Tutti festeggiano le vittorie alle elezioni comunali. Peccato che, in media, il 60% degli italiani non va più a votare. E il fatto che la percentuale di votanti così bassa riguarda il voto alle elezioni comunali dovrebbe preoccupare ancora di più la politica, perché, di solito, nelle elezioni locali giocano più fattori, anche personali e di parentela e amicizia. Un politico che si preoccupa del grande astensionismo è il leader di Azione, Carlo Calenda, che s’interroga – correttamente – come dare voce a milioni e milioni di cittadini che disertano le urne. Dopo di che Calenda allarga la sua analisi al centrodestra e lì commette un doppio errore. “Il centrodestra – dice Calenda – ha un problema enorme sia di classe dirigente che di presenza ovunque di scorie fascistoidi, di Italexit, No Vax e questo è un problema enorme. Io suggerisco al centrodestra di fare una riflessione sulla qualità dei loro candidati”. Intanto Calenda commette un errore classificando Italexit di Gianluigi Paragone come forza politica di centrodestra. Paragone ha fondato un partito con un obiettivo preciso: fare uscire l’Italia dall’euro. Essere contro la permanenza dell’Italia nell’euro non significa essere di centrodestra, sennò dovremmo considerare di centrodestra i tanti premi Nobel per l’Economia che dicono che l’euro è un disastro e che l’Italia dovrebbe abbandonare la moneta unica europea! Peraltro, per quello che valgono i sondaggi, i ‘numeri’ darebbero ragione a Paragone, se è vero che Italexit sarebbe già al 5%. Ma la vera forza di Italexit sta nell’opposizione vera al Governo di Mario Draghi, opposizione molto più seria di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che appoggia le demenziali sanzioni all’Ucraina disposte dalla Ue. Sono le scelte politiche della Ue e di Mario Draghi che faranno vincere Italexit: e questo avverrà prima delle elezioni politiche del prossimo anno, perché l’Unione europea senza gas russo e senza petrolio russo collasserà, se non prima, magari anche a causa dei cambiamenti climatici.
Anche sul centrodestra Calenda sbaglia. In questo momento il centrodestra paga lo scontro tra Matteo Salvini, il leader di una Lega sempre più in crisi, e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Pur sapendo che il centrodestra unito vince nell’80% dell’Italia, i due leader non possono fare a meno di litigare. Più che altro è Salvini a tenere viva la polemica per cercare di bloccare l’emorragia di voti. I ‘capi’ del Nord leghista, quando si è insediato il Governo Draghi, hanno fatto una scelta: appoggiare Draghi in cambio dell’80% delle risorse del Pnrr e di altri scippi ai danni di Sud e Sicilia (Feasr e Autonomia differenziata). Questa scelta ha messo in difficoltà Salvini che sta cercando di dare vita a un partito nazionale. Nel Sud e in Sicilia la Lega di Salvini mantiene gli accordi con i politici locali, ma gli elettori meridionali e siciliani guardano con fastidio crescente alla Lega, perché vanno piano piano capendo che votare Lega significa dare forza alle Regioni del Nord Italia che stanno ‘saccheggiando’ Sud e Sicilia. Da questo punto di vista i risultati elettorali della Lega alle elezioni comunali di Palermo sono emblematici: senza la presenza, in questa forza politica, della famiglia Figuccia, la Lega non avrebbe raggiuto il 5% e sarebbe rimasta fuori dal Consiglio comunale di Palermo. Contrariamente a quello che pensa Calenda, il centrodestra italiano non ha un problema di candidati, ma due problemi diversi: le liti tra Salvini e la Meloni e il ritorno della Lega Nord che ha messo fuori gioco questo forza politica nel Sud e in Sicilia. Questo scenario verrà aggravato dalla crisi economica che si sta scatenando in Italia, sia per le scelte dissennate su gas e petrolio russo da parte del Governo Draghi, sia per il contesto generale europeo in bilico tra inflazione e recessione. Egregio signor Calenda, guardi che i voti si cominciano a perdere quando si sbagliano le analisi politiche…