Addio al Pecorino siciliano. Esagerazione? Non esattamente. A parlare sono i numeri che, di solito, sono testardi. E quando i numeri dicono che è più conveniente vendere il latte piuttosto che lavorarlo per produrre formaggio c’è poco da fare. In questo momento il latte di pecora è molto richiesto. Fuori dalla Sicilia lo pagano 0,20 centesimi di euro in più rispetto a quanto viene pagato in Sicilia (e certi giorni può anche andare meglio). E allora meglio venderlo a chi lo richiede. E chi lo richiede, oggi, sono due Regioni italiane: la Puglia e la Toscana. E c’è di riesce a venderlo anche all’estero. Però, come ora proveremo a illustrare, il giro è un po’ più complicato, come si spiega Giuseppe Scarlata (nella foto a sinistra), titolare dell’Azienda agricola Scarlata che opera a San Cataldo, provincia di Caltanissetta, nel Borgo di Santa Rita.
“Cominciamo col dire – ci dice Scarlata – che a vendere il latte di pecora della Sicilia non sono gli allevatori, ma i titolari delle aziende che producono formaggi. Agli allevatori siciliani il latte di pecora viene pagato 080-0,90 centesimi di euro. Sono gli industriali, mettiamola così, che una volta che si sono accaparrati il latte decidono di rivenderlo fuori dalla Sicilia”.
Ma lavorando il latte di pecora e producendo i formaggi non guadagnerebbero di più?
“Non più. Anche per chi produce formaggi c’è il problema dei costi di produzione, che sono cresciuti a dismisura. Tutti i costi della filiera del formaggio sono aumentati, dall’energia ai prodotti che vengono utilizzati per la lavorazione del latte. C’è, poi, il problema del personale, che non è di poco conto. Per non parlare della convenienza del momento”.
Cioè?
“Il formaggio ha i suoi tempi di lavorazione. C’è la stagionatura che può durare sei mesi o un anno. Poi c’è la vendita e il pagamento a sessanta giorni. Vendendo il latte subito il bonifico arriva dopo due giorni”.
Insomma, i soldi arrivano subito.
“Per l’appunto”.
Scusi, perché gli allevatori di pecore della Sicilia non si consorziano e vendono direttamente loro il latte in Puglia e in Toscana? Guadagnerebbero una bella somma in più.
“Questa sono belle domande. Che dovrebbero essere rivolte agli allevatori di pecore della Sicilia”.
Lei è titolare di un’azienda agricola che alleva le pecore e produce il latte. A voi come vanno le cose?
“Male”.
Perché?
“Perché anche noi dobbiamo fronteggiare l’aumento dei costi di produzione. Non soltanto l’aumento dei costi di produzione del formaggio, ma anche i costi del mantenimento delle pecore”.
Cioè?
“Cominciamo dai pascoli. Se non hai i terreni a pascolo li devi prendere in affitto: e gli affitti sono aumentati. Anche i pascoli vanno seminati: e i costi della semina sono aumentati. Le pecore non mangiano solo erba: ci vogliono anche i mangimi. E i mangimi – quando si trovano, perché oggi c’è anche questo problema – ormai costano un occhio della testa. A fronte di tutti i costi che aumentano non possiamo certo scaricare tutto sui consumatori, che non ci seguirebbero più, optando per prodotti meno costosi”.
E’ corretto dire che se in Sicilia le cose non cambieranno non sarà più conveniente produrre il Pecorino?
“Credo proprio di sì. Noi continuiamo a produrlo a prezzo di grandi sacrifici. Il mercato fino ad oggi non è stato un problema perché abbiamo tanti clienti affezionati. Ma in queste condizioni non credo si potrà andare avanti per molto tempo”.
P.s.
Tra i clienti dell’Azienda Scarlata ci siamo anche noi. Possiamo garantire che il Pecorino prodotto da Giuseppe Scarlata è unico. Credeteci: ne abbiamo gustati tanti, ma nessuno ha il sapore, nemmeno lontanamente, del Pecorino prodotto da Giuseppe Scarlata. Potete gustare il semi-stagionato, che di solito non ‘colpisce’ e può risultare anche ‘anonimo’. Invece anche il semi-stagionato di Giuseppe Scarlata colpisce nel segno. Ma il Pecorino insuperabile è lo stagionato a secco: una favola…