La guerra tra l’area del dollaro e i Paesi che cercano di fare a meno della moneta americana negli scambi commerciali internazionali si arricchisce di un nuovo capitolo. I Paesi del Gulf Cooperation Council si sono sganciati dall’abbraccio con gli Stati Uniti d’America, rifiutandosi di adottare sanzioni contro la Russia. Come abbiamo scritto più volte, la guerra in Ucraina interessa solo i Paesi del cosiddetto Occidente industrializzato. Nel resto del mondo, tranne alcuni casi, non sono interessati a seguire questo conflitto sia perché non sono direttamente interessati, sia perché – a ragione – considerano l’Ucraina come una realtà controllata dagli americani e non, come cerca di far credere la propaganda, “uno Stato sovrano”. Così i rappresentanti dei sei Paesi del Golfo – Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Kuwait e Bahrein – si sono chiamati fuori dal bailamme della guerra in Ucraina con annessi e connessi, in testa la richiesta americana di sanzioni alla Russia.
Nel corso della quinta riunione ministeriale congiunta dei Paesi del Gulf Cooperation Council è emerso con chiarezza il “No” secco alle sanzioni alla Russia. Ovviamente, non è una presa di posizione ufficiale contro l’area del dollaro da parte di questi sei: una posizione del genere non avrebbe senso. I sei Paesi del Golfo provano a mantenersi equidistanti. In ogni caso, anche l’equidistanza e il rifiuto di appioppare sanzioni alla Russia sono comunque una dissociazione rispetto alla linea politica americana. Il quotidiano on line AfricaExPress riporta la dichiarazione ufficiale: “Oggi abbiamo avuto due proficui incontri con i ministri russo e ucraino, durante i quali abbiamo sostenuto la nostra posizione unitaria riguardo alla crisi russo-ucraina e alle sue conseguenze negative, vale a dire la sicurezza alimentare dei Paesi interessati e del mondo. Riflettere sulla sicurezza regionale è uno dei pilastri più importanti della nostra unità, che deve affrontare grandi sfide e richiede uno stretto coordinamento per raggiungere un approccio comune alle nostre relazioni internazionali e per difendere i nostri interessi”. Equidistanza presentata con grande diplomazia.
Ciò che invece i sei Paesi Gulf Cooperation Council è l’Iran. E infatti, sempre su AfricaExPress si legge una dichiarazione dove si capisce che l’Iran viene percepito come un potenziale problema: “In prima linea in queste sfide c’è il progetto nucleare iraniano, il sostegno militare di Teheran alle milizie e al terrorismo e il suo comportamento destabilizzante nella regione. Ecco perché il nostro dialogo e il nostro rapporto con l’Iran necessitano di massima unità tra i Paesi del Golfo. La nostra unità ci permette di raggiungere pace, cooperazione e adesione ai principi di legittimità internazionale e buon vicinato. Dobbiamo poter lavorare insieme per raggiungere il nostro sviluppo ed elaborare piani all’interno di un ambiente regionale stabile che sostiene partenariati e progetti di diversificazione economica. La stabilità del Paese fraterno dello Yemen è parte integrante della sicurezza del sistema del Golfo e della penisola arabica”.
Chi si sia in presenza di uno scontro epocale – militare e anche economico – lo ha confermato con le sua parole il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov: “Le nazioni occidentali cercano di costruire un mondo unilaterale guidato dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti stanno intenzionalmente buttando benzina al fuoco. Il presidente Joe Biden, come parte di un nuovo pacchetto per aiutare Kiev a difendersi ha accettato di fornire all’Ucraina razzi che possono colpire con precisione obiettivi russi a lungo raggio”. Lavrov ha anche accusato l’Occidente, leggiamo sempre su AfricaExPress “di spingere l’Ucraina a minacciare la sicurezza del suo Paese e di aver violato la Carta delle Nazioni Unite… Le nazioni del Consiglio di Cooperazione del Golfo comprendono bene la natura del conflitto tra la Russia e l’Occidente – ha concluso il Ministro degli Esteri russo – e così gli Stati del Golfo hanno assicurato che non si uniranno alle nazioni occidentali nell’imporre sanzioni a Mosca”.