.
E la questione degli autonomisti siciliani?
“Quale tra le tante? Vi sono molti movimenti che si definiscono autonomisti o indipendentisti. Recentemente abbiamo contato almeno quaranta sigle a cui non corrisponde un’effettiva organizzazione. Vi sono certamente persone serie che interpretano con competenza la questione giuridica dell’autonomia della Regione siciliana, ma senza alcuna concreta capacità organizzativa e comunicativa. Noi di Forza del Popolo abbiamo riconosciuto nel nostro manifesto politico nazionale la Regione siciliana come Regione autonoma dello Stato italiano ed abbiamo posto la realizzazione integrale dello Statuto siciliano come questione di rilevanza costituzionale”.
E come vede Cateno De Luca, accreditato dopo la sua strabiliante vittoria in quel di Messina come favorito per la Presidenza?
“È un uomo furbo, sa bluffare, ha sempre un asso nella manica. Penso che senza i soldi di cui dispone a stento oggi sarebbe consigliere comunale di lungo corso in un paesino della provincia di Messina. Si spaccia come un uomo del popolo, ma non lo è. È un ultramilionario con interessi diffusi a macchia d’olio. Penso che i suoi affari possano distrarlo enormemente. Soprattutto, non è una novità nel panorama politico. È in auge da trent’anni. Ha saputo far parlare di sé e di sé soltanto, creando un perenne clima di scontro personale. Ha saputo interpretare il malessere popolare che non lo riguarda personalmente e colmare un vuoto di rappresentanza senza effettivamente rappresentare nessuno di coloro che fin qui lo hanno votato e sostenuto. Certamente è un personaggio imprescindibile della vita politica siciliana. Lo ritengo inadeguato per il ruolo di Presidente della Regione perché non riesce ad esternare una visione politica d’insieme. Difetta radicalmente di cultura politica. È certamente un cavallo di razza per condurre campagne elettorali sensazionaliste ed anche per raggiungere un certo suffragio, ma – a parer mio – è totalmente privo di una vera vocazione politica, non rappresenta un pensiero, non è destinato ad incidere nella storia. Mentre lo vedo molto bene all’opposizione per sollevare polveroni. Del resto, la sua squadra non è costituita da persone di una certa levatura culturale e professionale ma da due personaggi da cabaret come Ismaele La Vardera e Dino Giarrusso, che rafforzano la mia percezione di un politico all’occasione che rinuncia alla politica vera per tentare il suo arrembaggio con una pura operazione di marketing politico e di spettacolarizzazione della campagna elettorale. Non mi hanno convinto i 5 Stelle, si figuri se possa mai sedurmi un trio da avanspettacolo costituito da De Luca, La Vardera e Giarrusso”.
Grazie per le risposte, torneremo a risentirci per una prossima intervista.
“Con grande piacere, grazie a Lei Direttore”.
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