- La cattedrali della desertificazione
- La disorganizzazione della Sicilia
- Tra collaudi finali mancati e fanghi di sedimento depositati sui fondi
- I costi maggiorati di energia elettrica
La cattedrali della desertificazione
Quante dighe e invasi artificiali ci sono in Sicilia? Sono gestite bene o ci sono problemi? A queste e ad altre domande risponde uno studio – dati ISTAT alla mano – che porta la firma di Ernesto Abate, Segretario Regionale Sifus Consorzi di Bonifica. E’ un lavoro molto interessante che fa luce sul perché, nonostante il grande numero di dighe e invasi artificiali presenti nella nostra Isola – e nonostante la piovosità di questi anni – ci sono problemi per l’irrigazione. Leggiamo e commentiamo insieme questo studio.
La disorganizzazione della Sicilia
“532 dighe ed invasi artificiali presenti in 20 Regioni d’Italia, di cui solo in Sicilia ne sono presenti ben 46! – scrive Abate -. Tra tutti gli invasi presenti in Italia, l’8,6% è presente nella terra martoriata di Sicilia, quella in cui è determinante il 70% di desertificazione strutturale! Si tratta della quinta Regione più dotata di laghi ed invasi artificiali che distribuisce ogni anno, mediamente, 830.502.756 m³ d’acqua, in una superficie irrigata di 1603 km², consumando ben 518.216 litri d’acqua per km². Un valore alto ma non altissimo, visto che il valore medio è di 466.613 litri d’acqua per km² ed il valore più alto dei consumi irrigui è assegnato alla Lombardia che ne consuma per la stessa superficie, quasi il doppio della Sicilia, visti i suoi 808.548 litri d’acqua per km²! Tra l’altro, proprio la Sicilia, possiede laghi ed invasi artificiali di grande rilievo in Italia, tali da rientrare tra le più grandi opere artificiali per altezza (superiori a 100 metri) o capienza (superiori a 100 milioni di metri cubi d’acqua).
Al 6° posto c’è il lago di Lentini (Sr);
Al 18° posto c’è la diga Rosamarina (Pa);
Al 20° c’è il lago di Ancipa (En – Me);
Al 29° posto c’è la diga Don Sturzo (En);
Al 34° posto c’è la diga di Pozzillo (En)”.
Tra collaudi finali mancati e fanghi di sedimento depositati sui fondi
“Detto ciò, cosa c’è che non va in Sicilia, per avere questo grado così alto di desertificazione ormai diventata strutturale? Semplice… si fa per dire! La quasi totalità dei laghi e degli invasi è priva di collaudo finale e mai lo riceverà, considerato che, oggi, i fanghi di sedimento depositati sui fondi hanno superato il 35% della capienza massima e considerato che dragarli costa più che realizzarne di nuovi. Manca l’interconnessione tra gli invasi, i laghi e le dighe e quindi molto spesso c’è più acqua dove se ne consuma poco e c’è carenza d’acqua dove ne serve tanta (vedi il caso di Enna che invasa tantissima acqua e ne distribuisce una piccola parte)”. Qui ci dobbiamo fermare per ricordare che, alla fine degli anni ’80, il Governo regionale siciliano retto allora dal democristiano Rino Nicolosi riuscì a finanziare con i fondi dell’Agensud otto schemi idrici che avrebbero dovuto interconnettere le più importanti dighe della Sicilia. Sarebbe interessante capire perché quelle opere non sono mai state completate. Aggiungiamo che anche i collaudi finali mancanti e i fanghi sono problemi vecchi mai affrontati. Per completezza d’informazione, va detto che l’attuale Governo regionale ha finanziato alcuni interventi per liberare alcune dighe dai fanghi.
I costi maggiorati di energia elettrica
“Tra gli handicap – prosegue Abate – c’è la capacità di vettoriamento e distribuzione limitati, che non permettono una corretta capacità di invaso e di distribuzione, facendo perdere ben oltre il 60% dell’acqua che sarebbe potuta essere stata tranquillamente fruibile alla bocchetta dell’agricoltore, senza che questo servizio irriguo si traducesse in danno e/o contenzioso, per effetto di rotture e cedimenti strutturali! In questa logica si perde una quota parte della competitività economica nel mercato agroalimentare; mentre un’altra quota parte della competitività si perde per la composizione morfologica della Sicilia e la mancata interconnessione tra le dighe ed invasi, per cui si rendono necessari gli impianti di sollevamento d’acqua, per raggiungere le quote più alte ed i territori più impervi dell’entroterra, rendendo oneroso il costo della quote di pagamento delle bollette di quota fissa e di consumo, a carico degli utenti consorziati. Un fattore di penalizzazione ulteriore è quello per cui i Consorzi di Bonifica sono sottoposti al pagamento di bollette di energia elettrica per questi impianti di sollevamento, con svariati aggravi di milioni di euro l’anno, spesso pagati in regime di salvaguardia, cioè maggiorati del 40%, poiché i Consorzi di Bonifica risultano essere Enti morosi e quindi diventa impossibile cercare fornitori di servizi elettrici a costi più contenuti, per favorire un maggior risparmio di gestione che si ripercuote sull’utenza consortile. Questi dati oggettivi portano la Sicilia a forte vocazione agricola qual è, fanalino di coda d’Italia, considerato che il 38% degli abitanti è a rischio povertà.
Il tema centrale a questo punto risiede nella capacità di spesa attraverso il buon uso dei fondi extra regionali, senza che gli stessi si traducano in maggiori costi passivi per il cittadino ‘pagante”!
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