Chi legge I Nuovi Vespri sa cosa pensiamo della guerra in Ucraina. La NATO, i missili contro la Russia c’entrano fino a un certo punto. La vera questione sta nella risposta degli Stati Uniti d’America al tentativo, portato avanti dalla Cina (e da alcuni Paesi di fatto alleati della Cina come Russia, India, alcuni Paesi africani e alcuni Paesi del Sudamerica) contro l’area del dollaro. E’ una vera e propria guerra economica e commerciale per provare, se non a sostituire, quanto meno a indebolire il dollaro negli scambi internazionali. E’ evidente che gli americani non sono rimasti a guardare. Stanno rispondendo sparigliando le carte. E siccome lo scontro è economico e commerciale, gli statunitensi debbono seminare il caos nel commercio internazionale. Con la guerra in Ucraina, che si snoda tra Europa e Russia, ci stanno riuscendo. E il fatto che del blocco delle attività commerciali dell’Ucraina nel Mar Nero venga appioppata la responsabilità alla Russia – che il caos nel Mar Nero lo sta subendo – dà la misura dell’abilità americana. I russi, in Ucraina, stanno vincendo sul piano militare, ma gli americani stanno vincendo sul piano economico e commerciale. Pagano – questo sì – l’inflazione interna che adesso dovrà essere frenata con un aumento dei tassi di interesse. Ma è un prezzo che gli statunitensi possono pagare, mentre l’inflazione che si sta scatenando in alcuni Paesi dell’Unione europea – Italia in testa – potrebbe aprire uno scenario da finimondo: che è l’obiettivo USA. Gli americani non amano l’Unione europea e sono fin troppo intelligenti per non sapere che un aumento del tasso d’interesse di mezzo punto da parte della Banca Centrale Europea (BCE) manderebbe in default due o tre Paesi dell’Unione europea.
Gli americani sono abilissimi. E, soprattutto, non sono stupidi quando si parla di economia e di gestione monetaria. Tra il 2007 e il 2008 hanno ‘incaprettato’ mezzo mondo con i subprime. Attaccati sul dollaro – che è la loro forza – stanno rispondendo mettendo in crisi un’Unione europea che fino a qualche mese prima dello scoppio della guerra in Ucraina ‘trescava’ con la Cina e la Russia. Al di là delle chiacchiere, l’Unione europea, in questo momento, deve scegliere: continuare a esistere tentando di sopravvivere con un’inflazione crescente e con una crisi delle attività commerciali che sta già seminando il caos nel Nord Africa, oppure cercare di ‘domare’ l’inflazione riducendo i tassi d’interesse. I due scenari sono entrambi negativi: l’aumento dei prezzi porterà a un impoverimento generale (che è quello che sta già accadendo), mentre l’aumento dei tassi rischia di fare saltare un’Unione europea costruita con una moneta unica degna del peggiore strozzinaggio: una moneta unica a credito che, nell’attuale scenario di guerra militare e commerciale, rischia di far collassare la stessa Unione europea.
In questo scenario si inserisce la crescita del prezzo del petrolio. Nel suo report l’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, scrive che “i future sul greggio Brent per agosto sono aumentati di 40 centesimi, o dello 0,3%, a $ 120,97 al barile alle 06:49 GMT dopo aver chiuso Martedì al massimo dal 31 Maggio. Il greggio US West Texas Intermediate per Luglio è stato di $ 120,01 al barile, in rialzo di 60 centesimi, o 0,5%, dopo aver raggiunto il livello più alto dall’8 Marzo nella sessione precedente. Le forniture globali di greggio e prodotti petroliferi rimangono limitate, portando i margini di diesel delle raffinerie a livelli record”. E, in effetti, in Italia, il prezzo di benzina e gasolio è tornato, dopo poco più di due mesi, a livelli record: quasi 2 euro. Aumenti record anche per il gasolio dei motopescherecci con le marinerie che – a parte qualche eccezione – si sono fermate. Proprio oggi abbiamo pubblicato un comunicato della Federazione Armatori Siciliana: “Nella considerazione che il settore della pesca era già in ginocchio, si è consentito al prezzo del gasolio di schizzare tre volte il vecchio prezzo, passando da 0,40 € all’attuale 1,20 € al litro. Volendo fare i conti in tasca ad un peschereccio d’altura, che è costretto a rimanere, nel migliore dei casi, una settimana in mare, con un consumo di carburante di circa 1600 litri al giorno, per una battuta di pesca ci vogliono 13.400 € di carburante” (qui per esteso l’articolo sulla crisi delle marinerie). Sono costi che i pescherecci non possono più sostenere. Lo stesso discorso vale per il gasolio agricolo. Gli agricoltori, in questo momento, non si possono fermare perché sono alle prese con la raccolta del grano e dell’ortofrutta: ma va da sé che prima delle semine autunnali il problema dei prezzi alle stelle del gasolio agricolo si porrà. Non sappiamo cosa faranno gli autotrasportatori, verso i quali il Governo di Mario Draghi è già intervenuto. Ma non riusciamo a capire come andranno avanti i titolari delle partite IVA che, nella grande maggioranza dei casi, si spostano con i mezzi di trasporto privato. Così come non riusciamo a capire come faranno le famiglie già alle prese con le super-bollette di luce e gas. La nostra sensazione è che per l’Unione europea si prospettano giorni difficili.