- La Regione siciliana, in termini finanziari, paga oggi il conto degli scippi che risalgono agli anni dei ‘Patti scellerati’ tra il Governo nazionale di Matteo Renzi e il Governo regionale di Rosario Crocetta
- Il profilo contabile (e clientelare) della crisi siciliana
- La Sicilia continuando a pagare ogni anno 160 mila titolari di Reddito di cittadinanza e centinaia di migliaia di precari negli uffici della Regione e dei Comuni continuerà ad ‘ammazzare’ le imprese dell’Isola con tasse e imposte folli e a costringere migliaia di giovani siciliani laureati ad emigrare, lasciando nell’Isola gente con poca voglia di lavorare
- Di fatto, quello che succederà nelle prossime ore nella politica siciliana e al Comune di Palermo dipende da Ignazio La Russa
La Regione siciliana, in termini finanziari, paga oggi il conto degli scippi che risalgono agli anni dei ‘Patti scellerati’ tra il Governo nazionale di Matteo Renzi e il Governo regionale di Rosario Crocetta
Nel SERALE di ieri abbiamo ripreso le dichiarazioni del segretario regionale del PD siciliano. Anthony Barbagallo, e del parlamentare regionale di Attiva Sicilia, Sergio Tancredi sulla situazione finanziaria della Regione. E abbiamo dato ragione al primo: ormai i tempi tecnici per approvare la legge di stabilità regionale 2022 (Bilancio e Finanziaria) sono molto ristretti. E siccome c’è un ‘buco’ notevole nei conti della Regione – che in buona parte è il frutto delle gestioni precedenti (Patti scellerati Renzi-Crocetta nel 2014 e nel 2016 e cancellazione dei crediti vantati dalla Regione, per lo più nei riguardi dello Stato, avvenuta nel 2015) e, in parte, provocati dal Covid, circa 200 milioni di euro – è probabile che si vada alla fine anticipata della legislatura. E’ probabile, anche, che la legge di stabilità regionale venga approvata dai tre commissari previsti dallo Statuto autonomistico siciliano in caso di commissariamento, perché a nessuno conviene approvare una manovra finanziaria, sotto elezioni, tagliando da 600 a 900 milioni di euro. Se non fosse chiaro, si sta verificando – con qualche ‘aggiustamento’ e con l’aggiunta di problemi finanziari provocati dal Covid – quello che abbiamo previsto in un’inchiesta a tre puntate che abbiamo scritto nel 2016 (che trovare qui). Nel 2016 il Governo regionale dell’epoca, presieduto da Rosario Crocetta e il Governo nazionale di Matteo Renzi hanno creato le condizioni per portare la Regione siciliana ad una condizione di disavanzo permanente: e ci sono riusciti. Tra la fine del 2020 e il 2021 l’allora Governo di Giuseppe Conte (è il Governo con dentro il PD, in assoluto il partito che ha più responsabilità nella distruzione delle finanze regionali) ha imposto alla Regione un accordo finanziario-capestro che, a nostro avviso, il Governo siciliano non avrebbe dovuto sottoscrivere. Noi ne abbiamo scritto in questo articolo a firma del professore Massimo Costa (Massimo Costa: “L’Italia vuole la MORTE della Sicilia”) e anche in quest’altro articolo, sempre del professore Massimo Costa (Massimo Costa: anche con il Covid lo Stato continua a massacrare 5 milioni di Siciliani!). Oggi la situazione finanziaria non è più gestibile, a meno che il Parlamento siciliano non intenda approvare una manovra una manovra con tagli che potrebbero andare da 600 a 900 milioni di euro (questa ‘forbice’ di 300 milioni di euro è perché non c’è ancora chiarezza sulle somme che dovrebbero arrivare da Roma: e questo già ci racconta che una Regione, che a norma dello Statuto dovrebbe incassare tutta l’IVA e tutta l’IRPEF, causa accordi coloniali si ritrova con un disavanzo fisso di circa 900 milioni di euro a cui, a quanto pare, si potrebbero aggiungere 200 milioni di euro di minori entrate causa Covid).
Il profilo contabile (e clientelare) della crisi siciliana
La questione ha due profili: il primo è contabile, il secondo è politico. Il profilo contabile ci dice che, ogni anno, la Regione, a causa degli scippo romani, presenta un disavanzo di 900 milioni di euro. Questa è un’assurdità politica e contabile, perché non si può condannare una Regione di milioni di abitanti ad un disavanzo fisso di 900 milioni di euro. Con molta probabilità, lo Stato per pagare l’enorme costo dei poco più 160 mila percettori del Reddito di cittadinanza presenti in Sicilia (un numero enorme, che non è esagerato definire pazzesco: poco meno del 90% di queste persone percepisce, appunto, il Reddito di cittadinanza, mentre poco più del 10% percepisce la pensione di cittadinanza) vorrebbe che la Regione e i Comuni si sbarazzassero dell’enorme numero di precari (solo i precari ASU della Regione sono poco meno di 5 mila, più le migliaia di precari dei Comuni). Il risultato di questo braccio di ferro è che la regione si ritrova con il suddetto disavanzo fisso di 900 milioni. Questi soldi li pagheranno i cittadini siciliani in termini di minori servizi. Ormai, infatti, quasi tutti i Comuni siciliani taglieggiano i cittadini con tasse, imposte, ZTL, autovelox non per fornire servizi ai cittadini, ma per pagare il personale precario, in buona parte raccogliticcio, tant’è vero che in tanti casi mancano le professionalità per mettere a punto per partecipare ai bandi del Pnrr e bisogna spendere altri soldi per acquisire professionalità esterne. Tutto questo mentre tantissime imprese non trovano personale. Ed è anche logico: molto più comodo percepire il Reddito di cittadinanza o lavorare qualche ora al giorno da precario, magari in un ufficio e lavorare in nero, che lavorare veramente. E’ inutile prendersi in giro: 160 mila percettori di Reddito di cittadinanza in Sicilia sono un numero enorme e altrettanto enorme è il numero di precari negli uffici. Con questo schema – che probabilmente serve alla politica per raccattare voti, tra la nausea dei siciliani fuori da questo giro che, o non vanno più a votare, o emigrano (il riferimento è soprattutto ai giovani siciliani laureati che scappano dalla Sicilia perché si rifiutano di vivere nello schifo che si profila davanti ai propri occhi) – la Sicilia non ha dove andare. E i primi a rendersi conto dello schifo che hanno creato sono i politici siciliani che, fino a prima del Covid, mandavano i figli a studiare fuori dalla Sicilia: del resto, nessuno meglio di loro sa qual è la situazione.
La Sicilia continuando a pagare ogni anno 160 mila titolari di Reddito di cittadinanza e centinaia di migliaia di precari negli uffici della Regione e dei Comuni continuerà ad ‘ammazzare’ le imprese dell’Isola con tasse e imposte folli e a costringere migliaia di giovani siciliani laureati ad emigrare, lasciando nell’Isola gente con poca voglia di lavorare
Concludendo la descrizione dei problemi contabili, la Regione presenta, come già accennato, un disavanzo fisso di 900 milioni di euro. Circa 210 milioni di euro dovrebbero arrivare dal dimezzamento della rata di mutuo di circa 420 milioni all’anno che la Regione paga per sanare il ‘buco’ contabile delle gestioni passate (poco più di 2 miliardi di euro che lo Stato ha trasformato in moneta sonante a danno dei siciliani): per questi 210 milioni di euro c’è il sì della ragioneria dello Stato e della Commissione paritetica, ma manca il decreto della presidenza del Consiglio; poi ci sono 100 per l’insularità (che, forse, sarebbero dovuti andare ai Comuni montani della Sicilia per la cosiddetta fiscalità di vantaggio). Insomma, fa 900 milioni di euro di disavanzo si dovrebbe passare a 600 milioni di disavanzo. Ma, a quanto pare, sarebbe emerso un altro ‘buco’ di circa 200 milioni di euro, questa volta dovuti non a scippi dello Stato, ma a minori entrate causa Covid. Morale: non crediamo che il Parlamento siciliano approverà una manovra con tutti questi tagli. In questa fase – e lo diciamo ora a futura memoria per quello che potrebbe succedere la prossima Estate – va detto che in Sicilia Stato e Regione spendono centinaia e centinaia di milioni di euro per il Reddito di cittadinanza e per i precari regionali e comunali e non si trovano i soldi per almeno 30 mila operai forestali che dovrebbero fronteggiare cambiamenti climatici che potrebbero essere disastrosi. Lo scorso anno la Sicilia, a Luglio ed Agosto, ha registrato le più alte temperature d’Europa, con punte di 50 gradi centigradi; ha registrato la più alta concentrazione di trombe marine (Dragunare in lingua siciliana); e, in Autunno, ha registrato le inondazioni di Catania e dintorni e Siracusa e dintorni. Ebbene, stiamo andando incontro a una stagione estiva piena di incognite alla carlona, con la politica che pensa solo al voto dei precari. Il tutto mentre appena qualche giorno fa in Sudafrica si è verificata un’inondazione di una violenza inaudita con morti, dispersi e distruzione di centri abitati, mentre in altre parti del mondo persiste una siccità mai vista prima. Buona fortuna a tutti noi…
Di fatto, quello che succederà nelle prossime ore nella politica siciliana e al Comune di Palermo dipende da Ignazio La Russa
La parte politica di questa storia sono le probabili dimissioni del presidente della Regione, Nello Musumeci, che dovrebbe ricandidarsi, anche se mezzo centrodestra è contro di lui: mezza Forza Italia, mezza Lega, mentre si attende il ‘responso’ della ‘Sibila Cumana’ di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa, il ‘Grande sacerdote’ del partito di Giorgia Meloni che dovrebbe decidere se dare ‘in pasto’ a Gianfranco Miccichè e ai suoi scagnozzi la candidata sindaco di questo partito a Palermo, Carolina Varchi, nel tentativo di salvaguardare la ricandidatura di Musumeci alla Regione. Operazione inutile, perché il mezzo centrodestra che oggi cerca di ‘accoppare’ politicamente Musumeci tenterebbe lo stesso di ‘accopparlo’ a Novembre. A meno che – e qui i problemi contabili e gli scenari politici si incrociano – Musumeci non si dimetta subito per andare a voto a Giugno o a Luglio con lo stesso Musumeci ricandidato del centrodestra. A questo punto succederà un ‘casino’, perché Miccichè, con la vittoria del centrodestra alle regionali, non verrebbe mai rieletto presidente dell’Assemblea regionale siciliana, che è l’unica cosa che gli interessa. Non è da escludere che se, Musumeci dovesse dimettersi, tornerebbe in scena l’inciucio tra Miccichè e Raffaele Lombardo da una parte e il PD dall’altra parte, per provare ad eleggere un presidente della Regione alternativo a Musumeci. In tutto questo c’è anche Cateno de Luca, candidato alla presidenza della Regione, che ormai sembra legato a doppio filo alla Lega. Non escludiamo che alla Regione si arrivi a un tutti contro tutti con quattro cinque candidati. Per questo pensiamo che, forse, Fratelli d’Italia, a Palermo, potrebbe restare in pista con la candidata sindaco Carlina Varchi e, insieme alla candidatura di Roberto Lagalla, impedire l’elezione del sindaco al primo turno. In questo caso Miccichè, Lombardo e il candidato sindaco di questi due personaggi – Francesco Cascio – verrebbero sconfitti. Cascio, infatti, a Palermo può vincere solo al primo turno, presentandosi come candidato unico del centrodestra; se non sarà così si andrà al ballottaggio e perderà. E dopo di lui – o contestualmente a lui a seconda di quando si voterà alle regionali – ‘attumbulieranno’ anche Miccichè e Lombardo.
Foto tratta da Il Sito di Sicilia
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