di Diego Fusaro
Intanto, l’Europa è giunta al sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Se ci domandiamo quale sia stato in concreto l’effetto sortito dai cinque precedenti pacchetti, la risposta non è particolarmente entusiasmante. Almeno se proviamo ad assumere il punto di vista di chi quelle sanzioni ha pensato e varato. La Russia di Putin sembra non essersi nemmeno accorta delle sanzioni che le sono state inflitte dall’Unione Europea, se è vero, come è vero, che l’economia russa procede speditamente senza scricchiolare. Per converso, pare che le sanzioni, proprio come il famoso boomerang che torna sulla testa di chi lo ha scagliato, stiano finendo in ultima istanza per colpire duramente l’Europa stessa, che le ha varate. Il caso italiano mi pare significativo, poiché rivela come le sanzioni alla Russia finiscano per essere un esempio di sanzioni che danneggiano il sanzionante più del sanzionato. Perché dunque fare le sanzioni alla Russia e, di più, insistere con esse, alla luce di quanto abbiamo appena evidenziato? La risposta potrebbe stare in questo: l’Europa, che di per sé non avrebbe alcun interesse a fare le sanzioni alla Russia, è nondimeno costretta a farle perché spinta dal padrone a stelle e strisce; quello che per inciso già nel 2019 sosteneva senza perifrasi l’esigenza di staccare l’Europa dalla Russia. Le sanzioni alla Russia potrebbero forse essere il modo con cui Washington colpisce soprattutto l’Europa, rendendola sempre più sottomessa alla civiltà del dollaro e sempre più dipendente da quest’ultima.