C’è un parallellismo tra l’impossibilità di trovare un punto d’incontro tra la Russia e l’Ucraina e l’impossibilità di trovare un’intesa, alle elezioni comunali di Palermo, tra Forza Italia e Lega da una parte e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, dall’altra parte. Zelensky, in Ucraina, rifiuta l’idea che il suo Paese debba restare neutrale: e questo impedisce l’accordo con la Russia che, ovviamente, non tollererà mai i missili della NATO sotto casa. In Sicilia mezza Forza Italia e la Lega vogliono lo ‘scalpo’ del presidente della Regione uscente, Nello Musumeci: fuor di metafora, non vogliono la sua ricandidatura alla guida della Sicilia. Giorgia Meloni ha detto a chiare lettere che se la mezza Forza Italia di Gianfranco Miccichè e la Lega non si ‘rimangiano’ il “No” alla ricandidatura del presidente della Regione uscente Musumeci, Fratelli d’Italia appoggerà Roberto Lagalla. La Meloni, però, parte da una posizione di svantaggio: le elezioni comunali di Palermo si celebreranno tra due mesi, le elezioni regionali siciliane si celebreranno a Novembre. Pensare di trovare un accordo con la mezza Forza Italia di Gianfranco Miccichè, con la Lega e anche con gli Autonomisti di Raffaele Lombardo (altri fieri avversari politici di Musumeci e legati a doppio filo a Miccichè) è illusorio: perché questi signori sono assolutamente capaci di prendersi il Comune di Palermo con il loro candidato Francesco Cascio e poi trovare una scusa e il modo per ‘impiombare’ Musumeci alle elezioni regionali di Novembre. Nella migliore delle ipotesi non lo farebbero votare, nell’ipotesi trasformista – ‘scuola di politica’ tipica di soggetti come Miccichè e Lombardo – troverebbero un accordo con il centrosinistra, come hanno fatto nel 2009 e nel 2012. Insomma, trovare un accordo con certi soggetti, per Fratelli d’Italia, potrebbe rivelarsi un ‘suicidio politico’.
Molto più logico giocare a carte scoperte. Miccichè vuole la riconferma alla presidenza del Parlamento siciliano. E siccome si tratta di un’elezione, la vittoria di un candidato del centrodestra alle elezioni regionali e una folta rappresentanza di parlamentari del centrodestra nella futura Assemblea regionale siciliana non gli garantiranno mai la rielezione alla presidenza del Parlamento dell’Isola. Miccichè farà di tutto per raggiungere il suo obiettivo. Ma non lo raggiungerà con la rielezione di Musumeci. Di più: nella legislatura che si sta concludendo, in molti settori della vita pubblica della Sicilia – sanità in testa – Forza Italia ‘latata’ Miccichè, Lega e Autonomisti non hanno ‘toccato alla’. E questo non piace alla vecchia politica siciliana che, nel 2017, aveva optato per Musumeci dando per scontata una ‘divisione’ di influenze che non c’è stata. Cosa vogliamo dire? Che – a nostro modesto avviso – Fratelli d’Italia dovrebbe rompere gli indugi e ‘chiudere’ l’alleanza con Roberto Lagalla, che peraltro è un ottimo candidato sindaco sotto tutti i punti di vista. L’unità del centrodestra, agitata da Miccichè e compagni come unica condizione per vincere le elezioni comunali di Palermo non sta né in cielo né in terra. Con undici candidati sindaci nessuno raggiungerà il 40%, che è la percentuale richiesta dalla legge elettorale siciliana per eleggere un sindaco al primo turno (nel resto d’Italia è il 50%). Mentre Lagalla, se sostenuto da Fratelli d’Italia, UDC e altre forze politiche (anche ‘impensabili’, credeteci), ha notevoli possibilità di arrivare al ballottaggio e poi di vincere. Miccichè, la Lega e via continuando dicono che Cascio è un candidato sindaco forte? Bene, hanno l’occasione per dimostrarlo. Già i manifesti di Cascio sono ovunque. Non resta che andare al voto, pi biriri unn’arriva ‘a scala! (ammesso che Miccichè, Lega e compagnia bella non si ritirino…)
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