Due notizie stanno passando quasi sotto silenzio: i tagli disposti dal Governo dei ‘Migliori’ di Mario Draghi alla sanità e alla scuola. Non sapendo che pesci prendere, il presidente del Consiglio toglie soldi a due settori nevralgici della vita pubblica. Ma non c’è solo questo a destare preoccupazione. Tutti si chiedono perché la Cina – Paese con quasi un miliardo e 400 milioni di abitanti – abbia bloccato i cittadini in tante città, a cominciare da Shanghai, città di oltre 26 milioni di persone perché di registrano 52 mila casi casi di infezioni al giorno. Mentre in Italia con oltre 62 mila casi di infezioni al giorno se ne stanno tranquillamente fregando. I cinesi vengono presi per esagerati e i virologi italici dicono che in Cina i vaccini anti-Covid non funzionano. In realtà, se facciamo la proporzione – Cina un miliardo e 400 milioni di abitanti, 52 mila casi di infezioni al giorno; Italia 60 milioni di abitanti, 62 mila casi di Covid al giorno – viene in dubbio che a non funzionare siano proprio i vaccini anti-Covid italiani. Ma ormai applicare la logica in Italia sul Covid, sulla guerra in Ucraina, sull’economia, in agricoltura con gli errori marchiani di un’Unione europea sempre più ridicola – è tempo perso. Il nostro dubbio è che in Cina – dove nella gestione del Covid, fino ad oggi, non hanno commesso molti errori – sappiano più cose di noi delle varianti del virus SARS-COV-2 che si vanno diffondendo nel mondo. Ricordiamoci che questo non è un virus naturale, ma alieno, venuto fuori da un laboratorio proprio in Cina, Paese che su questo virus la sa molto, ma molto lunga. Piuttosto che definire “esagerati” i cinesi preoccupatissimi di 52 mila infezioni al giorno – non preoccupati: preoccupatissimi – ci dovremmo chiedere il perché di queste preoccupazioni.
La Santa Pasqua, quest’anno cade nel piano di una guerra che è ormai mondiale. Noi leggiamo decine di giornali al giorno e, tra questi, anche Sputnik Italia. Ci ha colpiti il disappunto del premier russo, Putin, contrariato dal fatto che l’Europa non ha ancora non avrebbe ancora fatto chiarezza sui pagamenti del gas russo in rubli. La nostra sensazione – ma è solo una sensazione – è che la pazienza di Putin si vada esaurendo, sia nella questione gas, sia nel trattamento che l’Unione europea continua a riservare alla Russia. Noi non escludiamo che, completata la conquista dei territori dove è in corso l’inarrestabile avanzata dei militari russi, Putin cominci seriamente ad occuparsi dei rapporti economici con la Ue, adottando decisioni drastiche. Leggiamo qua e là che l’Europa si starebbe attrezzando con i rigassificatori. La riteniamo una doppia stupidaggine. In primo luogo perché il numero dei rigassificatori nell’Unione europea non è irrisorio rispetto alle esigenze economiche; in secondo luogo, perché per realizzare un rigassificatore ci vogliono almeno due-tre anni di lavoro (nei Paesi europei dove si lavora con le tangenti anche cinque-sei anni); in terzo luogo perché in tempi di guerra i rigassificatori sono automaticamente obiettivi ‘sensibili’: un bombardamento in un’area dove insiste un rigassificatore, magari in presenza di una nave gasiera, provocherebbe una strage per chilometri e chilometri. Una bombola di gas fa saltare in aria una palazzina di due piani, un rigassificatore non è altro che una sommatoria di miliardi di bombole di gas…