Per ora il caos è esploso in Cina, in Australia e, in parte negli Stati Uniti d’America. Ma con l’alto indice di trasmissibilità delle nuove varianti del SARS-COV-2 tutto si sta complicando. La guerra in Ucraina sta mettendo in secondo piano i possibili effetti sociali ed economici di una pandemia che non è finita. La storia di questo virus ci ha insegnato che, di solito, quello che succede in Cina poi si manifesta in altri Paesi del mondo, talvolta in modo amplificato. L’alta trasmissibilità delle nuove varianti del virus riguarda tutti, anche un settore – quello del trasporto delle merci su gomma – che in Italia sconta già grandi problemi. Sulla capacità di diffusione del virus in Italia il professore Andrea Crisanti, docente di Microbiologia all’università di Padova, è stato chiaro: “Quanto ai contagi, ormai si sono stabilizzati a circa 70mila al giorno a livello nazionale. Numeri importanti, che l’uso della mascherina non è più in grado di contenere se non in una percentuale tra il 15% e il 20%, perché la variante Omicron ha un indice di trasmissibilità tra 12 e 15 e poi non tutti usano questa protezione al chiuso, alcuni la portano male e altri non sempre” (qui l’articolo per esteso). Con un indice di contagiosità così elevato il problema dell’infezione è generale e va anche a intaccare sulla logistica dei trasporti. Già il trasporto merci, in Italia, ha rischiato di subire un blocco con la crescita esponenziale del costo dei carburanti. Il Governo nazionale è intervenuto, non prima, però, di un’ondata di scioperi degli autotrasportatori. Solo allora il Governo è intervenuto per ridurre i costi di benzina e gasolio. Un provvedimento tardivo: e il ritardo ha provocato enormi danni alle aziende agricole che non hanno potuto vendere i propri prodotti. Ricordiamo che ci sono prodotti ortofrutticoli che possono resistere per giorni e giorni e altri deperibili. Per chi produce prodotti agricoli deperibili lo sciopero degli autotrasportatori è un disastro.
Bene o male – anche se non senza punti interrogativi per il futuro, se è vero che si parla di non acquistare più dalla Russia petrolio e gas, opzioni che avrebbero effetti dirompenti sull’economia europea – il problema del caro-carburante è stato parzialmente risolto per gli autotrasportatori. Un settore, lo ricordiamo, che in Italia non è affatto florido alla luce della mancanza di autisti. Non stiamo dicendo nulla di nuovo, se è vero che, già da tempo, Federtrasporti cerca di sensibilizzare la politica. In Italia la stragrande maggioranza delle merci ‘viaggia’ sul gommato e si sconta già una carenza di autisti. Non a caso i vertici di Federtrasporti hanno esposto in audizione in Parlamento le possibili proposte per rilanciare il settore, a cominciare dalle agevolazioni fiscali per le società di produzione cinematografiche disposte a realizzare film o serie TV che abbiano come protagonisti conducenti di camion o che siano ambientati all’interno del mondo del trasporto merci su strada. Un po’ com’è avvenuto con il mestiere del cuoco, oggi molto in voga tra i giovani grazie a fortunati programmi televisivi. Sono vari i fattori che hanno causato e continuano a causare la crisi nella logistica del trasporto su gomma. La pandemia ha messo in crisi l’economia e ha creato dei ritardi nella consegna dei veicoli. In alcuni casi mancano le materie prime: da qui l’aumento dei costi di produzione. Il blocco del canale di Suez ha creato una crisi che è stata solo in parte riassorbita, visto che poi è andata a sommarsi con gli effetti della pandemia. Poi ci sono i costi dei noli: prima della pandemia per il trasporto delle merci dalla Cina all’Europa bastavano, in media, 1.300 dollari, ora il costo si aggira intorno a 12-13 mila dollari. Gli autotrasportatori non mancano solo in Cina, in Australia e negli Stati Uniti d’America (dove hanno trovato un classico rimedio all’americana: strapagare gli autisti di camion, come spiega Federico Foscale), ma anche nel Regno Unito, in Francia, in Polonia, per citare i Paesi dove la situazione, in questo settore, è piuttosto complessa.
E’ in questo scenario che si vanno ad inserire le varianti del virus SARS-COV-2 molto contagiose. Sappiamo tutti che i vaccini anti-Covid non tutelano dall’infezione, ma dovrebbero impedire l’esplosione della malattia, o quanto meno della malattia in forma grave. Ma si è visto – lo ha spiegato sempre il professore Crisanti – che non è così per i fragili, se è vero che il 95 per cento dei decessi per Covid, in Italia, è formato da fragili vaccinati. Come accennato, la guerra in Ucraina ha messo in secondo piano la pandemia. Sta passando sotto silenzio che in Cina non riescono a contenere la diffusione delle nuove varianti nemmeno bloccando in casa le persone. Gli effetti del blocco delle attività in Cina si va piano riverberando in altri Paesi. “Le interruzioni per ora riguardano il mercato interno della Cina – scrive il Post – ma è prevedibile che nelle prossime settimane ci saranno ripercussioni a livello internazionale, considerato l’alto volume e la grande varietà di esportazioni derivanti dalle imprese cinesi. Praticamente tutte le merci vengono deviate da Shanghai ad altre zone della Cina, alcune delle quali non attrezzate a sufficienza per gestire una grande quantità di esportazioni… Negli ultimi due anni la strategia ‘zero COVID’ aveva permesso alla Cina di mantenere molto basso il numero di contagi, per lo meno stando alle rilevazioni ufficiali, e di registrare appena 3 morti per milione di abitanti, contro i 2.630 per milione in Italia. Contro questa ultima ondata il sistema non ha per ora funzionato altrettanto efficacemente, con il più alto aumento di casi positivi mai registrato nel Paese dall’inizio della pandemia. Nei prossimi giorni altre città cinesi potrebbero quindi decidere nuove limitazioni, peggiorando ulteriormente il problema del trasporto delle merci, con ripercussioni sui prezzi di numerosi beni e materie prime per numerosi paesi importatori, compresi quelli occidentali”. A complicare tutto ci sono gli effetti della pandemia, con tanti Paesi che hanno ridotto, se non bloccato l’esportazione di prodotti agricoli. Questo perché, tra guerra e cambiamenti climatici, si teme una penuria di beni alimentari.
Foto tratta da infoaut