- Il Disegno di Legge concorrenza è il frutto di un ricatto politico: se l’Italia vuole avere i fondi del PNRR deve cedere altri ‘pezzi’ della propria sovranità economica e politica ai liberisti che oggi controllano l’Unione europea dell’euro
- Con il DLL Concorrenza i liberisti della Ue si prendono una parte importante dei beni pubblici italiani. Il Parlamento Italiano, se solo avesse un po’ di dignità e il senso minimo delle Istituzione, dovrebbe provvedere alla sua cancellazione
- Un attacco al cuore dello Stato italiano
da Nella Toscano
riceviamo e pubblichiamo
Il Disegno di Legge concorrenza è il frutto di un ricatto politico: se l’Italia vuole avere i fondi del PNRR deve cedere altri ‘pezzi’ della propria sovranità economica e politica ai liberisti che oggi controllano l’Unione europea dell’euro
Venerdì scorso si è svolto il seminario on line sul Disegno di Legge Legge (DLL) Concorrenza, provvedimento voluto dal Governo di Mario Draghi che nei prossimi giorni dovrebbe essere approvato dal Parlamento. Un’iniziativa legislativa che solleva molti interrogativi sulla sua reale portata e, soprattutto, senza che vi sia stato un approfondimento reale e costruttivo da parte del silente Parlamento italiano. Il seminario organizzato da quindici associazioni, tra cui Generazioni Future Sicilia e Coordinamento Per la Democrazia Costituzionale, è stato di alto livello, sia per la reale e puntuale illustrazione del Disegno di Legge da parte dei relatori, sia per i molti interventi che si sono susseguiti, che hanno contribuito ad evidenziare i molteplici aspetti deleteri di questo provvedimento, voluto, come già accennato, dal Draghi, secondo una sua visione privatistica dello Stato e, altresì, per ottemperare ai diktat dell’Unione europea, che lo impone per concedere l’Italia i fondi del PNRR.
Con il DLL Concorrenza i liberisti della Ue si prendono una parte importante dei beni pubblici italiani. Il Parlamento Italiano, se solo avesse un po’ di dignità e il senso minimo delle Istituzione, dovrebbe provvedere alla sua cancellazione
Non vi è dubbio che il fine precipuo di questo DDL è quello di affidare tutto al ‘dio mercato’, superare la burocrazia e, come recita il comma b) dell’art.1 “rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo, all’apertura dei mercati.” Approvare questo DDL significa, però, rimuovere tutti i principi e diritti e consegnare al mercato tutti i beni comuni e i servizi essenziali per i cittadini, tra cui anche la sanità e tutto quello che gira attorno ad essa. Con l’art. 2 il Governo avoca a sé la delega per la redazione della mappa e della trasparenza dei regimi concessori dei beni pubblici, a cominciare dalla distribuzione del gas naturale, energia elettrica, ecc., per eliminare tutte le barriere dei regimi concessori e aprire così un’autostrada ai privati. L’art.6 rimane comunque il più devastante: comprende tutte le storture di una scelta privatistica dello Stato! In forza di questo articolo il Governo chiede la delega in materia di servizi pubblici e locali e, con l’art.8, la delega del trasporto pubblico non in linea, che semplifica ed elimina i controlli sulle attività economiche cancellando con un tratto di penna l’autonomia degli enti locali e privandoli delle funzioni proprie attribuitagli dalla Costituzione. La Delega al governo su tutto quanto programmato nel DDL è un fatto grave ed il Parlamento Italiano, se solo avesse un po’ di dignità e il senso minimo delle Istituzione, dovrebbe provvedere alla sua cancellazione.
Un attacco al cuore dello Stato italiano
Non c’è dubbio che siamo di fronte ad un attacco al cuore dello Stato e non possiamo rimanere indifferenti! C’è da rilevare comunque che l’avere depotenziato in parte la portata dell’art. 6 con la modifica – relativa alla scelta di privatizzare o meno i servizi comunali, che rimane ai Comuni stessi, che possono decidere di non privatizzare secondo principi etici e di convenienza – non risolve certo il problema alla radice e non esclude che il Governo possa comunque esercitare il potere di decidere sulla loro privatizzazione. Non c’è dubbio che l’art.6 è in aperto contrasto con lo spirito della Costituzione italiana ed è per questo che si dovrebbe chiedere la sua totale soppressione, così come ha fatto la Valle D’Aosta. Il mantenimento di questo articolo, anche se blandamente depotenziato, non elimina comunque il pericolo di una devastazione e di uno svuotamento delle Istituzioni locali. Al Seminario ha partecipato Michelangelo Giansiracusa, Sindaco di Ferla, un piccolo Comune siciliano, che ha offerto la sua testimonianza di una virtuosa amministrazione pubblica dei beni comuni. Questa è la conferma, a mio parere, che l’amministrazione pubblica dei beni comuni è semplicemente possibile ed è il risultato di un’amministrazione capace di attuarla. Bisognerebbe prenderne atto e poi capire che abbiamo bisogno di una classe dirigente capace, volta al bene comune, non del mercato dei diritti e dei beni comuni.
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